𝐑𝐈𝐕𝐄𝐋𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐈
Stavo ammirando quel bellissimo mazzo di fiori quando il mio cercapersone iniziò a squillare.
Io ero completamente immersa nei petali bianchi e fu Jungkook a dirmi che qualcuno mi stava cercando insistentemente.
Così tirai fuori il cercapersone dalla tasca dei pantaloni, il nome di Joon fu una doccia fredda, spense ogni bollente spirito e quel pizzico di romanticismo.
Guardai Jungkook con occhi addolorati, «Devo andare, Joon mi sta cercando, sicuramente qualcuno nella tua stanza ha ordinato qualcosa»
«Sarà stato Jimin, avrà ordinato qualcos'altro da bere, stasera è fuori di sé», mi rispose sconsolato.
«Come mai?», chiesi istintivamente.
«Diciamo che non sta vivendo serenamente questo periodo. Non è in forma e per di più si è infortunato ad una caviglia pochi giorni fa, è sotto stress per il prossimo tour quindi in questi giorni si è buttato sul bere»
Quella innocua confidenza, venuta dal niente, mi fece sentire un po' di più parte della sua vita.
«Che brutta situazione mi dispiace tanto», ero dispiaciuta davvero.
Il mio cercapersone suonò di nuovo, «Che strazio ho capito arrivo!», in quel momento volevo fare tutto tranne che lavorare, «Ci vediamo dopo, devo scappare», gli stampai un bacio fugace sulla guancia e iniziai a correre.
Lo lasciai lì in quel corridoio ed io mi avviai di corsa giù per le scale con il mazzolino di fiori che ondeggiava insieme a me.
Incrociai Big Lee che saliva per il classico giro di controllo e quasi non ci scontrammo, avrei avuto sicuramente la peggio in un contrasto corpo a corpo con lui.
«Signorina! Non farmi vedere più che corri per le scale potresti romperti l'osso del collo», mi strillò lui scosso.
«Si signore!», risposi in tutta fretta.
Prima di raggiungere Joon passai nello spogliatoio a lasciare il regalo, di certo non potevo andarmene a zonzo con i fiori in mano.
Cercai di divincolarmi tra la folla, non volevo che qualcuno me li potesse frantumare in mille pezzi così li issai per aria, fu un'ottima idea, perché nel mentre fui sballottata a destra e a manca con noncuranza.
Appoggiai i fiori sopra la mia borsa accuratamente, circondai il mazzolino di margherite con i vestiti con cui ero venuta a lavoro, lo guardai un'ultima volta estasiata e me ne andai.
Corsi di nuovo per raggiungere il bar e nel frattempo mi diedi una sistemata veloce.
Risistemai la coda che si era sciolta in quell'abbraccio, e rimisi dentro i pantaloni la maglietta che quel ragazzo mi avevo avventatamente sgualcito, lisciai i pantaloni con le mani ed infine mi passai il burro cacao sulle labbra.
Lo tenevo sempre in tasca visto che ne facevo un uso quotidiano, avevo lo sporco vizio di mordermi le labbra per il nervoso.
«Dove diavolo eri finita Amy, il ghiaccio si sta sciogliendo! Ho l'ordine per la tua nuova stanza preferita», disse Joon sarcastico.
«Ah ah ah! Simpaticone»
D'improvviso una lucina si accese nella mia testa, mi venne un'idea magnifica per tirar su il morale ad ragazzo con lo spirito affranto, «Senti Joon aspetta un attimo, non far partire l'ordine passo un secondo in cucina», dissi e corsi via, di nuovo.
Il perché stavo correndo come una pazza a destra e sinistra?
Nemmeno io lo sapevo, probabilmente stavo smaltendo tutta l'adrenalina accumulata poco prima.
Arrivata davanti la porta della cucina frenai bruscamente e spalancai le porte con entrambe le mani, sorpassai lo chef e tutto il suo staff, salutandoli velocemente.
Conoscevo tutti lì dentro, avevamo instaurato con gli anni un rapporto spontaneo, si può dire che eravamo tutti di casa ormai, come un'unica grande famiglia e infatti fui rimproverata un'altra volta, questa volta dallo chef, «Non correre qui dentro o ti picchio con il mestolo!», mi gridò dietro.
Ma cos'era questa fissa del non correre?
Mi diressi verso la postazione pasticceria, cercai con lo sguardo il Signor Min e appena lo trovai mi fiondai da lui.
«Che ci fai qui», esclamò fissandomi tra il curioso e il sospettoso.
«Signor Min mi servirebbe uno dei suoi tortini al cioccolato, uno di quelli che prepara per portarsi a casa», intonai.
Il Signor Min era un'altra figura a me familiare.
A primo impatto poteva sembrare burbero, ma in realtà era un tenerone proprio come il nostro Big Lee.
«Signorina io di certo non mi porto niente a casa», mi fulminò con gli occhi sporgendosi sopra il banco da lavoro, affinò la voce, «Parla piano accidenti a te! Qui anche i muri hanno le orecchie, non crearmi grattacapi. Per cosa accidenti ti serve il mio tortino?», bofonchiò a velocità aumentata.
Ero di nuovo a contrattare qualcosa, ultimamente non facevo altro, mi appoggiai con un gomito sul tavolo da lavoro facendo la vaga e misteriosa sussurrandogli, «Mi serve per una stanza, vorrei portarlo ad un cliente speciale, perché sai nella stanza numero tre..», lo guardai intensamente, «Ci sono i BTS stasera perciò fai te».
Non servì aggiungere altro, si tirò su e si girò nervosamente alla ricerca del frigo in cui aveva appoggiato i dolcetti da riportare a casa, ne scelse accuratamente uno, «Questo è il più bello esteticamente», disse facendomi un sorrisone.
«Ottimo, ora mi servirebbero due ciliegie, quelle imbevute nell'alcool, capito quali? Non ricordo il nome accidenti.. Ed infine la sacca poche con dentro del cioccolato», dissi sbattendo le mie lunghissime ciglia nere.
In un primo momento mi guardò spazientito, il suo sguardo insieme alla sua postura si sciolsero in un sospiro di rassegnazione, il piccolo broncio e le labbra arricciate del mio viso lo convinsero.
Dopo essermi fatta dare tutto l'occorrente, presi il tortino e lo appoggiai in un piccolo piattino, creai con un coltello due piccole fessure in cui incastrai le due ciliegie, e con la sacca poche ricreai un fantastico sorriso.
Mi tirai su soddisfatta ma la reazione del Signor Min non era affatto quella che mi aspettavo.
«Ma che diavolo è questa schifezza?», disse disgustato, «Hai appena imbruttito un delizioso dolce, cos'è questa robaccia che hai messo sopra disgraziata di una ragazzaccia»
In realtà quel suo tono di voce mi fece morir dal ridere, «È una faccina che sorride», risposi divertita.
Tirò su il labbro superiore in senso di disgusto, «Contenta tu.. Ora sparisci di qui, ho da fare mille cose, non posso perdere tempo dietro a queste bambinate», disse cacciandomi dalla zona pasticceria.
Con il piatto in mano corsi di nuovo per raggiungere il bancone dove mi attendevano le bevande preparate da Joon, due colleghi mi stavano aspettando per portare tutto nella stanza.
«Ecco qua! Questo dovete servirlo al Signor Park Jimin e mi raccomando aggiungete testuali parole; "Questo è un omaggio della casa per un grande artista, il quale è lei"».
I due si guardarono, mi rimandarono un sorriso forzato e presero i vassoi con sopra ogni sorta di cose e si diressero verso le scale.
«Ma che era quella cosa inquietante?», chiese Joon intento a preparare altri cocktail.
«Ma smettila, non ti ci mettere anche tu per cortesia!», risposi scocciata.
Prima il signor Min, ora Joon, ad entrambi la mia piccola creazione aveva fatto letteralmente schifo, e la sua espressione non mi piacque affatto, «Sul serio non si capisce che è una faccina che sorride?», chiesi preoccupata.
«Oh si, certo che si capisce, solo che è assai inquietante», rispose Joon.
Nella stanza rossa la situazione era al quanto su di giri e quando i camerieri entrarono nella stanza furono assaliti, non ebbero nemmeno il tempo di appoggiare il tutto sul tavolo.
«Signor Park questo è un omaggio della casa per un grande artista, il quale è lei», disse il cameriere, poi l'altro collega preso dall'entusiasmo del momento senza pensare aggiunse, «L'ha fatto preparare appositamente per lei la nostra coordinatrice Amanda», disse ammiccando.
Jimin guardò i due, che gli parvero quattro visto il tasso alcolico, guardò il tortino e li ringraziò stupefatto.
«Ei Jungkook vieni qua, la tua bella ragazza italiana mi ha fatto un regalo», urlò felice come un bambino, attirando l'attenzione di tutti.
Uno dopo l'altro interruppero quello che stavano facendo, affrettandosi curiosi alla scoperta della sorpresa.
Accerchiarono quel tortino di cioccolato e dopo qualche secondo di contemplazione, Taehyung aprì bocca, parlando a bassa voce verso Jungkook, «Wah! Hyung.. Amy è fantastica!», disse alzando entrambi i pollici all'insù.
Yoon-gi fu l'unico a pensare che fosse inquietante, esternandolo subito e facendo ridere un po' tutti, mentre Jungkook si sentii come non si era sentito mai, soddisfatto e compiaciuto.
Si sentii così fortunato ad aver incontrato una persona così sensibile e amorevole.
In quel piccolo gesto, semplice e autentico, ci vide tanto amore.
Un'amore incondizionato che lei aveva dato al suo amico, che tra l'altro conosceva appena, e tutto questo solo per tirarlo su di morale.
«È fantastica davvero», rispose guardando l'amico.
Namjoon guardò Jin con un'espressione in volto meravigliata, si scambiarono un'occhiata divertita, mentre Ho-seok stava cercando di agguantare una ciliegia ritrovandosi Jimin che invece cercava di proteggerla, perché era solo sua, «Hyung tieni giù le mani l'ha fatto per me!».
Le ore volarono e la situazione in quella stanza prese una piega inaspettata, come sempre del resto.
Yoon-gi sdraiato sul divano era in uno stato comatoso, Jimin si era buttato nella jacuzzi insieme ad altre persone che si era portato in stanza, tutta gente del mondo dello spettacolo che conosceva bene.
Taehyung e Jungkook alla console avevano inserito musica anni 50', la stanza si era riempita di gente in un batter d'occhio.
Una bolgia, in cui tutti si stavano scatenando, compreso il resto del gruppo.
Nel frattempo al piano di sotto i The Rose stavano dando il meglio di sé, facendo ballare e cantare a squarciagola una folla intera.
Il responsabile si avvicinò a me intimandomi di avvicinarmi alle scale perché presto sarebbero arrivati degli ospiti importanti per la stanza numero tre.
«Sicuramente sono stati invitati dai tuoi amici», disse Joon.
Andai verso Big Lee e aspettai lì, dopo una decina di minuti fecero il loro ingresso al Moon l'attore Park Bo Gum e Choi Woo-shick.
Dietro di loro entrò Park Seo Joon insieme ad altri due ragazzi che non conoscevo.
Qualcuno tra la folla li aveva riconosciuti e iniziarono tutti ad urlare, tant'è che la sicurezza dovette aiutarli ad arrivare alla scalinata che dava al secondo piano.
Li salutai inchinandomi velocemente e li accompagnai fino alla stanza rossa numero tre.
Prima di andarmene cercai con lo sguardo Jungkook.
Mi vide subito, mosse le labbra per dirmi qualcosa, "Grazie", ed io sorrisi dolcemente.
Si erano fatte le quattro di notte, al piano terra i festeggiamenti erano belli che finiti.
Il gruppo se n'era andato già da un pezzo e con loro anche tutta la gente, mentre nelle stanze rosse la festa stava proseguendo alla grande.
Il personale si era dimezzato e gli addetti alle pulizie stavano già pulendo tutto il piano inferiore.
Tutti quelli che avevano il turno per le stanze private dovevano rimanere fin quando l'ospite rimaneva.
Approfittai della calma per raggiungere la stanza numero tre, ero pur sempre la coordinatrice quella sera, e volevo assicurarmi che stesse andando tutto bene.
Da-mi dormiva appoggiata su due sedie, nella penombra notai altri corpi distesi qua e la.
C'era silenzio.
Big Lee si era accomodato seduto su di una sedia e così anche l'altro addetto alla sicurezza che era di guarda dall'altra parte.
Bussai alla porta con i miei soliti tre colpetti, entrai in punta di piedi per non disturbare e Seok-jin mi venne subito in contro, «Signorina Amanda tra poco ce ne andiamo»
Annuii senza guardarlo, perché il mio sguardo era alla ricerca dell'unica persona che mancava nella stanza.
Si girò anche lui per capire cosa stavo davvero cercando e quando realizzò si rigirò verso di me.
«Lui è sul terrazzo», mi sussurrò sorridendomi calorosamente.
Imbarazzata lo ringraziai e lasciai la stanza dirigendomi fuori.
Lo trovai disteso sui divanetti, con una mano penzolante e una sigaretta tra le dita mentre guardava il cielo.
Dio quell'aria da cattivo ragazzo gli calzava a pennello, disteso così in quella posizione, e lo sguardo semi chiuso per via del fumo mentre si portava la sigaretta alla bocca tenuta tra il pollice e l'indice, era se stesso e non si preoccupava di nascondere il suo vero essere davanti a me.
«Lo so non devo fumare..», disse guardandomi.
«Io fumo Jay perciò lo stai dicendo alla persona sbagliata», risposi ridendo.
Si tirò su, mettendosi seduto, «Hai fatto colpo su tutti con quel dolce, è stato un bel pensiero da parte tua»
«Ti posso chiedere una cosa?», chiesi catturando la sua attenzione.
Dovevo avere un'ulteriore conferma, aveva tirato fuori lui l'argomento, ed io ne approfittai. «Era davvero inquietante quel coso?», chiesi imbronciata.
Mi guardò come se non fosse sicuro di aver sentito bene, poi d'un tratto esplose in una risata fragorosa e rumorosa.
«E dai! Questo vuol dire di sì!», urlai spingendolo sul divano, «Smettila di ridere».
Stavamo facendo un gran trambusto, lui rideva a crepapelle ed io cercavo di farlo smettere.
Improvvisamente un'ombra slanciata e longilinea fece il suo ingresso nel terrazzo.
Joon comparve all'improvviso, appena notai la sua figura mi alzai e Jungkook fece lo stesso ma con molta meno fretta.
Quando si trovarono uno di fronte all'altro, Ettore dall'elmo scintillante parlò ad Achille per primo.
Per un attimo pensai di essere finita nel duello più famigerato della storia.
«Hai lasciato il cercapersone al bar», disse guardando Jungkook.
«Ti cercavo perché mi hanno appena comunicato che la stanza tre a breve lascerà il locale», continuò, sempre guardando dietro di me.
Stava parlando con me ma era come se in realtà non lo stesse davvero facendo.
Lo afferrai per un braccio, «Joon smettila di fare lo scemo», lo supplicai fulminandolo con lo sguardo.
Jungkook si avvicinò a noi cautamente, fece un grande inchino e cordialmente si presentò, «Salve lasci che mi presenta sono Jeon Jungkook, piacere di conoscerla»
Joon mi scansò per avvicinarci a lui, osservandolo attentamente per qualche secondo.
Si inchinò appena, «Il piacere è tutto mio, mi chiamo Joon e sono un amico di Amanda», disse secco.
Io diventai il terzo incomodo.
Joon fu diretto, «Visto che ci siamo ne vorrei approfittare per parlare con te in privato. Sempre se non ti dispiace», disse a Jungkook.
Jungkook dal canto suo non era per niente intimorito, «Certo volentieri», rispose di getto.
Rimasi pietrificata.
«Amanda lasciaci soli per cortesia», disse Joon.
Joon, il mio dolce e pacifico amico, proprio lui, che era come un fratello, quella sera faticavo a riconoscerlo.
Ripensai anche al fatto che avevo pagato Seon per tenerlo lontano da Jungkook, ma Seon aveva staccato il turno da un bel pezzo.
Perciò tutto era andato a farsi fottere, tanta fatica per niente e soldi regalati.
Diedi le spalle ad entrambi e mentre stavo uscendo Joon mi chiese di chiudere la porta del terrazzo.
Quella fu la stangata finale.
Mi fidavo di lui, lo conoscevo da anni, sapevo quanto mi volesse bene, quanto ci tenesse alla mia serenità.
Non si sarebbe mai comportato da maleducato, non mi avrebbe mai fatto fare brutta figura.
«Sarò diretto ti avverto», intimò Joon, guardando Jungkook dritto negli occhi.
«Non ti conosco affatto, però conosco tutti quelli come te. Lavoro tutti i giorni a stretto contatto con quelli del tuo ceto sociale, ed ho visto tante cose, so com'è la vostra vita, so come stanno quelli che cercano di starvi affianco, so come agite e so già come andrà a finire. Di sicuro tu non sei diverso da tutti gli altri. Puoi mollarmi un cazzotto quando vuoi, non me ne frega nulla, ma sarò sincero in maniera crudele», sibilò.
Jungkook ascoltava in silenzio a braccia conserte.
«Non so se Amanda ti ha raccontato la sua storia, nel caso non l'avesse fatto aspetta di sentirla e poi sii una persona con un briciolo d'onore e prendi una decisione», sputò tutto d'un fiato, «Perché se decidi di restare, di andare fino in fondo con lei, non puoi farlo in maniera superficiale, ha già sofferto abbastanza»
Joon stava tirando fuori tutto quello avrebbe voluto dire fin dal primo momento in cui aveva saputo chi era il ragazzo misterioso.
«Non mi interessa il tuo nome, cosa fai per vivere o da dove vieni. Se ti azzardi a farle del male o a metterla in una brutta situazione, te la farò pagare», concluse.
L'altro che era rimasto rispettosamente in silenzio prese la parola, «Ora posso parlare io?»
Ero seduta al bar con la faccia appoggiata al bancone freddo.
Avevo acchiappato una bottiglia a caso, non badai a niente, l'importante era che fosse un liquore forte da buttar giù.
Iniziai a riempirmi il bicchiere e di tanto in tanto tiravo su il capo dal bancone per guardare verso il secondo piano.
Erano lassù da un quarto d'ora ormai, nella mia mente si alternavano immagini angoscianti.
Eravamo rimasti solo io, Joon e i due ragazzi che si occupavano con me della stanza numero tre, il resto del personale compresa Da-mi se n'erano andati a casa.
Ripetevo ad alta voce tutti i possibili scenari e naturalmente erano tutti sconvolgenti.
Il tempo che passò fu interminabile, avevo buttato giù un bel po' di bicchierini, mi ero fatta il giro della stanza già una decina volte.
Mi ero intrattenuta a parlare con Big Lee di cose che in quel momento in realtà nemmeno mi interessavano, ed infine mi ero ributtata sul bancone.
Sentii delle voci in lontananza e mi alzai subito.
Avrei dovuto preparare un kit medico?
O forse avrei dovuto chiamare la polizia e l'ambulanza?
Ed invece con grande sorpresa scesero uno di fianco all'altro, ridendo e chiacchierando come se nulla fosse, arrivarono al bancone continuando a parlare tranquillamente, come due amici.
Ero attonita.
Joon mi guardò, «Vado a cambiarmi e ti riaccompagno a casa», mi disse.
«Alla prossima Jungkook», disse dando una pacca sulla spalla all'altro.
«Ei ci conto per la cena eh!», rispose Jungkook.
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𝙸𝚕 𝙵𝚒𝚘𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝙻𝚞𝚗𝚊
Fanfic𝐿𝑎 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡à 𝑒 𝑙𝑎 𝑏𝑒𝑙𝑙𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑞𝑢𝑜𝑡𝑖𝑑𝑖𝑎𝑛𝑎, 𝑑𝑖 𝑑𝑢𝑒 𝑟𝑎𝑔𝑎𝑧𝑧𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖 𝑖𝑛𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑎𝑠𝑜. 𝑇𝑟𝑜𝑣𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑝𝑜𝑖, 𝑙'𝑢𝑛𝑜, 𝑛𝑒𝑙𝑙'𝑎𝑙𝑡𝑟𝑎, 𝑢𝑛 𝑙𝑢𝑜𝑔𝑜 𝑖𝑛 𝑐�...