IX: La pel di carota ci delizia con una Profezia

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Alec era confuso.
Non appena aprì i suoi grandi occhi azzurri non vide nulla, non ricordò nulla.
Avvertiva solo un vago e circoscritto dolore al petto.
La cosa che più gli doleva era la testa e, per giunta, aveva la vaga sensazione di star dimenticando qualcosa di fondamentale.
«Magnus!» esclamò improvvisamente e l'unica risposta che ebbe fu l'eco della sua voce, che si avvicinava e poi spariva.
Il luogo che lo stava ospitando non gli permetteva di vedere nulla, ma fortunatamente lui aveva con sé una stregaluce.
Si toccò la tasca dei pantaloni e ne riconobbe la forma: almeno qualcosa andava bene, in quella totale confusione.
La luce prodotta gli permise di vedere poco lontano, ma fu abbastanza per notare il corpo di Isabelle steso a terra, a pochi passi da lui.
Così, il Cacciatore cercò di alzarsi, ma fu bloccato da qualcosa che lo impediva: aveva una morsa attorno alla caviglia e questa morsa era collegata ad una catena di appena mezzo metro.
Alec digrignò i denti e cercò di svegliare la sorella, ma lei sembrava dormire profondamente.
Alec sperò con tutto se stesso che Izzy stesse solo dormendo.
«Sta' tranquillo» gli consigliò una voce e il Cacciatore girò improvvisamente il capo, lasciando vagare gli occhi stanchi e approfittando dell'aumentare dell'intensità luminosa.
Il perimetro di quel luogo non era squadrato, anzi i muri e i pavimenti non lavorati ricordarono ad Alec le caverne di Edom, ma no, lui non poteva essere di nuovo lì.
«Sta solo dormendo» disse ancora la voce e a quel punto sembrò riaffiorare qualche ricordo.
Una battaglia, troppi demoni, Isabelle, una figura viola troppo veloce, gli occhi allarmati di Magnus.
Alec ricordò di essere morto, ma avvertiva il suo corpo e, cosa più importante, non avrebbe mai lasciato morire Isabelle.
«Ha vegliato su di te per molte ore.»
Nico. Ad un tratto, Alec ricordò e riconobbe la piccola e arrabbiata voce del semideo, figlio di Ade.
«Nico, sei tu?»
«Già.»
Alec allungò il braccio munito di stregaluce verso il ragazzino e lo vide: seduto a terra, le spalle contro la parete rocciosa, il viso emaciato. Però, nonostante l'aspetto tetro, non sembrava avere ferite particolarmente gravi.
«Che ci fai lì? E sai che posto è questo?» chiese lo Shadowhunter.
Lo sguardo del ragazzo sfuggiva, come se volesse evitare di essere guardato.
«Nico, per favore, se sai qualcosa dimmela.»
Il semidio sembrava sul punto di piangere, ma sicuramente si trattava solo della sua impressione a causa della testa dolorante e lo sguardo offuscato.
«Ho fatto il possibile ed ecco a cosa mi ha portato. Prigioniero nella mia stessa casa.»
Ora sì, Alexander non avrebbe capito più nulla e aveva la vaga impressione che Nico non gli avrebbe dato delle risposte.
E poi, cosa significava "prigioniero nella mia stessa casa"?
Forse... ma no, non poteva essere possibile.
«Nico, rispondi solo ad una mia domanda, per favore. Io e mia sorella siamo morti durante la battaglia?»
«Oh, no. È stato molto peggio, siete stati rapiti da lui» sussurrò il semidio, con voce spettrale.
«Lui? Lui chi? Tuo padre? Questo è il regno di tuo padre, Nico?»
Per quanto l'idea lo terrorizzasse, tutto era possibile oramai.
«Lui non rapisce più nessuno dai tempi di sua moglie, se non erro.»
«Cosa? E allora chi è stato, Nico?»
Forse qualche mostro mitologico, forse il famoso Cerbero o Caronte.
Ma Alec si sarebbe ricordato di un enorme cane a tre teste o una figura dalla lunga barba bianca (però, non credeva che Caronte fosse proprio come descritto nella Commedia).
«Allora, mi rispondi?»
Nico, però, era immobile e muto. Continuava a contemplare sofferente un punti fisso nella caverna.
«Non sprecare il fiato con lui» disse una terza voce, che si rivelò essere quella di Isabelle.
«Izzy!» Alec, seduto, si lanciò contro la sorella per accoglierla in un abbraccio, ma ricordò troppo tardi di avere una caviglia legata.
Trattenne a stento un urlo di dolore.
«Alec, sta attento.» La sorella allungò la mano in direzione di quella del fratello e le loro dita sporche di terra e sangue si toccarono.

*~*~*

Erano passati due giorni dall'incontro a casa di Magnus, dalle confessioni di Chirone e da una vaga spiegazione degli avvenimenti accaduti precedentemente.
In tutto quel tempo, di Alec, Isabelle e Nico non c'era stata traccia.
Jace, a quel punto, ne aveva parlato con Maryse, che dopo la notizia era scoppiata in lacrime, ovviamente dopo che Jace l'aveva lasciata sola. Ma il Cacciatore l'aveva sentita piangere da dietro la spessa porta del suo ufficio. Aveva pensato che, dopo la morte di Max, quella fosse la notizia peggiore.
Nonostante tutto, la donna aveva impiegato la forza di qualche Shadowhunters nella ricerca dei due Lightwood scomparsi.
Magnus aveva consigliato di non rivelarle nulla a proposito del mondo dei semidei e così il Cacciatore aveva fatto.
Anche Simon e Clary erano impegnati nelle ricerche e Magnus giurò di aver visto sul volto dell'ex vampiro uno sguardo nuovo, più determinato, ma infinitamente addolorato a causa della scomparsa di Isabelle.
Lo Stregone stesso non aveva smesso di fare incantesimi per rilevare la presenza della Shadowhunter, di Nico... e di Alec.
Non lo dava a vedere, ma stava soffrendo come non mai.
Il fatto che gli incantesimi non riuscissero a trovare i dispersi poteva significare ben due cose: la presenza dei ragazzi era camuffata da un potente incantesimo, oppure (cosa a cui Magnus non voleva neanche pensare) i ragazzi non erano più nella loro dimensione, ergo c'erano elevate possibilità che fossero morti.
Ma la runa parabatai di Jace era ancora integra e quella era l'unica speranza che manteneva tutto il gruppo in vita.
Anche i semidei partecipavano alle ricerche, o almeno alcuni di loro. Da quello che Magnus aveva intuito, un figlio di Ade non era molto ben voluto dagli altri, quindi, i semidei che stavano partecipando alle ricerche erano due: Percy e Annabeth, con il fondamentale aiuto di Grover.
«Magnus.» La voce di Simon riportò lo Stregone alla orrenda realtà.
«Jace è qui» disse Simon e poggiò la mano destra sulla schiena del Figlio di Lilith.
Magnus si sentiva ancora poco bene, ma non gli importava, aveva ugualmente accettato l'invito di Chirone di presentarsi al Campo Mezzosangue.
Più che un invito, in realtà, era un esperimento, per controllare se la Vista degli Shadowhunters e dei Nascosti coincidesse con quella dei Semidei.
Se Magnus e Jace avessero visto il Campo, su ordine di Chirone, sarebbero potuti entrare. Sarebbe stata anche l'occasione per programmare un piano d'attacco, a cosa non si sapeva ancora, ma Clarisse sembrava felice di farlo.
«Sono pronto.»
Lo Stregone aveva indossato un semplice completo nero, c'era appena un po' di trucco sui suoi occhi e i capelli erano senza gelatina, quindi ricadevano lunghi sulle spalle.
Jace fece il suo ingresso affiancato da Clary (che avrebbe continuato le ricerche con Simon) e rimase un attimo scioccato dall'aspetto di Magnus. Nonostante ciò, non espresse nessuna parola, la situazione non lo richiedeva.
Magnus si limitò a guardarlo intensamente negli occhi e il Cacciatore ricambiò lo sguardo, annuendo lievemente. Era da giorni che lo facevano, era il modo che aveva lo Stregone di controllare l'integrità della runa.
«Bene, possiamo andare» annunciò e fece un cenno a Jace.
Il cacciatore salutò con un bacio Clary, con un mezzo sorriso Simon.
Pochi minuti dopo erano in viaggio verso la collina Mezzosangue.

*~*~*

Percy era accanto all'albero che un tempo era stato Talia e che, nonostante la resurrezione della ragazza, risplendeva di forza e bellezza grazie al Vello d'Oro.
Il figlio di Poseidone era in attesa della venuta di Magnus e Jace, anche se ancora nessuno sapeva se i due avrebbero visto il Campo. Non lo disturbava il fatto che i due visitassero la sua casa, anzi. Dopo la sparizione di Nico e dei Lightwood i rapporti tra lui e Jace si erano stabilizzati, avevano altro a cui pensare e non potevano concentrarsi sulla loro "stupida ed immaginaria faida", come l'aveva definita Annabeth.
E Percy era d'accordo, almeno per il momento, dato che era ancora molto preoccupato per la sorte di Nico.
Dopo la battaglia contro Crono, i loro rapporti erano migliorati, ma Percy sentiva ancora di essere in debito.
Forse, se lo avesse salvato...
Il sole di mezzogiorno illuminò i capelli biondi di un ragazzo e la chioma scura di un altro. Entrambi erano vestiti di nero.
Inizialmente, Percy non riconobbe i due e specialmente Magnus (il volto cadaverico, l'aspetto sobrio), ma poi li vide ed alzò una mano nella loro direzione.
I due si bloccarono improvvisamente e si guardarono intorno; Magnus controllò qualcosa su un pezzo di carta, Jace si guardò intorno confuso.
Percy, intanto, sventolava ancora la mano in alto.
Si accorse che Jace lo aveva notato, quando lo guardò negli occhi e alzò di rimando una mano nella sua direzione.
Non poteva crederci! Quello Stregone e quella testa dura di uno Shadowhunter lo avevano visto ed ora stavano scendendo la collina, verso di lui, verso il Campo.


Dioniso era sparito nuovamente, quindi non ci sarebbero stati particolari problemi a causa della presenza di due "estranei".
Dopo un veloce giro tra le tante cabine - Magnus aveva dichiarato di voler far amicizia con i figli di Afrodite e di Apollo una volta che le cose fossero migliorate - Percy condusse i due alla Casa Grande, davanti alla quale c'erano Chirone (nella sua maestosa forma equina) ed Annabeth.
Percy sorrise amabilmente, non appena incrociò lo sguardo dagli occhi grigi e tempestosi della fidanzata.
«Buongiorno a tutti» disse Magnus ed intanto guardò ancora in giro, con fare curioso.
Jace sembrava, invece, un po' sopraffatto da tutto quel nuovo mondo.
«Sono scioccato! Piacevolmente, si intende. Ormai non c'è più nessun dubbio, c'è stata quasi una piena fusione dei nostri mondi» dichiarò Chirone.
«Nonostante ci siano ancora vari punti oscuri da chiarire e semidei e Shadowhunters da salvare. Avete il mio pieno appoggio e quello dei Party Pony, in un'eventuale battaglia.»
«Party Pony?» Jace sollevò un sopracciglio e Magnus gli toccò leggermente la spalla, come un'esortazione a non controbattere.
«Sembra il nome che avrebbe potuto utilizzare la band di Simon» si limitò a dire, ma, a parte Magnus, nessuno sembrò capire.
«Bene, se volete seguirmi, vi mostro l'interno dell'abitazione e possiamo-»
«Rachel!» esclamò Percy allegro, vedendo l'amica avvicinarsi a tutti loro.
Chirone e Annabeth le sorrisero, Magnus rimase indifferente, Jace sembrava ipnotizzato dal movimento dei capelli rossi della ragazza.
«Un'altra semidea?» domandò il cacciatore.
«No» rispose Annabeth «è il nostro Oracolo.»
A quel punto Magnus sembrò interessato e Percy accennò anche un sorriso.
«Oracolo?»
«Buongiorno a tutti» esclamò la ragazza, abbastanza allegra.
Percy indicò Magnus e Jace, e Rachel rimase un attimo a fissarli.
«Loro sono i nostri ospiti speciali... Magnus Bane, è uno Stregone. Lui, invece, è Jace...»
«Herondale» lo aiutò il cacciatore.
«Jace Herondale, uno Shadowhunter.»
Gli occhi verdi di Rachel brillarono sotto al sole, mente guardava i nuovi arrivati.
«Piac-»
Si bloccò improvvisamente: lo sguardo fisso, un mano allungata in avanti, mentre indicava Jace e Magnus.
Percy ebbe paura di quello che sarebbe potuto accadere, non poteva succedere proprio in quel momento.
Un fumo verde dall'odore rancido avvolse il corpo della ragazza e lei cominciò a tremare tutta, al che tutti fecero un passo indietro.
«Ma cosa sta succedendo?» domandò Magnus, sconvolto ed affascinato allo stesso tempo.
Percy non rispose, era occupato a guardare la scena con preoccupazione. Aveva sul viso un'espressione grave.
Intanto, il corpo magro di Rachel si era tutto intorpidito.
Il momento peggiore fu quando la ragazza - ormai nei panni dell'Oracolo - aprì la bocca e pronunciò quelle parole:

I figli degli dei le ombre incontreranno,
Vestiti di neri e marchiati dagli angeli questi ultimi saranno.
Di colui che è stato, il debito pagheranno,
Il mondo silenzioso e oscuro affronteranno.
E chi dello Stregone alla fine avrà chiesto,
Tornar non potrà, se non mesto.
L'unica cosa che il nemico sconfiggerà
La forza dell'incontro dei due mondi sarà.

Demigods in the ShadowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora