𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝟷𝟼

87 11 2
                                    

𝐃𝐎𝐋𝐂𝐄 𝐑𝐈𝐒𝐕𝐄𝐆𝐋𝐈𝐎

Battevano ancora, sulla finestra, le deboli goccioline di pioggia.
Nessuno dei due avrebbe chiuso occhio, non dopo quello che era successo.
Nei film d'amore dopo un momento di passione, i due amanti cadono sempre in un sonno profondo, quasi come se quel momento di riposo fosse dovuto.
Ed ora, mi chiedevo perché mai ci mostravano sempre una scelta tanto innaturale.
Perché chiudere gli occhi per sognare un qualcosa che puoi vivere ad occhi aperti?
Non avrei mai e poi mai chiuso gli occhi, non avrei mai e poi mai scelto di non guardarlo.
Ce ne stavamo così, distesi e inermi, su quel materasso impregnato di noi.
Il lenzuolo stropicciato appoggiato sui nostri corpi nudi.
Il mio viso sprofondato nel cuscino rivolto verso di lui, sorrideva.
Il mio volto sorrideva di nuovo.
E non parlo di un sorriso pigro, ma di una luce viva e sincera.
Le sue dita spostarono via la mia frangetta.
Sfatta e mossa dall'acqua, si era asciugata in maniera naturale.
Anch'io, anche il mio spirito si era asciugato in maniera del tutto naturale.
Spostò i ciuffi che ormai erano cresciuti fin troppo e coprivano il mio sguardo.
E lui voleva il mio sguardo.
Mi baciò dolcemente, baciò anche i miei occhi.
«Vado a farmi una doccia», disse.
«Allora io preparo il caffè»
Si tirò su rimettendosi addosso l'intimo ancora umido, ma prima di varcare la porta della camera da letto si girò verso di me, «Dov'è la polaroid?»
«È sopra il tavolo nel salone, cosa vuoi farci?»
Ero sorpresa da quella richiesta inaspettata, involontariamente lo stavo influenzando con la mia passione.
Era questo che ci stavamo facendo a vicenda, ci facevamo del bene e nient'altro.
Sorrise senza rispondermi e poco dopo tornò con la polaroid in mano.
«Vieni qua voglio scattare due foto, una per te, ed una la porto via con me»

Mi alzai curiosa, riacciuffai una maglietta che era a terra da non so quanto tempo ormai e la indossai velocemente

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Mi alzai curiosa, riacciuffai una maglietta che era a terra da non so quanto tempo ormai e la indossai velocemente.
Non sapevo cosa volesse fotografare.
Si mise di fronte il letto.
Scattò.
La polaroid emise il classico suono di un momento catturato, tirò via la foto.
Scattò ancora.
Di nuovo quel suono.
Fotografò quel letto, sfatto e mosso come onde in un mare tempestoso.
In quel letto avevamo annegato le nostre paure, i nostri tormenti.
«Dobbiamo vivere alla giornata, perciò da oggi in poi quando saremo insieme fotografiamo un momento»
Mi lasciò un bacio rumoroso sulla guancia, mi passò la macchina fotografica e andò verso il bagno.
Rimasi immobile e commossa da quel gesto e da quelle sue parole.
Il profumo del caffè pervase l'intero appartamento.
Macinai accuratamente i chicchi, quel suono chiassoso avrebbe a breve scaldato i miei pensieri.
Svuotai delicatamente la polvere marrone nel contenitore.
Per quanto fossi attenta, la mia sbadataggine aveva sempre la meglio, finivo per sporcare il bancone con la polvere scura.
Aggiunsi infine dell'acqua, che pigramente non rimettevo mai, aspettavo che il contenitore si svuotasse prima di aggiungercene un po'.
Scelsi le stesse tazze con cui avevamo fatto colazione ore prima e feci scendere abbondantemente quel liquido aromato e caldo.
Dal bagno arrivava il rumore del phone acceso, si stava asciugando i capelli.
Avevo già attivato l'asciugatrice con i suoi vestiti dentro e in men che non si dica erano già asciutti e pronti per per essere rindossati.
Li avevo appoggiati accuratamente fuori dalla porta.
Davanti la finestra del salone c'era una panca incassata al muro e rivestita con un unico cuscino.
Mi sedevo sempre lì quando volevo gustarmi il caffè, aprii la finestra per far entrare l'aria fresca.
La tempesta se ne stava andando.
Ci aveva accompagnati per tutta la mattina, ci aveva guariti e spinti al limite, ed ora ci stava lasciando.
Non potei fare a meno di pensare che forse si sarebbe recata altrove, forse chissà, avrebbe fatto sbocciare altri fiori, avrebbe forse aperto altri cuori.
Assorta nei pensieri non mi accorsi che lui era già lì, con la tazza di caffè caldo tra le mani.
Si mise comodo osservando fuori, diede una sbirciata al cielo, «Tra un paio di giorni sarà il mio compleanno»
L'imbarazzo mi investii come un treno in corsa cogliendomi di sorpresa.
Fissai il mio sguardo su di lui, «Cosa? Non sapevo fosse il tuo compleanno..»
«Ma no, non ti preoccupare, anzi mi piace il fatto che non sai niente della mia vita», rispose ridacchiando mentre si accomodava, «Con te posso scoprirmi pian piano»
Ero forse l'unica persona in questo mondo che non conosceva il giorno in cui era nato.
«Come festeggerai?»
A quella mia domanda assunse un'espressione pensierosa, «Mh.. Non farò chissà cosa, metà giornata sarà occupata dalle solite cose che dobbiamo fare, l'unica nota positiva è che posso sgarrare quanto voglio. Spegnerò le candeline in diretta come sempre, poi starò con gli altri, andremo a cena e ci ubriacheremo alla grande»
Per quanto la sua vita mi sembrasse sempre frenetica ero felice che nel giorno del suo compleanno potesse sentirsi più libero del solito.
«Però mi chiedevo se.. Se magari volessi festeggiare in anticipo con me, la sera prima sono libero da impegni e magari porto Taehyung»
Un altro giorno con lui.
Non pensai ad altro.
Solo ad una nuova possibilità di rivederlo.
«Certo che voglio, non devi nemmeno chiedermelo. Allora chiederò a Sun di accompagnarmi, non vedo l'ora di vedere la sua faccia quando le dirò della serata»
Mi venne da ridere al solo pensiero di vedere il volto della mia amica sbiancare.
«Cosa vorresti fare per il tuo compleanno?», chiesi con occhi sognanti.
«A dir la verità ancora non saprei magari vediamo al momento»
Non me la stava raccontando giusta.
Più tempo passavo con lui più imparavo a conoscerlo e quella sua piccola increspatura sulla fronte mi fece capire che lui già sapeva cosa volesse fare.
«Sai io e mio fratello nel giorno del nostro compleanno abbiamo inventato questa cosa stupida..», mi venne da ridere al pensiero dei momenti passati, probabilmente la mia espressione risultò amareggiata e questo perché ne sentivo la mancanza.
«Praticamente qualsiasi cosa decidiamo di fare in quel giorno, l'altro non può rifiutare di farla e questa idea folle vale anche per il regalo»
«È un'idea geniale, andata!»
«Attento a te, vedi non esagerare, perché te la farò pagare quando toccherà a me»
Si portò una mano alla bocca, «Giusto! Ora che ci penso neanche io so quand'è il tuo compleanno»
Non sapevamo quasi niente l'uno dell'altro, eppure avevamo già vissuto così intensamente.
«Il mio compleanno è l'ultimo giorno di ottobre»
Quel suo splendido sorriso si smorzò appena, un pensiero deciso gli saettò nella mente.
«A cosa stai pensando?», chiesi con timore.
Si stropicciò il viso con entrambe le mani, «Accidenti.. Volevo aspettare per dirti questa cosa, però visto che ormai abbiamo preso questo argomento è giusto che te lo dica ora. Non credo che riuscirò ad esserci per quel giorno Amanda, il fatto è che i primi giorni di ottobre partiremo per il tour e staremo via mesi interi»
Lo tranquillizzai subito, non volevo assolutamente che si sentisse in difetto o in debito.
Conoscendo le sue manie di perfezionismo sapevo che se non l'avessi fatto, quasi sicuramente non avrebbe pensato ad altro per tutto il giorno.
«Hey, ora ti dico questa cosa. Odio festeggiare il mio compleanno, non è una cosa a cui tengo, non me ne importa assolutamente nulla e inoltre come ci siamo detti non pensiamo al domani. Viviamoci la giornata senza fare programmi e male che va te la farò pagare appena ne avrò di nuovo l'occasione»
Si era rattristato, cercava di camuffarlo e me ne accorsi di nuovo.
Lui stava diventando pagina dopo pagina un libro aperto ai miei occhi.
Si schiarì la voce dopo una bella sorsata di caffè, «È la mia prima volta nel vivere alla giornata, sono anni che vivo meccanicamente senza che io possa spostare una virgola. Sento che devo dare tutto adesso prima che sia troppo tardi, ed è una sfida che mi emoziona. Tu mi emozioni»
Il destino dopo avermi tolto tanto mi stava ripagando del dolore che mi aveva recato.
E mentre ce ne stavamo lì in silenzio, mentre io guardavo lui estasiata e le ore passavano armoniose, lui si era catapultato in un libro della mia libreria e leggeva intensamente.
Così pensai.
Pensai che nulla è deciso dal caso, dal destino o chi che sia.
Se non mi fosse successo quello che mi era successo anni prima, non avrei mai avuto modo di incontrarlo.
Un po' come trovarsi davanti ad una lunga strada dritta piena di svolte ai lati.
Avevo imboccato una svolta che si rivelò essere la mia fine, quella stessa svolta mi aveva cambiata e da quel cambiamento iniziai a fare scelte diverse.
Furono quelle scelte diverse a portarmi fin qui, fino a lui.
Se non avessi mai avuto paura della gente, se il panico e gli ansiolitici non avessero fatto parte della mia vita, sarei stata una ragazza libera mentalmente e fisicamente come tutte le altre.
Invece di rinchiudermi in luoghi mentali evitando il mondo, avrei vissuto al massimo ogni giorno.
Sarei andata ovunque, avrei fatto ogni sorta di ragazzata.
Conoscendo la mia passione per la musica sarei stata sicuramente una frequentatrice di concerti, e magari invece di rinchiudermi in casa con i miei dischi e libri avrei vissuto intensamente la realtà.
E forse quel giorno, quella splendida mattina d'estate, saremmo entrate prima a quel concerto.
Quel momento in cui incrociai i suoi occhi lungo la strada non sarebbe mai esistito e la margherita bianca non sarebbe mai stata racconta.
Tirò su il capo, «Hai mai letto questo libro di poesie?»
«Ancora no, l'ho acquistato di recente e ancora non ho avuto modo, perché?»
«C'è una poesia che parla di te», disse.
Si tirò su mettendosi seduto comodamente a gambe incrociate, «Non far caso all'autore, in realtà l'ho scritta io per te»
Lo disse con tono ironico e profondo allo stesso tempo e questo mi fece ridere di gusto.
Scoppiai in una risata autentica, «Ah si? Quindi in realtà la poesia l'hai scritta tu, va bene! D'accordo signor scrittore la ringrazio allora, mi legga la poesia»
Si schiarì la voce portandosi la mano chiusa in un pugno vicino alla bocca, per amplificare il gesto.
Gonfiò il petto in un respiro profondo, si tirò indietro i capelli con un gesto veloce della mano, ridacchiando tra sé e sé.
In un batter d'occhio tornò a guardarmi con compostezza.
Quel suo lato simpatico e buffo era adorabile.
«Senti qua»

𝙸𝚕 𝙵𝚒𝚘𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝙻𝚞𝚗𝚊Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora