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HARRY

A volte nella vita bisogna rischiare. Non si può stare a poltrire e aspettare che tutto ciò che desideriamo arrivi da noi e dica 'ciao, sono l'opportunità della tua vita'. Dobbiamo andare a prendercela questa opportunità, anche se significa compromettere la nostra salute con un combattimento o perdere un amore come Alaska. Ma la vita è questa, e bisogna renderla migliore più si va avanti, perché sennò cosa si vive a fare. Tutti quei bar, tutte quelle ragazze, tutto quell'alcol, non mi bastano più. Ora si parla di vita o di morte. E devo rischiare. Devo combattere al meglio possibile per ricevere quei soldi, ne ho assolutamente bisogno.

«Fratello, lo staccherai quel sacco.»

Brandon è poggiato sullo stipite della porta, la palestra è vuota, ci siamo solo io e lui. Mi ha sempre appoggiato, e soprattutto ora, mi aiuterebbe più che mai. Non voglio suscitare pena nelle persone, io resto Harry, con le nocche insanguinate e della Tequila nella mano buona. Ma a volte, un po' di compassione mi aiuta, se misurata nelle giuste quantità.

«Non ce la faccio più.» Mi appoggio al sacco, esausto. Fatico per arrivare alla panca, e Brandon arriva in mio soccorso.

«Vuoi che ti porti un bicchiere d'acqua?» si offre.

«Una birra.»

«No, amico. Non ti farà bene.»

«O una birra o niente.»

«Va bene, come vuoi. Torno subito.» mi da una pacca sulla spalla e sparisce nell'ala bar della palestra.

Tutto ciò non doveva accadere, almeno non ora. Vorrei fare tante di quelle cose, che probabilmente non sarò nemmeno in tempo ad organizzarne una soltanto. Ma devo lottare, contro le mie forze. Devo riuscire a sopravvivere.

«Eccola.» mi tende la bottiglia di vetro già stappata e butto giù alcuni sorsi. Mi darà un po' di energia. «Credo sia meglio che ora tu vada a casa a riposare.» mi appoggia una mano sulla spalla, parlando seriamente.

«Non trattarmi come se stessi per morire, cazzo, perché non è così. Semplicemente ho perso le forze per due minuti, ora sto bene. Posso continuare. Posso farcela. Resto lo stesso Harry di sempre.» mi irrito. Questa compassione sta oltrepassando i suoi limiti.

«Ma amico-»

«No Brandon, posso farcela. Devo farcela. Ho bisogno di quei soldi.»

«Sì, amico, lo so.» fa una pausa, poi riprende. «Ora devo andare, fa uno squillo se ti serve qualcosa, sarò subito da te.»

«Okay, grazie.» gli faccio un segno col capo in gratitudine, mentre esce dall'edificio.

Ora c'è silenzio. Quel silenzio assordante dove sembra quasi che si sentano dei sussurri. Esco dalla sala da boxe dove mi stavo allenando ed entro nella sala da combattimento. Non mi è stato mai permesso di combattere in questo ring, dicevano sempre che sarebbe stato troppo pericoloso. Ma ora, non so se sono più pericoloso io o la mia forza. Guardo la pedana dalla soglia della porta, nella semioscurità illuminata dalla luce proveniente dalla sala allenamento, ricordando tutte quelle volte che avevo chiesto di potermi esibire lì sopra. Quella era una palestra usata per combattimenti legali e nazionali. Se vincevi, avevi una ricompensa da capogiro. Non sono mai riuscito neanche a salirci, in quella pedana, figuriamoci vincerci un incontro.

E così lo faccio ora. Mi avvicino, passo attraverso le corde e mi trovo lì nel mezzo. Mi butto a terra, senza neanche fare attenzione a non sbattere con qualche parte del corpo al suolo. Resto disteso per alcuni minuti, nella stessa posizione di una stella. Una stella nera che sta per spegnersi. Guardo il soffitto, quattro grandi lampadari di ferro mi puntano tutta la loro luce addosso, ma non ne è abbastanza per permettere a questa stella nera di tornare a brillare come faceva fino a poco tempo fa. Scaccio tutto ciò che ho dentro, sia di concreto che di astratto, urlando come un condannato. Ma forse, lo sono anche io, un condannato. Mi porto le mani tra i capelli, urlando e tirandomi tutti quei ricci sudati così forte che non so se urlo per il fastidio dei capelli o per il dolore che ho dentro. Tutto sarebbe molto più facile se quelle urla provenissero dai capelli, lascerei immediatamente le punte rigirate su sé stesse e così farei cessare il dolore. Ma non è così. Se dovessi cessare il vero dolore, dovrei smettere di brillare completamente. E resto nel buio sotto le mie mani poggiate pesantemente sui miei occhi chiusi.

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