12.

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Mattia rientrò a casa, quasi in punta di piedi, il pomeriggio dopo. Non aveva alcuna voglia di tornare a casa prima, era troppo giù di morale per poter affrontare ancora l'ira di suo padre.

E sì, continuava a non volersi chiedere espressamente il motivo della sua tristezza.

Appena varcò la soglia di casa, però, notò un certo movimento. Valigie su valigie erano sistemate all'ingresso di fronte alla porta e ancora altri bagagli erano portati dalle cameriere.

Aggrottò le sopracciglia, confuso, e si sfilò il giubbotto, immediatamente afferrato da un inserviente. "Mio padre?" chiese alla donna.

La donna si morse un labbro. "Siete sicuro di volerlo sapere, signorino Zenzola?" domandò.

"Ehm, sì?" rispose titubante.

"È nella sala da pranzo e non è di buon umore, signorino."

Mattia sospirò. "E so anche la ragione. Grazie, comunque" gli sorrise alla fine. Poi, raccolto un po' di coraggio, si diresse direttamente verso la sala da pranzo e, senza bussare, entrò.
"Sono a casa" si annunciò.

L'uomo era seduto alla fine del lungo tavolo, con le mani intrecciate tra loro, i gomiti sul piano e lo sguardo terribilmente serio. "Finalmente" disse. "Credevo di averti chiuso in casa."

"E io credevo di essere maggiorenne e di poter essere libero di fare quello che volevo" rispose Mattia. "A quanto pare ci sbagliavamo entrambi" disse avvicinandosi. "Che succede? Perché ci sono così tante valigie?"

L'uomo, sempre terribilmente serio, alzò gli occhi sul figlio. "Perché ti trasferisci" lo informò.

"Come?" chiese Mattia, aggrottando le sopracciglia.

"Visto che ti piace così tanto quell'appartamento in centro a Milano, ti trasferisci lì" affermò, incrociando le braccia. "E la prossima volta se vuoi uscire di nascosto almeno avvisa la reception di coprirti."

Mattia si sedette sulla sedia, sospirando profondamente. "E adesso che altro vuoi fare? Vuoi punirmi ancora?" chiese ironicamente. "C'è qualcos'altro che vuoi togliermi?"

"Non farò assolutamente niente, perché questa sarà la tua ultima bravata" annuì seriamente. "Non ti permetterò di frequentarlo ancora."

"Non lo farò" negò con il capo. "E non capisco perché dovrei trasferirmi."

"Perché non voglio che tu lo veda" ringhiò. "E adesso ci sono troppi pochi metri di distanza a separarvi."

"Te l'ho già detto!" esclamò Mattia. "Non lo rivedrò più."

"Non me ne volere se non mi fido di te. E soprattutto, non mi fido di quella feccia che hai fatto entrare nella tua vita senza nemmeno chiedermi il consenso."

"Perché è la mia vita" disse a denti stretti. "Decido io cosa farmene!"

"Ti sbagli; fin quando vivi con i miei soldi, ho tutto il diritto di prendere delle decisioni per te. Se vuoi essere libero di fare quello che ti pare devi semplicemente rinunciarvi" alzò le spalle.
"E adesso va' a salutare tua madre. Partirai fra poco."

Mattia si morse la lingua a sangue per evitare di mandarlo a quel paese in maniera davvero poco gentile, preferì non dire niente considerata la situazione già delicata.

Decise che magari allontanarsi un po' da suo padre e da Christian non era una cattiva idea. Forse per una volta, inconsciamente, suo padre gli stava facendo un favore.
Si alzò di scatto dalla sedia e si diresse verso l'uscita. 

"Sei mio figlio, Mattia" gli disse il padre
mentre ormai era quasi fuori dalla stanza.
"Lo sto facendo solo per te."

Mattia rise amaramente.
"No, lo stai facendo per i soldi, come sempre" asserì schifato, prima di uscire definitivamente.

Hate that I love you. [matian]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora