XVI: Il sacrificio di chi?

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Si immagina il ritorno a casa come qualcosa di positivo, qualcosa di bello. Si crede che la casa sia il luogo in cui puoi essere te stesso e stare bene con chi ti circonda.
La casa è il posto che condividi volentieri con le persone che ami...

Era passato un giorno dal ritorno dei ragazzi dagli Inferi, ma nessuno era veramente contento.
Erano tutti apparsi tra le macerie del loft dello Stregone, svenuti ma sani. C'erano tutti, mancavano solo Magnus e Nico.
Dopo l'arrivo, gli altri presenti erano subito intervenuti: i semidei si erano occupati di Percy, che dopo un sorso di ambrosia era stato decisamente meglio. Avrebbe solo dovuto riposare.
Alec, Isabelle e Jace erano stati portati all'Istituto e i Fratelli Silenti si erano occupati di loro.
Catarina era arrivata nell'infermeria dell'Istituto qualche ora dopo, trovando sveglio solo Jace. Clary e Simon si erano addormentati sulle poltrone poco comode, accanto ai loro amici.
Fu istintivo per la Stregona cercare il vecchio amico con lo sguardo, sperando di scorgerlo da qualche parte. Anche svenuto e ferito, si sarebbe occupata lei di lui, ma, in verità, non c'era... Dov'era Magnus?
«Non è tornato con noi.»
Le parole di Jace Herondale la colpirono dolorosamente e a stento poté trattenere le prime lacrime.
«La ferita infertagli da quell'essere era mortale. Ha consumato le sue ultime energie per salvare Alec, Izzy e il semidio.»
A quel punto, Catarina non seppe cosa dire, fare.
Stupido, stupido, stupido Magnus. Perché doveva fare l'eroe? Perché non aveva pensato ad un piano migliore per salvare anche se stesso?
Ingrato, egoista.
La Stregona corse via. Non voleva essere presente al momento in cui Alec si sarebbe risvegliato. Non poteva sopportare oltre, non poteva riuscire davvero a guardare lo Shadowhunter negli occhi, mentre apprendeva la notizia della morte della persona amata.
Non poteva.

*~*~*

«Dove sarà Nico? Ero sicuro che fosse tornato con noi.»
«Percy, se ciò che ricordi è vero, probabilmente Ade lo avrà tenuto lì con sé per curarlo... Sono sicura che starà bene.»
«Lo spero.»
Percy era disteso sul bagnasciuga, godendosi l'acqua salata che gli stava rimarginando anche la più piccola ferita esterna. Ma non c'era rimedio per le ferite interne, che non accennavano a guarire.
Il semidio si sentiva in colpa per Magnus, per Nico e perfino di aver portato scompiglio nel regno di Ade. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma non c'era rimedio per la morte.
Annabeth gli si avvicinò lentamente e si inginocchiò nell'acqua al suo fianco. Gli prese la mano e si limitò a tenerla stretta, sperando nel conforto di quel tocco.
Le loro vite sembravano sempre più confuse, avrebbero tanto voluto qualche momento di pace.
«Pensi che dovremmo andare a trovare gli Shadowhunters?» chiese il ragazzo, quasi in un sussurro.
«Penso che, almeno per ora, tu debba restare qui immobile e aspettare Nico, magari. Andrà meglio, Percy, credimi.»
«Sì, sapientona. Hai ragione anche questa volta» disse il Figlio di Poseidone, anche se non ne era pienamente convinto. Sperò solo le onde portassero via al più presto tutti quei pensieri.

*~*~*

Erano rare le volte in cui davvero aveva apprezzato il buio. Solitamente, amava contemplare l'oscurità più assoluta quando sapeva che, dentro di sé, qualcosa non andava.
C'erano stati tempi bui per tutti, nelle varie realtà e situazioni, ma sapeva che, alla fine, sarebbe comunque sorto il sole. Anche nei momenti peggiori come quello che stava vivendo, ci sarebbe stato un momento di pace.
Però, non voleva che la pace arrivasse con la morte, perché aveva tanto ancora per cui vivere. Tanto da fare, troppo amore da donare e un'immensa conoscenza da trasmettere a qualcuno, presto o tardi. Forse un erede, forse una semplice persona assetata di conoscenza.
Erano tante le cose che poteva fare, non riuscendo a cambiare il mondo magari, ma forse riuscendo a migliorare se stesso. Aveva una partita di scacchi in sospeso con un'amica, un "ti amo" ancora da pronunciare, fastidio da dare ad un biondino.
Amici da commemorare, amati da ricordare e un futuro da programmare, almeno in parte.
Era per quella ragione che non voleva morire, non voleva scomparire, ma vivere, vivere. Vivere ancora una volta, una nuova vita, la stessa vita, una vita fatta male, ma che gli apparteneva.
Perché fare gli eroi non aveva mai portato a nulla di buono. Se la salvezza comportava davvero il sacrificio, sulle istituzioni d'uso avrebbero dovuto indicare il sacrificio di chi e la salvezza di chi altro, perché, davvero, quella situazione era davvero uno schifo.
Perso nel buio più oscuro, la mente vagava libera, senza freni, mischiando eventi passati, sogni, desideri, amori, dolori.
Per un attimo, gli sembrò di vedere perfino quell'amico mai dimenticato, ma semplicemente sepolto nella memoria, per non soffrire.
Quel volto così familiare gli sorrideva un po', ed infatti lo Stregone si ritrovò a pensare: "dovevo aspettare di morire per vedere un tuo sorriso rivolto a me?"
«Ma tu non sei morto, stupido. Anzi, non farti vedere da queste parti ancora per molti anni, sto cercando di rilassarmi, sai?»
Già. Si ritrovò a piangere, senza un motivo preciso, forse solo a causa della nostalgia o per le parole dell'amico.
"Mi manchi, Ragnor. Ogni singolo giorno, come manchi a Catarina. Ha pianto così tanto la tua morte..."
«Porta i miei saluti a Catarina e ora basta, a parlare da solo con la tua stessa mente, non ti sembra ridicolo?
Trova in te la forza di risvegliarti.»
"Ragnor..."
«Mi manchi anche tu, ma ora basta, Magnus. Va' via da qui.»

La schiena colpì una superficie dura e quel colpo gli fece mancare il respiro per qualche secondo. Sentiva dolori in ogni parte del corpo, specialmente al fianco.
Quando aprì gli occhi, ciò che vide fu spettacolare: un trono alto almeno quattro metri sul quale era seduto Ade. Non riuscì a capire se fosse arrabbiato o meno, alla fine comprese che quella era solo la sua espressione standard per gli intrusi che avevano invaso il suo territorio.
La voce del dio tuonò e quel rumore assomigliò molto alla frase: avrei dovuto lasciare che ti disintegrassi.
Magnus non si sentì molto meglio, a quel punto.
«Però, data la mia immensa misericordia...»
Davvero? Quella misericordia doveva avere il nome di Nico Di Angelo.
«Nonostante tu abbia scaraventato mio figlio giù, lungo un muro di pietra, mi è stato riferito che è stato fatto per salvarlo... E lui ora è salvo, qui accanto a me.»
Lo Stregone fece un po' fatica a scorgere Nico, in basso, piccolo piccolo, tra le vesti del padre che sembravano vivere di vita propria. La nuova frontiera del gotico, decisamente.
Nonostante ciò, notò Nico fargli un timido gesto di saluto, per poi tornare a fissare il pavimento nero.
«Che ne è stato dell'altro Stregone?»
«Diciamo solo che la sua dimensione a parte, creata nel mio regno gli si è ritorta contro e lo ha rispedito dal luogo in cui era venuto.»
«Quindi, immagino che ora la frattura tra i nostri mondi sarà sanata...»
«Quasi, Stregone. Manca un ultimo dettaglio e sarai tu ad occupartene

Demigods in the ShadowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora