𝓦𝓻𝓮𝓷

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Quando Wren ed Elijah rimisero piede oltre le mura del palazzo, era ormai notte fonda. Le guardie avevano già da molto fatto il cambio del turno e la luna si stava già preparando a percorrere la seconda metà del cielo. Per essersi appena fatti mezza città a piedi erano anche arrivati molto presto.
L'aria fresca della notte estiva faceva svolazzare i loro lunghi vestiti mentre percorrevano in tutta fretta il giardino interno, intenti a sgattaiolare il più silenziosamente possibile fino alle loro stanze. L'odore della lavanda coltivata nei campi era così forte da giungere fino alle loro narici, insieme a qualcosa di... acre. Wren non sapeva bene cosa fosse, ma qualcosa nell'aria le faceva venire brividi, non legati al freddo. Qualcosa sembrava essere fuori posto, ma non riusciva a capire cosa.
Erano riusciti ad entrare sotto il porticato, ormai a pochi metri dalla rampa di scale che li avrebbe portati nella loro ala del palazzo, quando una guardia sbucò da dietro un angolo.
Per qualche secondo il trio si guardò stupito: nessuno di loro si aspettava un incontro del genere.
La guardia fu la prima a parlare: «Finalmente vi abbiamo trovato, Principessa. Vi prego di seguirmi, vostro padre è in pensiero per voi.»
Wren si riscosse dallo stupore. «Perché mai? Ha scoperto che sono uscita senza il suo permesso?»
La guardia sembrò indecisa, non sapeva se parlare o restare in silenzio. Alla fine fece segno di seguirla, silenziosa.
«Cosa sta succedendo? Perché non mi parlate?» chiese Wren, più e più volte, mentre seguivano con timore la guardia lunga un dedalo intricato di corridoi.
Ovviamente Wren aveva già capito dove erano diretti: era cresciuta tra quelle mura e conosceva ogni loro più piccolo segreto, ogni arazzo appeso alle pareti, ogni porta di carta di riso e quello che nascondeva alle sue spalle.
Stavano andando da sua padre. Nei suoi uffici, per la precisione.
«Almeno ditemi qualcosa.»
«Posso solo dirvi che la questione di cui vuole parlare suo padre non riguarda la vostra fuga notturna, Principessa» rispose infine l'uomo, esasperato.
Questo non fece tranquillizzare Wren. Così come non la fece tranquillizzare la visione di suo padre, seduto sul suo cuscino, chino sulla scrivania, le mani raggrinzite immerse nei capelli. Non aveva mai visto l'Imperatore con un capello fuori posto, figurarsi completamente spettinato, e incurante della situazione.
Quando sentì i loro passi e la porta chiudersi con un tonfo, alzò di scatto la testa. I suoi occhi erano arrossati.
La stanza era gremita di donne ed uomini armati: la scorta privata del sovrano, non meno di dodici persone, tutte perfettamente nelle loro posizioni, sull'attenti.
«Si può sapere dove diavolo eri finita?» chiese l'Imperatore, sventolando una mano in aria. «Lascia perdere, non voglio veramente saperlo, abbiamo una questione più importante da affrontare al momento.»
«Cosa sta succedendo, padre?»
«Prima scortate il signor Jindal alle sue stanze, questa è una conversazione privata» disse rivolgendosi alla guardia che lo aveva portati fin lì, quasi evitando la sua domanda.
Wren cercò impotente lo sguardo di Elijah, ma stavano già eseguendo l'ordine.
Quando finalmente rimasero soli, per quanto si possa essere soli con altre dieci persone attorno, il padre tornò a parlare: «Ho bisogno che tu mi ascolti con molta attenzione, Wrendolyn, e che non faccia una delle tue solite scenate.»
Quando la chiamava con il suo nome completo non era mai un buon segno, lo faceva solamente quando doveva essere punita, o una brutta notizia era in arrivo. Annuì silenziosamente, insicura di riuscire a parlare senza far tremare la voce. Per quanto facesse la dura fuori di casa, lì era ancora suo padre a comandare e la sua paura ci teneva a non farglielo mai dimenticare.
«Qualche ora fa tuo fratello sarebbe dovuto tornare a palazzo, ma c'è stata una problematicità.» La sua voce si fece sempre più flebile mano a mano che la frase continuava.
«Cosa significa? Una problematicità?»
«Significa che qualcosa è andato storto.»
«So cosa significa la parola!» sbottò. «Voglio sapere cosa è successo.»
L'Imperatore si passò una mano fra i capelli, agitato. «Tuo fratello è morto Wren, non è mai arrivato a palazzo.»
«Morto? In che senso morto?» Quella parola non aveva alcun senso sulle labbra di Wren. La stava pronunciando, ma ancora non riusciva a carpirne fino in fondo il significato.
«Nell'unico senso che esiste» fu la laconica risposta.
«Non può essere...» mormorò, la gola stretta in una morsa inespugnabile. Iniziava a mancarle il respiro. «Cosa è successo?»
«I dettagli ci sono ancora sconosciuti, ma non è questo quello che importa. Era di ritorno dal suo viaggio in una piccola città vicino al confine, ma ci è giunta notizia che la sua carrozza è stata attaccata e i nostri soldati non sono riusciti a salvarlo. È morto, ti basti sapere questo.»
«Ti basti sapere questo? Era mio fratello! Non hai diritto di parlare in quel modo!» urlò alzando le mani in aria, sentendosi impotente come non aveva mai fatto prima di allora. Aveva bisogno di spiegazioni, non poteva solamente dirle che suo fratello non era più fra di loro. Aveva bisogno di sapere.
«Ne ho abbastanza! Non siamo qui per discutere di questo!» L'Imperatore sbattè le mani con foga sulla scrivania, facendo barcollare tutto quello che vi era appoggiato in cima. Una boccetta di inchiostro si rovesciò, facendo volare tutto il suo contenuto su una manciata di fogli sparsi e sul pavimento di bambù sottostante.
«E allora di cosa dovremmo mai parlare, se non di Dracyan?» chiese, un groppo alla gola che minacciava di trasformarsi in calde lacrime. Abbassò le braccia, stringendo i pugni lungo i fianchi.
«Tuo fratello si stava per sposare, dovresti esserne al corrente, con l'erede al trono del Regno di Virdania.»
«Lo so, le nozze avrebbero dovuto tenersi fra qualche mese.»
«Esatto, e non possono essere cancellate» spiegò, passandosi una mano fra i capelli. «Cancellarle significherebbe la fine del nostro paese, non possiamo permettercelo, non in un momento come questo. Dovrai prendere il suo posto, Wren. Dovrai sposare tu la Principessa Roselia. Non c'è altra soluzione.»
Wren si sentì sprofondare.
«Non ha alcun senso, perché dovrei?»
«Perché se il matrimonio venisse annullato, ne soffrirebbe l'intera Nazione, non possiamo far cadere in rovina la nostra casata. La guerra, senza un alleato, è una missione suicida che non vale nemmeno la pena tentare, lo sai benissimo.» Pronunciò quelle parole come un papà esasperato ripeteva per la centesima volta alla sua figlia capricciosa che no, le caramelle non possono essere mangiate a cena, perché altrimenti ti verrebbe il mal di pancia.
Wren lo sapeva. Sarebbero dovuti scendere in campo da un momento all'altro, era solo questione di settimane prima che il Regno di Kaiste scagliasse la prima freccia, già ben incoccata nel loro arco. Non c'era un se, ma soltanto un quando si sarebbe entrati in guerra. Un alleato, stretto con il legame più antico e forte del mondo, era la loro unica salvezza.
Kaiste era conosciuto per le innovazioni tecnologiche, impossibili da sconfiggere con la sola forza bruta, ma insieme alla magia dei Sapienti di Virdania... forse sarebbero riusciti a sopravvivere.
Non per questo comprendeva perché dovesse fingersi suo fratello. Ci doveva essere un'altra soluzione che non richiedesse una messa in scena del genere. Qualsiasi accordo che non richiedesse quello.
«Lo so, ma non vedo perché debba fare una cosa del genere! Perché devo fingermi Dracyan quando capiranno subito che non sono lui?»
Salvare la nazione era sicuramente un compito importante, qualcosa che qualsiasi regnante avrebbe dovuto avere a cuore. In qualche modo Wren simpatizzava per tutte le persone a cui la avrebbero arrecato dei danni, ma allo stesso tempo credeva che quella non fosse l'unica soluzione esistente. Nemmeno il benessere di tutto il Continente sarebbe stato un valido motivo per fingersi suo fratello, quello che suo padre le stava chiedendo di fare era pura follia, nulla di più.
Scosse la testa con forza, incredula di come suo padre non potesse vedere dove il suo ragionamento stava facendo acqua da tutte le parti. Perché non capiva che non poteva chiederle una cosa del genere, appena dopo aver scoperto della sua morte?
Ormai le lacrime erano sparite, lasciando posto solamente alla rabbia.
«La Corte di Virdania è stata in presenza di Dracyan solamente un paio di volte, ormai mesi or sono, sono sicuro che la sua faccia sia ormai una macchia sbiadita nei loro ricordi. E poi vi assomigliate così tanto, tutti fanno fatica a riconoscervi l'uno dall'altro: gli stessi capelli corti e scuri, gli occhi marroni, le labbra fini, non avete nulla che l'altro non ha. Farti passare per Dracyan è la nostra soluzione migliore.»
«A prima vista, forse, siamo uguali. Appena inizierò a parlare però-»
Suo padre la bloccò prima che potesse anche solamente pensare di finire la frase. Sbatté nuovamente il pugno sul tavolo con un rumore sordo che riverberò per tutta la stanza. «Non accetterò nessuna scusa. Ormai ho deciso. Farai tutto il possibile per sembrare lui, e quando la Principessa ne verrà a conoscenza sarà ormai troppo tardi per tornare indietro.»
«Li vuoi ingannare» sussurrò più a se stessa che a lui.
L'Imperatore alzò un sopracciglio. «È l'unica soluzione, non dirlo come se ti trovassi davanti all'uomo più spregevole dell'intero universo, sai benissimo che lo sto facendo per il bene di tutti.»
«E come spiegheremo l'assenza di eredi?»
«Dirai che la Principessa Roselia è infertile. O si procederà con altri mezzi. Prima bisogna pensare al nostro Paese, poi ai problemi di Virdania.»
È ripugnante. Era l'unica cosa che rimbombava nella testa di Wren. Quest'uomo, questa situazione, è completamente ripugnante.
Non poteva credere alle sue orecchie, non poteva credere a quello che stava ascoltando, nemmeno ad una parola di quel discorso. Aveva sempre provato poco rispetto verso suo padre, ma questo era veramente troppo, anche per una persona orribile come lui.
«Non posso farlo» sussurrò, facendo uscire le parole a forza dalla sua gola, tirandole una dopo l'altra con tutta la forza che aveva in corpo. Anche se amava l'immagine della Principessa Ribelle che tutti si erano creati di lei non riusciva comunque a disobbedire a suo padre. Non solo perché essere irriverenti nei confronti dell'Imperatore ti avrebbe potuto far finire in grossi guai, ma anche a causa del suo carattere iracondo e del rapporto instabile che li univa. Nonostante tutti la credessero la più grande delle ribelli e osasse parlare all'Imperatore in modo informale, aveva ancora paura di suo padre.
«La mia non è una domanda, è un ordine. Lo seguirai che ti piaccia o meno. Sono l'Imperatore e finché così sarà vivrai sotto la mia legge, spero che almeno questo ti sia chiaro.»
«E se non lo facessi? Sono la tua ultima figlia, ti ricordo. Elimineresti così il tuo sangue?»
«Se è l'unica condizione per mantenere vivo il mio Regno, sì. Ma sono sicuro che capirai anche tu quanto questa sia la miglior soluzione» concluse con tono perentorio e dopo di che fece segno alle guardie di portarla via, come se il discorso si fosse concluso così.
Quando Wren lasciò l'ufficio del padre per tornare alle proprie stanze, le iniziò a girare la testa. Non aveva ancora completamente assorbito cosa le stava succedendo, non fino a quel momento, quando intorno a lei era tutto silenzioso e non c'era altro suono se non quello dei suoi pensieri. Le sembrava di trovarsi in una dimensione strana, simile a quella del sogno, ma non completamente uguale. Sapeva che non stava dormendo e che quella era la realtà dei fatti, ma non per questo era facile capire.

Of Venom and Thorns ~ SAPPHIC Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora