𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝟿

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𝐓𝐈 𝐃𝐄𝐃𝐈𝐂𝐎 𝐔𝐍 𝐆𝐈𝐎𝐑𝐍𝐎

Uscimmo per ultimi dal Villaggio Namsangol Hanok, le porte si sarebbero chiuse di lì a poco.
Taehyung e Jungkook camminavano davanti a noi chiacchierando delle loro cose private, ogni tanto lui si girava per guardarmi, come per assicurarsi che fossi ancora lì, con lui.
Mentre io e Sun avanzavamo dietro le loro spalle con un po' di distanza.
L'andamento della mia cara amica era rigido e robotico, con l'espressione in viso di una guardia Svizzera, attenta ad ogni mossa di quei due.
Si comportava come se dovesse essere sempre pronta a rispondere ad una eventuale domanda o richiesta, non poteva farsi trovare impreparata o con la testa tra le nuvole.
Appena provavo a parlarle, facendole qualche domanda riguardo la sua serata con Taehyung, mi zittiva portandosi il dito alla bocca.
Si guardava intorno per assicurarsi che nessuno mi avesse sentita, con due occhi allucinati, come se pronunciare quel nome fosse vietato dalla legge.
Aveva accumulato così tanto imbarazzo quella sera che non riusciva nemmeno a conversare con me.
Arrivammo all'auto di Taehyung e con estrema gentilezza ci invitò ad accomodarci dentro l'abitacolo.
Aprì lo sportello di Sun e lei morì per la seconda volta quella sera, nemmeno lo ringraziò, entrò veloce guardando a terra.
«Torno subito, faccio una chiamata veloce, avviso l'agenzia che andremo al ristorante del signor Kim», disse Taehyung.
Jungkook annuì al suo amico e rimase in auto con noi.
L'aria nell'auto si poteva tagliare con un coltello, tant'è che lui smorzò l' imbarazzo girandosi verso di noi, «Sun è andato tutto bene con Tae stasera?»
La soldatina Sun si tirò su dritta, e sempre senza guardarlo negli occhi finalmente aprì bocca, era pronta a qualsiasi domanda.
«È andato tutto bene, certamente, ci mancherebbe! È un ragazzo molto educato e gentile, abbiamo chiacchierato dello spettacolo, nulla di più. Mi ha fatto molto piacere conoscerlo di persona, è esattamente come lo immaginavo»
Mancava soltanto che aggiungesse "𝘚𝘪𝘨𝘯𝘰𝘳 𝘚𝘪 𝘚𝘪𝘨𝘯𝘰𝘳𝘦" e il quadro sarebbe stato perfetto.
«Bene, sono contento», Jungkook mi guardò tra l'imbarazzato e il divertito, ed io abbozzai un sorrisetto.
Dopo una diecina di minuti Taehyung rientrò in auto, «Possiamo andare, mi ha dato il codice di accesso, staremo belli tranquilli. Allora ragazzi, in che direzione andiamo?», chiese.
Stavo per rispondere dicendogli di portarci a casa mia, ma Jungkook mi anticipò, «Ti inserisco l'indirizzo sul navigatore, andiamo a casa di Amanda», poi si girò verso di me, «Va bene per te?»
Taehyung rimase perplesso nel sentire con quanta sicurezza il suo amico avesse preso quella decisione, lo guardò di sottecchi, «E così sappiamo l'indirizzo a memoria èh?», disse ammiccando.
Mi venne da ridere ma resistetti, mentre Sun si portò la mano in volto, per nascondersi dall'imbarazzo di quella scenetta, e guardandomi tra le dita semi aperte della mano.
«Hyung..», disse Jungkook portando il braccio attorno al collo di Taehyung, e avvicinando la bocca all'orecchio, «Domani devo fare un po' di box, vuoi tenere i para cazzotti al posto del mio insegnante?»
«Bene! Andiamo allora!», disse Taehyung ad alta voce guardandoci dallo specchietto retrovisore.
Accese la macchina e partimmo, direzione casa mia.
Quando arrivammo a destinazione si parcheggiò sul bordo strada, a quel punto Sun prese la parola sorprendendoci un po' tutti.
«Prima che andate a cambiarvi, posso parlarti un attimo Amy?»
Finalmente Sun si era ripresa da tutta la confusione di quella serata assurda.
Scendemmo dall'auto e ci allontanammo abbastanza per essere sicure di non farci sentire dai due ragazzi.
Nel frattempo in macchina anche Taehyung ne approfittò per scambiare due parole con il suo compagno.
«Devo proprio dirtelo.. Mi piace!», esordì, «Ora che l'ho vista di persona ammetto che è molto, molto carina, inoltre si vede che è una brava ragazza. Mi piace!», esclamò con entusiasmo.
Naturalmente sapeva già tutta la storia, perché Jungkook aveva raccontato delle sue uscite notturne e con chi aveva passato il suo tempo.
La sua agenzia e i suoi compagni erano al corrente di tutto, perché queste erano le regole.
Si poteva condurre una vita normale al di fuori dei riflettori ma rispettando una serie di clausule.
Una di queste era il tenere tutti al corrente di ogni spostamento, tramite un messaggio o una chiamata.
Dovevano sempre essere rintracciabili, così che per eventuali problemi, ci fosse sempre qualcuno pronto ad intervenire.
Se il luogo, la compagnia o la situazione poteva essere rischiosa o dannosa secondo i parametri dell'agenzia, essa mandava preventivamente qualcuno per tenere in maniera discreta sott'occhio il ragazzo.
«Non avrei mai pensato che potesse interessarti una ragazza straniera», continuò Taehyung spostando lo sguardo sul suo amico.
Quello di Taehyung non era un giudizio, ma più, una curiosità.
«Sono rimasto sorpreso quanto te..», rispose Jungkook ricambiando lo sguardo.
«È così diversa da tutte le ragazze di qui. Prima di conoscerla non sapevo che un viso potesse avere così tante espressioni, e quel suo gesticolare esagerato, molto spesso sbaglia la pronuncia di qualche parola e le viene un accento particolare che mi fa sorridere..»
Sorrise tra sé e sé.
«Tutto in lei è una novità per me.. Ogni volta mi stupisce con i suoi modi fare, di muoversi o di parlare..»
Al quel punto Taehyung ne approfittò per fargli una domanda, aveva aspettato un bel po' prima di fargliela, ma dopo quella serata singolare decise che era il momento giusto.
«Ti sei innamorato di lei?», chiese sussurrando.
Jungkook appoggiò il gomito sul finestrino, portandosi la mano sulla bocca, strizzandola energicamente e tirando un sospiro.
Il suo sguardo vagava lontano.
In un primo momento non rispose, si limitò a guardare il suo amico con occhi disillusi e Taehyung sorrise teneramente a quel silenzio che valeva più di mille parole, si stropicciò i capelli con un gesto nervoso, riportò indietro i capelli arruffati con entrambe le mani e le appoggiò sugli occhi.
Tirò indietro il capo, chiudendo lo sguardo e lasciando cadere le braccia sulle gambe, «Sono fregato», aggiunse.
Taehyung era tanto felice quanto amareggiato per il suo amico.
Sapeva benissimo che quella situazione sarebbe finita presto.
Non perché qualcuno avrebbe impedito una fantomatica storia d'amore, nessuno poteva impedire niente, a nessuno di loro, mai.
Semplicemente perché sarebbe dovuta essere una "𝘳𝘦𝘭𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦" segreta, e quel tipo di segreto sarebbe dovuto durare anni, tanti anni, troppi.
Alcuni di loro ci erano già passati e Taehyung sapeva benissimo che nessuna persona innamorata avrebbe aspettato dieci anni o forse di più, nell'ombra e con così tante limitazioni.
Inoltre tutti loro erano consapevoli del fatto che se fosse emersa anche solo una piccola notizia di una loro frequentazione avrebbero dovuto rompere immediatamente la relazione, e chiudere definitivamente con quella persona.
Per non parlare delle Sasaeng, che oltre ad essere di per sé gente pericolosa, erano una vera e propria spina nel fianco.
Una spina perenne che pungeva costantemente.
Erano quella piccola fascia di popolazione che avrebbe messo a rischio la vita della coppia.
«Non credo che posso tornare indietro, è troppo tardi.. Ma sento che lei non vuole aprirsi con me e non capisco perché..»
Così Taehyung fece un piccolo gesto inaspettato cogliendo di sorpresa l'amico che gli era seduto a fianco.
Tirò giù il parasole, «Cosa vedi?», chiese diretto.
Jungkook alzò il viso ciondolante, vedeva soltanto il suo riflesso in quel piccolo pezzetto di specchio, «Cosa dovrei vedere.. Vedo il mio riflesso», rispose perplesso con una nota malinconica.
«Esatto hyung, ed è esattamente quello che vede lei»
Tae era perspicace, gli era bastata quella sera per capire com'era la situazione.
«Forse lei sta aspettando di vedere chi sei davvero prima di aprirsi. Lei sa chi sei agli occhi degli altri, sa come vieni visto da tutti, e forse è proprio per questo che non riesce a farlo»
Taehyung rimaneva spesso in silenzio e questo lo rese col tempo un buon osservatore.
«Io, te, o chiunque altro di noi, siamo sulla stessa barca, è una cosa che dobbiamo imparare ad affrontare. Mostragli che sei un ragazzo come tutti gli altri»
«Posso esserlo davvero?», chiese afflitto.
C'era una nota di amarezza in quella domanda.
«Devi o te ne pentirai», rispose Taehyung.
«Sto cercando di farle vedere chi sono, voglio fare dei passi importanti ma devo farli con calma perché sento che potrei ferirla da un momento all'altro. Quando sono con lei ho sempre questa sensazione che si attanaglia dentro la mia mente. Il fatto Tae è che lei non è forte come vuol far vedere a tutti, si mostra sicura di sé, a volte anche al limite dell'arroganza, per difendere se stessa potrebbe addirittura prendere a pugni qualcuno, e non sto scherzando al riguardo. Dietro tutta una facciata di finzione c'è la vera lei, è molto timida e chiusa in sé stessa, ed io non ho molta esperienza con persone così sensibili.. Non so quasi nulla di lei perché non vuole aprirsi con me, questa cosa mi fa impazzire!»
A quel punto Taehyung gli diede un consiglio da amico, «Allora aspetta che sia lei a dirti se prova qualcosa per te, non farlo tu. Diventa un confidente, un sostegno, una nuova figura a cui non è abituata. Fai fare a lei un passo in avanti»
Jungkook annuii con un gesto del capo e spostò lo sguardo sullo specchietto retrovisore.
«Quando hai intenzione di dirle che potrai vederla solo un giorno a settimana?», chiese Taehyung.
L'agenzia aveva dato un consiglio a Jungkook, e cioè quello di vederla non più di una volta a settimana.
Almeno per un po', per avere il tempo necessario di sistemare la storia con le Sasaeng che erano state denunciate.
«Glielo dirò stasera», rispose Jungkook.
Contemporaneamente fuori dalla macchina i discorsi erano ben altri.
«Il mio cuore non può reggere una cosa così, se la serata continua in questo modo stai a vedere che mi viene un infarto! Mi dispiace ma è troppo! Aspetta.. Forse sono morta e non lo so, perché appunto sono morta, e quindi non me ne rendo conto. Non dovevo morire così giovane, avevo tutta la vita davanti..».
Mentre mi parlava, singhiozzava, le sue emozioni andavano su e giù, una montagna russa con salite vertiginose e discese ripidissime, tra risatine isteriche e singhiozzi.
Non c'era verso di calmarla, «Sun ti prego smettila mi stai spaventando»
«Non riesco a concepire il fatto che in quella macchina», disse indicando l'automobile con i due seduti dentro, «Ci siano.. Ta..»
Completai io la sua frase, «Taehyung e Jungkook»
A quel punto mi venne spontaneo chiedergli qualcosa in più riguardo il momento in cui ero stata assente al villaggio.
«Sun ma è andato tutto bene quando siete rimasti soli?»
«Ma stai scherzando? Non ricordo praticamente niente», mi rispose diretta.
Iniziò a fare mente locale e senza accorgersene si stava calmando, aveva spostato tutta l'attenzione nel ricordare.
«Ricordo che mentre ero seduta si è messo ad osservare i fiori, ed io ho ringraziato il Signore perché ha creato quei cavolo di fiori che lo tenevano occupato. Poi si è seduto vicino a me ed ha iniziato a spiegarmi tutta una serie di cose assurde sui fiori, come la loro origine, i colori, la forma e cose così.. Qui non ricordo più tanto. Ah! Poi, è passato a parlare dello spettacolo con la leggenda della sirena e tutta l'immensa trama storica che c'è dietro. Non pensavo sapesse così tante cose, è davvero un tipo colto..»
«E tu di cosa gli hai parlato?», chiesi ingenuamente.
Mi guardò sbattendo le ciglia più volte, «Io? Di niente Amy»
«In che senso niente? Non hai mai aperto bocca?»
«No.. In effetti, no»
Ci guardammo interdette.
Sentii lo sportello dell'auto aprirsi, io e Sun ci girammo contemporaneamente, era Jungkook che era sceso dalla macchina.
«Arrivo», dissi.
«Sun te la senti di aspettare in auto o vuoi salire in casa con noi?», le chiesi ancora un po' preoccupata.
«Ma sentiti con che tono pronunci la parola "𝘯𝘰𝘪"»
L'avevo recuperata, era finalmente rinsavita, finalmente riconoscevo la mia Sun.
«Aspetto in auto non ti preoccupare. Siamo in ballo e allora balliamo, quando mi ricapita più una serata così», si diede una sistemata veloce ai capelli e al vestitino, si diresse verso la macchina e salì dentro.
Jungkook già si era avviato verso il mio appartamento, mi stava aspettando appoggiato alla ringhiera davanti la porta di casa.
Lo raggiunsi ed entrammo in casa.
«Credo che dovremmo farci una doccia veloce, l'acqua del lago era terribile», disse.
L'aria calda ci aveva asciugati per bene, lasciandoci però completamente appiccicati e sporchi.
«Hai ragione», risposi, «Vado a prendere dei panni puliti»
Jungkook vagò per il salotto, osservando e forse cercando quel qualcosa in più che gli raccontasse della mia vita.
Finì in cucina, aprì il frigo e rimase di stucco nel vederlo vuoto, poi l'occhio gli cadde sul tavolo in cui sopra vi erano sparpagliate tante fotografie.
Si avvicinò e si mise ad osservarle con attenzione.
Ero andata in camera e avevo scelto il cambio d'abito per entrambi.
La mia salopette di jeans preferita che avevo messo a lavare era asciutta, era la stessa di quella fatidica sera, per sotto presi una maglietta a maniche corte a caso, scelsi il verde smeraldo.
Stavo iniziando a finire le tute sportive, questa era già la seconda volta che preparavo dei vestiti per lui.
Mi diressi in bagno per preparare tutto l'occorrente per la doccia e quando tornai nel salone lo ritrovai che stava guardando le fotografie.
«Sono davvero belle Amanda», disse guardandomi negli occhi.
Era emozionato ed io mi emozionai a mia volta.
Quella era la prima volta che qualcuno guardava con tanto apprezzamento gli scatti che avevo catturato.
Mi fece sentire apprezzata nel profondo, quella scossa di incoraggiamento mi serviva come l'ossigeno.
Erano gli occhi più sinceri che avessi mai visto.
Poi tra tutte le foto trovò la prima fotografia che gli avevo scattato a casa mia.
Lui e la luna.
La tirò su e mi sorrise.
Lesse ad alta voce la dicitura scritta infondo nella parte bianca che avevo dato a quel momento.
«L'uomo della luna»
Quella sua voce rauca e profonda mi faceva sentire male per quando mi facesse sentire viva.
«È così che mi vedi? Come una persona difficile da raggiungere?», chiese sincero.
«Non proprio, infondo ti ho raggiunto sei qui», risposi sorridendo, «Forse un giorno ti dirò come ti vedo»
«Aspetterò allora»
Posò la foto, fece il giro del tavolo e si avvicinò a me, «Vado prima io o vai prima tu?», chiese.
Mi ero persa nel suo sguardo.
«Dove..», dissi.
Indicò con il dito il bagno, poi ridacchiò.
«Ah! Scusa.. Vai prima tu», mi sentii avvampare.
Annuii ed entrò in bagno ma prima di chiudere la porta si affacciò sull'uscio, «Se vuoi possiamo farla insieme c'è spazio per entrambi», disse ridacchiando.
Lo stava facendo apposta, voleva mettermi in imbarazzo, ci aveva preso gusto nello stuzzicarmi.
Ma io ero una maestra in questo, non poteva insegnarmi niente.
«Ma non scherzare, non reggeresti nemmeno due secondi con me lì dentro completamente svestita»
Mi guardò con due occhi sorpresi, enormi, non si aspettava tanta sfacciataggine, non da parte mia almeno.
«Mi servirà dell'acqua ghiacciata», rispose, «Ragazzina questa da te non me la aspettavo», chiuse la porta.
Mi fece ridere, così tanto e di gusto da farmi uscire una lacrima, quella sua faccia da mille sfumature, quel suo modo di parlare, mi divertivano da morire.
Sapeva essere serio, sapeva essere estremamente dolce, e sapeva essere così divertente.
Fu veloce, uscì dal bagno lindo e pinto, con i capelli asciutti e sistemati, lasciando dietro di sé una scia a me familiare.
«Ti sei messo il mio profumo!»
Mi tirò un'occhiatina divertita ed entrai io.
Mi lavai velocemente, non mi truccai neppure, asciugai i capelli e li lasciai morbidi, liberi e svolazzanti.

𝙸𝚕 𝙵𝚒𝚘𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝙻𝚞𝚗𝚊Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora