7.

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Christian sbuffò per l'ennesima volta mentre ascoltava con noia la conferenza a cui suo padre stava partecipando con alcuni CEO giapponesi, a cui era stata imposta la sua presenza.

Che poi era inutile; tanto suo padre non avrebbe mai ascoltato il suo punto di vista, anzi non avrebbe nemmeno richiesto un suo parere a riguardo.
E insomma, nonostante tutto ciò che si diceva su di lui, Christian aveva imparato abbastanza bene il mestiere, suo padre l'aveva inviato a fare stage nei posti più disparati del mondo per riuscire a fargli capire qualcosa di finanza e lui si era fatto il culo ovunque per poter essere in grado, un giorno, di portare avanti l'azienda.

Insomma, aveva fatto lo stagista ovunque, aveva portato caffè su caffè, fatto fotocopie su fotocopie solo per assistere a riunioni e per capire come funzionava il mondo lì in mezzo, eppure suo padre ancora non voleva prenderlo in considerazione.

Ivan gli aveva sempre ripetuto che, prima di poter avere voce in capitolo, doveva imparare a capire cosa fosse il lavoro duro e, insomma, Christian l'aveva capito ormai.
Nessuno l'aveva mai trattato come il figlio di Ivan, nessuno gli aveva mai riservato un trattamento di favore, non gli sembrava giusto che ancora venisse considerato come un ignorante buono a nulla.

E proprio mentre faceva queste considerazioni, il suo cellulare vibrò nella tasca dei suoi pantaloni.
Ivan lo fulminò con lo sguardo, severo come poche volte poteva essere ma Christian si limitò a sorridere a denti stretti e ad afferrare il suo cellulare.

Da Matthew: mi sto annoiando, dove sei?

Christian sorrise senza nemmeno volerlo.

A Matthew: Sto lavorando. Al contrario di quello che pensi tu sono una persona impegnata io. Sei tu lo scansafatiche qua in mezzo.

Da Matthew: peccato.

Da Matthew: sono capitato per caso nel tuo ufficio e volevo mostrarti come mi sta bene il tuo regalo.

Christian aggrottò le sopracciglia, non capendo a cosa si potesse riferire il ragazzo.

A Matthew: Io non ti faccio regali, avrai sbagliato persona.

Da Matthew: ne sei sicuro?

Qualche secondo dopo, allegato al messaggio, arrivò una foto.
Christian dovette saltare dalla sedia quando notò il primo piano del sedere di Mattia con indosso la brasiliana in pizzo che, qualche tempo prima, gli aveva regalato solo ed esclusivamente per sfotterlo. Mai e poi mai avrebbe potuto immaginare che Mattia avrebbe indossato una cosa del genere, considerando che, anche se cercava di non farlo sembrare troppo, colui che comandava in quella sbagliata quanto bellissima relazione era decisamente il biondo.

Ivan lo fulminò con lo sguardo ancora una volta poiché Christian, scattando in piedi, aveva fatto cadere la sedia della sala riunioni all'indietro.

"Ehm" iniziò il ragazzo, imbarazzato, con le guance che andavano a fuoco e qualcosa che iniziava a premere fastidiosamente contro la gamba. "Io- sono costernato, ma devo davvero scappare."

"Cosa vuol dire che devi andare via?" domandò severo l'uomo.

"Ecco, papà" Christian si morse un labbro. "Ho dei problemi molto seri" si inventò. Si avvicinò al suo orecchio e sussurrò "La mia intolleranza al lattosio sta dando i suoi problemi, ho sbagliato a bere latte macchiato stamattina."

"Oh" esalò Ivan. "Ehm, d'accordo figliolo. Perdonate mio figlio" disse l'uomo agli altri. "Abbiamo un problema di organizzazione al piano inferiore e se ne occuperà lui."

"Grazie" sorrise Christian. "E vi prego di scusarmi" concluse prima di dirigersi velocemente verso la porta vetrata dell'ufficio e uscire.

Si diresse verso l'ascensore e, entrando, iniziò a spingere più volte il numero 23, che corrispondeva al piano in cui si trovava il suo ufficio. Sapeva che continuando a spingere quel bottone non avrebbe velocizzato l'arrivo dell'ascensore, ma insomma, era un modo per tenere le mani impegnate, altrimenti avrebbe continuato a guardare la foto che quel bastardo di uno Zenzola gli aveva mandato.

Hate that I love you. [matian]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora