Alec era immobile davanti ai detriti di un loft che, un tempo, considerava casa sua. Era così strano vedere distrutto qualcosa che si era creduto immortale, forte e resistente ad ogni colpo. Pensare quelle cose non lo aveva di certo preservato dalle preoccupazioni, ma gli aveva dato qualche speranza in più.
Speranza che non ci si aspettava di vedere frantumata lentamente, mattone dopo mattone.
Il Cacciatore fece qualche passo avanti tra i detriti di una felicità che era stata costruita faticosamente, anche attraverso il dolore e le sventure.
I piedi scricchiolarono sopra i resti dei vetri infranti, producendo un rumore simile a quello di ossa spezzate.
Qualche striscia di fumo superstite rendeva il panorama ancora più funereo, come se sapesse il significato di quel giorno.
Ad Alec non importò di sporcarsi i pantaloni bianchi, ne di procurarsi eventuali ferite a causa dei detriti, perché quelle sarebbero guarire. Quindi si inginocchiò tra i pezzi di quello che sembrava un divano e i resti di un mobile del soggiorno (forse, poiché era difficile distinguere tutte quelle cose tra la cenere e alla fine, neanche aveva importanza).
Lo sguardo del Nephilim vagò per un po' tra le macerie della felicità, lanciando che gli occhi fissassero prima una striscia di fumo, poi un piccolo fuoco, poi pezzi di uno specchio che mostrava il cielo azzurro.
Il sole del tramonto rifletteva su quel piccolo e sporco pezzo di specchio rotto, facendo apprezzare al ragazzo il calar del sole anche in quella circostanza.
Non importava quanto dolore ci fosse sulla Terra e nei cuori delle persone, le cose belle, speciali, rimanevano tali per sempre, immutabili e speciali.
Un po' come lo era stato Magnus, immortale e speciale. Bellissimo e pericoloso.
Sorprendente e tanto amato.Alle spalle di Alexander, si era riunito un gruppo di persone. C'erano gli Shadowhunters, alcuni Semidei, c'era perfino Chirone.
Tutti i loro volti tradivano il dolore che, in realtà, stavano sentendo. Chi più, chi meno.
Isabelle, Clary, Catarina e Jocelyn sembravano sconvolte, come se non riuscissero a metabolizzare ancora l'accaduto.
Jace era seduto sull'asfalto scuro, intento a tenere sotto controllo lo stesso dolore che Alec stava sentendo. Per questo, non riusciva neanche a stare in piedi.
Più indietro, Percy fissava un punto indistinto del vecchio loft dello Stregone: non ce la faceva proprio a non sentirsi in colpa. Annabeth, al suo fianco, gli stringeva ancora tanto forte la mano. Forse non aveva mai smesso da giorni.
Tutto quello era stato fatto per rendere omaggio al Sommo Stregone di Brooklyn, nonostante Alec si fosse inizialmente opposto. Non gli andava proprio di camminare, respirare, vivere, dopo la notizia che aveva ricevuto da Jace.
Il parabatai gli si era avvicinato così lentamente, quando ancora erano in infermeria e Alec gli aveva sorriso, grato di vederlo sano e salvo dopo così tanto tempo.
A stento poté credere alle sue parole successive. Aveva sperato fino alla fine che fosse uno stupido scherzo, che, appena messo piede fuori dall'Istituto avrebbe trovato Magnus fuori nel giardino, ad attenderlo seduto su qualche panchina...
La consapevolezza della realtà, invece, era arrivata così velocemente che Alexander non era riuscito a sopportare il dolore. Aveva urlato, minacciato di distruggere qualunque cosa e deciso che non sarebbe stato felice mai più nella propria vita.
«Forse dovremmo dire qualcosa. Ognuno di noi, magari condividere con tutti i presenti un ricordo che abbiamo, insieme a... Insieme a Magnus» propose Luke, quasi sotto voce.
Alec riuscì a sentirlo ugualmente e si accorse anche che, dopo un paio di minuti nessuno aveva ancora detto nulla.
"Dovrei dire qualcosa?" si chiese, ma era restio a condividere qualcosa con i presenti, specialmente in quel momento.
Con il dito scrisse qualcosa sul pavimento sporco, approfittando del fatto che ci fosse la cenere: "Ti chiedo solo di smettere di essere morto." (*)
Un leggero mormorio cominciò ad elevarsi alle spalle dello Shadowhunters; forse, qualcuno aveva cominciato a condividere i ricordi che aveva di Magnus.
Alec preferì comunque rimanere a terra, inginocchiato ad osservare il pezzo di specchio che continuava a riflettere il tramonto.
Il brusio cominciò ad essere più forte e fastidioso, tanto che il Cacciatore alzò la testa. Era stanco di stare tra le persone, voleva tornare all'Istituto, chiudersi in camera e restare lì per il resto dell'eternità.
Quella parola (eternità) fece apparire un sorriso amaro sulle labbra, dato che gli portò alla memoria tanti, tanti ricordi, ovviamente legati a lui.
Si alzò, sentendo ancora i detriti scricchiolare sotto le scarpe e, quando si girò, per poco non svenne.
Davanti a lui erano apparse due figure e una di loro era, era...
«MAGNUS.»
Urlò con tutta la voce che aveva in corpo, come avesse cominciato a dare sfogo a tutto il dolore.
Magnus si alzò a fatica dal pavimento, ma appena sentì la voce di Alec seppe che, da quel momento, tutto sarebbe andato bene.
Quando i due corpi si strinsero tra le braccia forti, fu difficile per entrambi trattenere le lacrime. E non importava che ci fosse tanta altra gente, in qualche modo, Magnus Bane era tornato e i detriti del suo loft, improvvisamente, non rappresentavano più la felicità distrutta, ma la speranza di un futuro migliore.*~*~*
Dopo aver soccorso Nico, stanco per il viaggio ombra, non fu complicato raccontare la storia ai presenti. Per Magnus, fu molto più difficile subire i mille abbracci da parte di molti, ancora increduli di averlo lì.
Quando gli occhi dello Stregone incontrarono quelli di Catarina, lei scoppiò in lacrime. Per Magnus fu così bello tenerla di nuovo stretta tra le braccia forti.
Poi le sorrise tranquillo e le sussurrò: "dopo dobbiamo parlare, mi serve il tuo aiuto."
Ad un tratto, prima ancora che Magnus potesse rendersi conto della propria casa distrutta, notò Percy alle proprie spalle.
«Mi dispiace così t-»
«Non c'è bisogno, Percy. È tutto okay, anzi dispiace a me.»
«Per che cosa?» Magnus non rispose, si limitò ad accarezzargli la testa e poi a sorridergli con fare quasi... paterno.
Percy Jackson avrebbe giurato di aver visto un'espressione sofferente sul suo volto, come se avesse voluto dire qualcosa, ma ci fosse ancora un ulteriore ostacolo.«Bene, ora posso tornare a casa...» sentenziò lo Stregone ad un tratto, quando ormai tutti erano quasi andati via.
La consapevolezza che la propria casa fosse stata distrutta arrivò dopo pochi istanti.
Urlò ed imprecò in una lingua che nessuno sembrò riconoscere. Osservò con aria inorridita quel che restava del proprio loft, piagnucolando la perdita della casa, dei vestiti, dei mobili.
«Però, il campo di energia che avevi creato ci ha protetti» disse Clary, con la speranza di migliorargli il morale.
«Mi dispiace per i tuoi libri di magia, le pozioni...» continuò Catarina.
«Ah, non devi. In caso di incendio o... esplosione, queste cose sarebbero apparse a casa tua, mia cara amica.»
«Cosa?»
«Sì, dovrebbe essere tutto nella tua soffitta.
Poi mi occuperò del loft, tornerà come nuovo...
Per i vestiti ed il resto, ognuno di voi mi accompagnerà a fare shopping.
Ognuno di voi.»
Improvvisamente, non erano rimaste molte persone intorno a Magnus.[ (*) riferimento ad una puntata di Sherlock. ]
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Demigods in the Shadow
RandomLa vita degli Shadowhunters era già abbastanza complicata a causa di demoni, Nascosti e mostri vari. La vita, però, può complicarsi ancora di più, se anche gli dei dell'Olimpo - e semidei al seguito - fanno la loro comparsa. PROFEZIA: I figli degl...