𝐔𝐍 𝐏𝐀𝐒𝐒𝐎 𝐕𝐄𝐑𝐒𝐎 𝐃𝐈 𝐓𝐄
Le stanze rosse erano dei veri e propri appartamenti del piacere.
Dietro quella porta la legalità e l'illegalità erano divise da un filo invisibile molto sottile, tutto quello che vi accadeva dentro, doveva rimanere in quella stanza.
Nel corso degli anni avevamo dovuto fronteggiare a tante assurdità, i nostri occhi si erano riempiti di immagini di ogni genere.
I dipendenti nel momento dell'assunzione firmavano un contratto di riservatezza, segreto e confidenziale, pena il licenziamento, una multa con tanti zeri al seguito e una denuncia.
Non si affittava solo una stanza, ma anche una riservatezza tale che nemmeno nei loro appartamenti privati potevano avere.
I clienti erano serviti e riveriti con ogni sorta di lussi e più l'ospite era importante, più sicurezza c'era.
La sicurezza era sempre di guarda, ogni quindici minuti si faceva un giro in quel corridoio, per poi stazionare all'ingresso della scalinata.
L'ospite affittava la stanza per l'intera serata e poteva portarsi con sé chiunque volesse.
Noi che entravamo ed uscivamo da quelle stanze per servire il cliente eravamo incaricati di tenere d'occhio la situazione, e riferire eventuali problemi al coordinatore.
Quella stanza poteva diventare una vera e propria discoteca, uno spazio in cui stare soli e rilassarsi o un luogo per fare nuove conoscenze, oppure un'occasione per trastullarsi con gli amici o con qualche amante.
Il rosso non era di certo un colore scelto a caso.
Il rosso è il colore del pericolo, stanca gli occhi, provoca insonnia, aumenta la circolazione sanguigna, quasi tutto dentro la stanza era di colore rosso, e di conseguenza vi erano tutte le sue sfumature.
Quel colore ha la capacità di agire con prepotenza sulla psiche umana e suscitare forti emozioni.
Ogni stanza era diversa ed unica, con opere dalle più disparate e una volta all'anno tutte le stanze venivano rinnovate da cima a fondo.
Ogni stanza era completamente insonorizzata e per ognuna vi era un'unica finestra panoramica.
La finestra ricopriva una parete intera, era fatta con una pellicola oscurante, da cui potevi guardare all'esterno, ma da fuori non si poteva vedere niente all'interno.
I Bangtan Boys quella sera avevano prenotato la stanza numero tre.
Le pareti erano tinte di un rosso bordeaux, una tonalità scura, il tendaggio invece era di un rosso porpora, tonalità leggermente più chiara, e i due colori sfumati insieme si incastravano egregiamente l'uno con l'altro.
La luce soffusa era rigorosamente di un rosso ciliegia, colore molto profondo e luminoso.
Dentro quelle mura vi era questo piccolo paradiso terrestre che ogni uomo o donna quando vi passava il tempo, rendeva un inferno peccaminoso.
Le pareti erano delle vere e proprie opere d'arte, una era completamente dipinta a mano, in cui vi erano disegnati una moltitudine di fiori, che andavano a ricreare un mastodontico volto femminile, la parete opposta era una vera e propria tela squarciata in più punti, un chiaro omaggio all'artista Fontana.
Vi erano opere contemporanee in ogni dove.
Nel soffitto erano intrappolati corpi femminili e maschili, intenti a muoversi, ad aggrovigliarsi, a possedersi, in una melma densa e viscida color catrame.
Quel liquame colava giù, percorrendo l'angolo tra due pareti fino al pavimento.
Accompagnato all'enorme tavolo di marmo bianco vi erano delle sedie in legno fisse a terra, a forma di mani sinuose, come se quelle mani volessero catturare chiunque si sarebbe seduto.
Alle pareti c'erano insegne a neon, raffiguranti labbra e corpi nudi, intrecci di rose, occhi, lineamenti femminili e frasi poetiche, opere d'arte moderna, ritratti famosi rivisitati.
Nella sala principale spiccava il lussuoso televisore in cui davanti si estendeva un tappeto voluminoso bianco, quel tappeto ricopriva metà stanza, finiva sotto ad un divano semi circolare, ricoperto da cuscini.
Il tutto era appoggiato ad un pavimento di marmo nero levigato e lucido.
Le mensole appese ondeggiavano caldamente alla luce delle candele, esse emanavano fragranze dolci e legnose.
Non serviva alzare troppo lo sguardo per notare i due enormi lampadari a braccio, in perfetto stile gotico.
Quei lampadari neri si addicevano perfettamente a quell'ambiente allucinogeno, la luce rossa colpendo i pendenti luccicanti ricreava uno sfavillio ipnotico.
C'erano tavoli per ogni tipo di gioco.
Dal biliardo, al tavolo da poker, una postazione per il ping-pong, videogiochi arcadie vintage perfettamente funzionanti.
Una postazione dedicata alla musica, una scaffalatura di vinili e un giradischi, una console per dj, uno stereo con casse appese in ogni angolo con dischi dai generi più disparati.
Si poteva scegliere di azionare innumerevoli tipi di giochi di luce.
Si poteva scegliere di far scendere l'enorme proiettore ed inserire uno tra i tanti film che si aveva a disposizione.
Sulla destra, in una una piccola zona più appartata c'era l'enorme jacuzzi rialzata da terra, tutta rivestita in legno con un piano bar anch'esso in legno.
La jacuzzi era parte integrante della stanza, ma circondata in ogni lato da una vetrata illuminata, sempre da un rosso color ciliegia.
Vicino alla jacuzzi vi era un grande letto, rotondo con lenzuola rigorosamente rosse, sommerso da cuscini di ogni grandezza.
Appena entrai mi sentii come una preda succulenta appena adocchiata da un branco di lupi.
Quando alzai la testa, dopo quella breve presentazione, notai Park Jimin seduto su di una poltrona in pelle, completamente ubriaco e svestito.
Min Yoon-gi gli tirò subito la camicia di riserva che gli avevamo fornito, ma che lui ancora non aveva indossato.
Distolsi lo sguardo.
Seok-jin e Taehyung si stavano sfidando in un ping-pong alcolico e si arrestarono prontamente.
Sentii la pallina cadere e ruzzolare sul pavimento di marmo nero per poi finire la sua corsa contro il battiscopa.
Taehyung mi sorrise, salutandomi energicamente con la mano libera dalla racchetta, mentre Jungkook, Kim Namjoon e Jung Ho-seok erano intenti a giocare a poker, li vedevo a malapena, vista la quantità di fumo che c'era nell'aria.
Feci tutto il possibile per non incrociare i due occhi a me più noti.
Jimin si avvicinò disinvolto mentre si stava ancora abbottonando la camicia.
Dato l'elevato tasso alcolico che portava in corpo faceva fatica ad abbottonarla, e il mio disturbo ossessivo compulsivo per la simmetria mi fece stridere dentro.
Avrei voluto sistemarla io stessa, dato che la stava allacciando a casaccio.
«Aspetta un attimo ma noi ci siamo già visti?», domandò urlando all'improvviso.
Mi scrutò più da vicino, tant'è che riuscivo a vedere chiaramente tutto il percorso delle linee sinuose che formavano le sue labbra.
Guardò i compagni al tavolo da gioco, «È la ragazza del concerto!», esclamò divertito.
A quel punto Ho-seok si alzò dal tavolo da poker e si avvicinò all'amico salutandomi con un inchinò appena accennato.
«Andiamo di là a ballare Jimin», prese per le spalle il suo compagno ed uscirono dalla stanza.
Mi limitai ad abbozzare un mezzo sorriso al resto del gruppo che era rimasto, «Me ne vado subito, se avete bisogno di qualsiasi cosa c'è il telefono», dissi indicando in fretta e furia un punto indefinito, «Chiamateci e saremo subito da voi»
Girai i tacchi per andarmene ma una voce bloccò la mia uscita di scena, «Signorina Amanda le posso rubare due minuti?», era Namjoon che intanto si era alzato e stava venendo verso di me.
Acconsentii con un cenno del capo e lui in maniera molto carina ed elegante mi fece cenno di accomodarci fuori.
Mentre uscivo dalla stanza, nel momento in cui stavo richiudendo la porta, cercai i due occhi a me più cari e li trovai subito.
Quegli occhi maledetti.
Namjoon indicò l'uscita che dava sulla terrazza, «Ci accomodiamo sul terrazzo se per lei va bene».
Continuavo ad annuire come una sciocca, avevo perso l'uso della parola.
In quel momento mentre noi ci stavamo dirigendo fuori, Da-mi usciva dalla stanza numero sei, mi fulminò con gli occhi.
Dal labiale che cercai di intuire, capii che mi stava chiedendo dove diamine stavo andando, ed io risposi facendo spallucce.
Sul terrazzo c'erano un paio di persone appartate a fumare, l'aria aveva un profumino pungente molto riconoscibile, su quel piano avevo visto passare qualsiasi tipo di droga, perciò non rimasi affatto stupita.
Ci affacciammo e rimanemmo in silenzio giusto uno o due minuti, fin quando mi decisi a parlare, infondo eravamo lì per quello, «Signor Kim c'è qualcosa che non va?», chiesi cautamente, tra tutti lui era quello che più mi intimoriva.
«Se per lei non è un problema diamoci del tu, dopotutto abbiamo la stessa età», rispose sorridendomi caldamente.
In quel momento tutti i muscoli del mio corpo si rilassarono.
«Non era mia intenzione spaventarti Amanda. Ho colto l'occasione stasera per farti delle scuse ufficiali riguardo l'incidente al concerto, e per quello che è successo successivamente con quelle persone spregevoli che ti hanno assalita mentre eri al lavoro».
La sensazione che ebbi su Namjoon era quella di un ragazzo composto e educato ma molto alla mano.
Senza i riflettori quei sette erano come tutti i ragazzi della loro età, questo particolare non finiva mai di stupirmi.
Una voce qualsiasi, un corpo qualsiasi, con le stesse emozioni di cui eravamo fatti tutti noi.
Il suo tono della voce era calmo e la sua personalità non era affatto come la immaginavo.
«Non voglio recarvi nessun danno, non voglio nemmeno essere un disturbo o una sorta di peso, per nessuno di voi, soprattutto per lui», non era facile per me dire quelle cose.
Infondo, nella me più nascosta, avrei desiderato essere tutto per quel ragazzo che ora era seduto dentro quella stanza.
«Sono abituata a risolvermi i problemi da sola, senza l'aiuto di nessuno, mi dispiace per quello che è successo al concerto, ti chiedo scusa, mi scuso con tutti voi»
Fece un sorso dal bicchiere di cristallo che si era portato con sé, distogliendo lo sguardo su di me, «Non sei tu che ti devi scusare, non è stata colpa tua, anzi ci tengo a ringraziarti», rispose sinceramente.
Kim Namjoon mi stava ringraziando, non potevo credere alla mie orecchie.
«Ti ringrazio per la tua incommensurabile discrezione Amanda. Un'altra persona ne avrebbe approfittato, questa era la mia paura più grande, invece ti sei rivelata una persona per bene. Sono sincero nel dirti che sei stata l'unica persona tra le tante che abbiamo incontrato che non ha tentato di rovinarci la vita».
Caspita, in quel momento non li invidiai affatto, mi stava ringraziando perché mi ero comportata in maniera umana.
Quanto era caduto in basso il genere umano per far considerare ad un ragazzo come lui, una cosa tanto banale come se fosse la cosa più rara che si potesse trovare?
Come si può passare tutta la vita in certe condizioni proprio non me ne capacitavo.
Prese un altro sorso, «Ora capisco perché Jungkook..»
Lo fermai, «No ti prego..»
La prima volta che vidi Namjoon, in quel corridoio maledetto, ricordo che mi fece sentire irrequieta, ora invece era tutto diverso, con quel suo sguardo morbido e affettuoso mi sentii completamente a mio agio.
«Scusami è che so quello che stai per dire e ti prego di non dirlo»
Non ero pronta a sentire niente, rifiutavo l'idea che Jungkook potesse essersi aperto e aver raccontato che provasse un qualcosa per me.
«Ascolta io e lui siamo solo amici, ci tengo ad essere sincera non è successo niente tra noi, abbiamo passato del tempo insieme in maniera del tutto innocente», sussurrai.
Sorrise e provò a parlare, «Volevo solo dire che..»
Lo fermai di nuovo, «No ti prego..», forse d'un tratto ero fin troppo a mio agio, «So già tutto, so come dovranno andare le cose, so che questa "cosa", anche se è solo un'amicizia, dovrà terminare prima o poi. Ci sono già passata e conosco tutte le fasi, ne sono consapevole. Se è per il suo bene e tu o la tua agenzia mi dite che devo sparire dalla sua vita, io lo farò. Non sono una ragazzina, ho la testa sulle spalle, so quanto potrebbe diventare pericolosa questa cosa, per tutti».
Namjoon non tentò di dire più niente, si limitò a sorridere, si vedeva chiaramente che nella sua testa stava frullando un turbinio di pensieri.
Non mi ero accorta che alle mie spalle c'era un'altra figura che stava ascoltando quelle mie ultime parole, fin quando notai l'ombra e mi girai, era Seok-jin che non aveva avuto il coraggio di interrompermi ed era rimasto in silenzio.
Lo salutai con un inchino e lui ricambiò.
«Volevo raggiungervi prima ma ho dovuto riacchiappare la situazione di la», disse guardando Namjoon.
Si voltò verso di me, «È un piacere fare la tua conoscenza, finalmente! Jungkook ci ha parlato molto bene di te», disse allungando un sorriso, «Non stavo origliando», ridacchiò tra sé e sé, «Scusatemi non avevo intenzione di interrompere la vostra conversazione»
«Non c'è problema», risposi di getto.
La situazione che si era creata mi intenerì.
Quello sì che era del vero amore, rivedevo in loro le mie due amiche, Jun e Sun, l' amore sincero di un vero amico che vuole proteggere una persona cara.
Era chiaro che i due ragazzi che erano di fronte a me erano lì per assicurarsi di un qualcosa.
«Sai tutti noi..», attaccò Seok-jin, «O meglio, io più di tutti ero in pensiero, considerala una preoccupazione da fratello maggiore. Mi chiedevo che tipo di persona fossi e cose di questo genere», nel dire questo ridacchiò guardando Namjoon, «Ma devo ammettere che mi stavo preoccupando per niente», fece una pausa e continuò, «Riprendendo il discorso di prima..», disse con disinvoltura, cercando con lo sguardo un appoggio dal suo amico che gli era di fianco, «Se per il suo bene ci sarà da prendere una decisione spiacevole, anche se non credo sarà questo il caso, quindi ripeto, solo "se" ci sarà da prendere una decisione di questo tipo, confidiamo in un tuo aiuto, perché conoscendo il carattere del nostro compagno ci preoccupa più una sua reazione, è molto impulsivo, non ascolta nessuno se si mette in testa qualcosa», sorrise con un velo di amarezza, «Perciò appunto confidiamo in un tuo aiuto», concluse.
Mi aspettavo un discorso di questo tipo, la cosa non mi stupì, ne mi ferì, era una prassi.
L'agenzia aveva sicuramente mandato avanti, sia il Leader del gruppo, sia la persona più grande di età per parlare con me.
Immaginavo già che se tra me e il ragazzo dal sorriso più bello del mondo, si fosse creato un qualcosa che andava oltre ad una semplice amicizia, avrei dovuto entrare in un vortice di scartoffie da firmare.
Questo probabilmente era solo il primo passo.
«La nostra agenzia si è informata, in maniera molto discreta sul tuo conto Amanda. Sei una persona per bene e per questo ci siamo tranquillizzati tutti», concluse Namjoon.
Capivo la loro preoccupazione, infondo se al posto di questi due ragazzoni, ci fosse stata la mia amica Jun e il mio migliore amico Joon probabilmente Jungkook se ne sarebbe andato a gambe levate, e solo nell'immaginarmi quella scena apprezzai ancora di più la delicatezza nel parlarmi di Namjoon e Seok-jin.
In quel momento all'entrata della terrazza spuntò il viso di Ho-seok, «Jin! Taehyung ti sta aspettando per finire la partita, rientra per favore, sta torturando Yoon-gi».
A quelle parole rientrammo tutti, uno dietro l'altro, io mi limitai a seguirli educatamente, e prima di rientrare nella stanza mi salutarono di nuovo con un piccolo inchino.
Aspettai di vederli entrare dentro e solo allora ripresi una boccata d'ossigeno, dovevo prendere una pausa da quel colore infernale, mi sembrava di star passeggiando negli inferi.
Non ebbi il tempo necessario di raggiungere le scale per fuggire dal mio inferno personale.
Lui, lui e quei suoi occhi abissali, lui e quelle sue labbra sottili e attraenti, quel suo fascino avvenente, la camicia bianca sbottonata appena sotto quel collo bianco latte, il flebile cenno della sua mano quando poco prima mi aveva vista chiudere la porta e uscire, quella mano che avrebbe voluto afferrarmi.
Lo immaginavo ancora seduto al tavolo interamente avvolto da quel vapore rossastro.
Passai decisa e in fretta davanti ad alcune porte chiuse, stavo superando alla mia destra il piccolo corridoio che dava ai bagni, quando qualcuno mi afferrò il braccio tirandomi dentro.
La sua figura mi comparve davanti, ed io scossa mi appoggiai al muro.
«Ragazzina», disse.
Non so perché l'istinto mi portò a farlo, forse furono tutti quei discorsi di poco prima.
![](https://img.wattpad.com/cover/313562696-288-k465594.jpg)
STAI LEGGENDO
𝙸𝚕 𝙵𝚒𝚘𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝙻𝚞𝚗𝚊
Fanfiction𝐿𝑎 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡à 𝑒 𝑙𝑎 𝑏𝑒𝑙𝑙𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑞𝑢𝑜𝑡𝑖𝑑𝑖𝑎𝑛𝑎, 𝑑𝑖 𝑑𝑢𝑒 𝑟𝑎𝑔𝑎𝑧𝑧𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖 𝑖𝑛𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑎𝑠𝑜. 𝑇𝑟𝑜𝑣𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑝𝑜𝑖, 𝑙'𝑢𝑛𝑜, 𝑛𝑒𝑙𝑙'𝑎𝑙𝑡𝑟𝑎, 𝑢𝑛 𝑙𝑢𝑜𝑔𝑜 𝑖𝑛 𝑐�...