VI: Incontro un Centauro senza cavallo.

1.6K 116 10
                                    

Nico era sicuro di voler aiutare quei Cacciatori. Era rimasto davvero incuriosito da tutta la faccenda e specialmente dalle parole del Padre. Però, non aveva voluto rivelargli di più e Nico, nel suo sguardo, aveva letto un immenso orgoglio nel trattenere le informazioni.
Ovviamente, il ragazzo si era arrabbiato, aveva provato a discutere, ma le sue parole erano state alquanto inutili.
Intanto, ancora immerso nel pensieri di quei giorni, si ritrovò a salire le scale che lo separavano dalla porta della casa dello Stregone.
Sperava davvero di trovare Alexander e il suo sorriso così rassicurante.
Non che Magnus non fosse una brava persona, ma il suo essere così estroverso metteva molto a disagio Nico.
Non capiva come Magnus ed una persona timida come Alec potessero stare insieme, insieme per davvero.
Altro argomento imbarazzante, per lui.
Una volta che Nico ebbe suonato alla porta si ritrovò davanti lo sguardo penetrante dello Stregone.
«Piccolo figlio di Ade.»
Magnus alzò un sopracciglio, osservando Nico e facendolo sentire ancora più piccolo e a disagio.
«Ciao. C'è Alexander?»
Lo Stregone continuò a mantenere quello sguardo di superiorità.
«No, ora non c'è. Posso fare qualcosa io, per te?»
No, decisamente.
«No, no. Dovevo solo riferire un messaggio... da parte di Percy.»
Un gatto apparve, proveniente dal salotto e si insinuò tra le gambe del padrone. Con una certa sorpresa, Nico si accorse che il gatto non stava scappando avvertendo la presenza del semidio.
«È abituato alla magia e ad altre bizzarrie» spiegò Magnus Bane, come se avesse letto il suo pensiero.
«Uhm, bene.»
«E poi, Percy non può fare una telefonata? Manda te come sua civetta?»
Lo Stregone aveva accennato un sorriso divertito.
A quanto pare, si stava riferendo a qualcosa che Nico non conosceva e capiva.
«Noi semidei non usiamo la tecnologia, specialmente i cellulari. È come se fossero dei rilevatori per farci trovare più facilmente dai mostri» spiegò brevemente, mentre l'altro annuiva interessato.
«Ora vado, a presto» salutò e andò via.
Lo Stregone gli fece un cenno di saluto con le dita, dalle quali (ma forse il ragazzo aveva visto male) stavano fuoriuscendo delle scintille blu.

*~*~*

La luna alta nel cielo faceva intuire che era già notte fonda, mentre Percy continuava a muoversi nel letto, in preda agli incubi.
"Perché lei non è qui con me? Guarda nei miei occhi, sorella mia, mia sposa e vedrai il mio tipo d'amore."
Il sogno era confuso e rumoroso. Poi, ad un tratto, tutto cessò.
Percy si ritrovò in un luogo a lui sconosciuto, che celava una calma apparente. Aveva i brividi.
Il luogo era una grande casa, ben arredata e sulle pareti si potevano osservare quadri di diverse persone in divise nere.
Percy camminò lungo il corridoio e si ritrovò in una camera chiusa.
«...io vado a controllare di là, tu resta con lui.»
Quella voce gli era familiare, ma non riuscì a capire a chi potesse appartenere.
Solo due figure dai visi sfocati animavano il suo incubo: un bambino, che tra le mani stringeva un fumetto ed un ragazzo alto, dai capelli neri. Percy lo vide con un paio di occhi rossi e rabbrividì ancora.
«Tu mi hai visto, vero ragazzino?»
Il piccolo scuoteva freneticamente il capo.
«Io... io non ho visto nulla.»
La grande mano del ragazzo era già in alto e brandiva un'arma, e Percy si sentiva come immobile.
Avrebbe voluto reagire, ma sarebbe cambiato qualcosa? Se quell'avvenimento stava per accadere, era già destinato ad avverarsi?
Eppure Percy sentiva quell'incubo come se fosse un lontano ricordo.
«Non lo dirò a nessuno» stava gemendo il piccolo, mentre tra le mani stringeva ancor più il giornaletto.
«Su questo hai ragione: non lo dirai mai a nessuno.»
E la mano scendeva con furia cieca verso il corpo esile del piccolo.
Improvvisamente, il volto del bambino era chiaro e limpido e Percy riconobbe, in quella pelle candida e negli capelli neri, una vaga somiglianza ad uno dei Cacciatori. A due dei Cacciatori, in realtà...
L'ultimo squarcio di incubo fu l'immagine sanguinante del ragazzino, steso a terra. Morto.

Percy si svegliò di soprassalto. Aveva il respiro affannato e gli occhi offuscati da qualche lacrima.
Non avrebbe di certo pianto, ma tante domande affollavano la sua testa.
Il sole era appena sorto e stava illuminando pian piano tutta la collina ed il Campo.
Percy era confuso, disorientato e questi erano i momenti in cui parlare con Chirone si sarebbe rivelato utile.

«Che vuol dire che Chirone non c'è?»
Mr. D era beatamente steso su una sedia a sdraio e sorseggiava un the freddo, mentre osservava il sole sorgere.
«Significa quello che ho detto, Perry
Percy scosse la testa, non pensando al fatto che, ancora una volta, quel dio avesse sbagliato di proposito il suo nome.
Erano giorni che Dioniso non tornava al Campo ed ora che era lì era ovviamente inutile.
«Posso sapere almeno dov'è o quando tornerà?»
Il dio sorseggiò ancora il suo drink e sospirò.
«Ah, Apollo, sempre così lento a far sorgere il sole...»
«Cosa?»
«Il luogo in cui si trova non ti riguarda e non so quando ritornerà. Fine conversazione.»
Percy alzò gli occhi al cielo e andò via, era inutile continuare a parlare con chi non aveva voglia di ascoltare.
Si sarebbe tenuto i suoi pensieri per sé, almeno per il momento.
Percorso lentamente l'intero Campo si diresse verso la spiaggia. Il tiepido calore della sabbia e specialmente l'acqua del mare lo avrebbero fatto sentire meglio. Magari avrebbero lavato via quell'orrenda sensazione di di impotenza...

*~*~*

Dopo la visita del semidio, la sera prima, Magnus era andato a letto, ma era stato davvero difficile addormentarsi. Aveva passato una notte insonne al fianco di Alec (giunto al loft a notte fonda) e aveva parlato. Ad un certo punto, anche da solo. Ed ora era in piedi e mezzo addormentato, avvolto nella sua magnifica vestaglia rosa fluo, "acquistata" in Brasile una settimana prima.
Si preparò un caffè e assaporò l'aroma del profumo provenire dalla macchinetta.
Si appoggiò alla finestra ed osservò le strade di Brooklyn che lentamente si riempivano di gente: chi cominciava a lavorare, chi tornava a casa dopo una notte di sballo. I mondani, creature che avrebbero fatto di tutto pur di dimenticare i problemi per una notte.
Lo sguardo di Magnus venne catturato da un piccolo furgone che aveva appena parcheggiato davanti casa sua.
Indietreggiò spaventato e confuso, quando, dal posto del guidatore uscì una strana creatura con il corpo ricoperto da... occhi!
Magnus ne rimase un attimo affascinato. La strana creatura aprì le portiere e fece scendere un uomo dall'aspetto maturo e ben vestito, seduto su una sedia a rotelle.
Lo Stregone accennò un sorriso, anche perché, una coppia così non poteva che essere diretta alla dimora del Sommo Stregone di Brooklyn.
Schioccò le dita e si ritrovò vestito di tutto punto e, quando i due si avvicinarono alle scale e il signore ben vestito suonò al citofono, Magnus fece apparire per lui un ascensore che lo avrebbe portato direttamente davanti alla porta del loft.
Infatti, così fu e pochi minuti dopo, Magnus era davanti all'entrata ed osservava l'uomo davanti a sé.
«La ringrazio per l'ascensore, è stato gentile da parte sua.»
Magnus sorrise.
«Prego, entri pure.»
Forse era troppo incuriosito dalla faccenda per capire che stava facendo entrare in casa uno sconosciuto.
«Posso chiedere lei chi è?»
L'uomo si voltò verso lo Stregone e allungò una mano verso di lui.
«Piacere, Magnus Bane, io sono Chirone e so che stai collaborando con i miei protetti.»
Oh.
Lui era Chirone.
Magnus si chiese dove avesse lasciato il cavallo.
«Il piacere è il mio, immagino. Ma vedo che lei sa già chi sono.»
«Percy mi ha parlato di lei, Mr. Bane ed io ero davvero curioso di capire chi stesse aiutando loro ad investigare.»
Chirone sorrise e non sembrò troppo sconvolto dall'abbigliamento di Magnus o dai suo occhi di gatto.
«La situazione è davvero delicata, c'è bisogno del massimo dispiegamento di forze.»
«Esattamente.» Però, Magnus era davvero confuso. Perché scomodarsi a venire fin lì solo per dire quelle parole? O solo per conoscerlo?
Certo, lui era fantastico e famoso, ma l'incontro con Chirone era qualcosa di strano, quella mattina.
«Sarei potuto venire io da lei.» Magnus fece un leggero cenno alla sedia a rotelle.
«Questa è solo per contenere la mia vera forma, non si preoccupi. Inoltre, il Campo è invisibile agli occhi degli altri.»
«Sa, non sono comunemente aggiunto nel gruppo de "gli altri".»
Il Centauro sorrise ed annuì brevemente.
«Ma Chirone, perché lei è qui?»
«È l'ora che anche io racconti quello che so, poi valuteremo assieme se dirlo ai cacciatori e ai semidei. Va bene?»
Magnus scrutò il volto dell'uomo, cercando qualche segno di ipocrisia, che però non trovò.
«Okay, la ascolto.»
Si aggiustò la camicia azzurra, i capelli e si sedette di fronte a Chirone.

Demigods in the ShadowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora