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ALASKA

Da quando siamo partiti da Londra è passato un po di tempo, ma la strada è ancora lunga davanti a noi. Tutto il tempo siamo rimasti in silenzio, ma sto ancora aspettando delle spiegazioni. Ho diritto di sapere il perché del suo bisogno di mentire. Non riesco a darmi delle motivazioni da sola, non ha minimamente senso.

«Hai intenzione di iniziare a parlare?» irrompo il silenzio disagiante.

«Sei arrabbiata?» chiede lui con un po d'esitazione.

«Non sono arrabbiata, sono furiosa. Ora spiega.» incrocio le braccia al petto, non lo degno di un minimo sguardo.

«Non voglio che tu sia arrabbiata.»

«Io non vorrei che le persone mi mentano ma non sempre otteniamo ciò che vogliamo. Ora vuoi iniziare?» scatto, si sbrigasse.

«Okay okay,» inizia. Respira profondamente e continua con ciò che ha da dire. «ho mentito. Sin dal primo istante sapevo che non avrei dovuto farlo, ma l'ho fatto perché ci sono storie che fanno parte del mio passato e che devono rimanere nel passato. Non volevo coinvolgerti perché tu sei il mio presente, e tutto questo non riguarda il mio presente. Ho fatto cose che ti allontanerebbero da me se solo tu ne venissi a conoscenza, e non vorrei mai che questo accada.» tira fuori un respiro, tanto denso quanto la sua preoccupazione.

«Voglio sapere, quali cose Harry?» giro lentamente la testa verso la sua direzione, ancora non guardandolo completamente.

«Ho detto che queste cose devono rimanere nel passato.» puntualizza.

«Ho detto che voglio sapere. So di cosa sei capace, ormai sono qui con te e nulla potrebbe cambiare questo.» spiego, cercando di convincerlo.

«Alaska io..» so che vorrebbe dirmelo, ma so anche quanta paura ha di perdermi.

«Harry,» lo interrompo, «non mi perderai okay? Nulla potrebbe impedirmi di andare contro i miei sentimenti, sai quanto valgono per me. Quindi non preoccuparti e dimmi.» cerco di rassicurarlo con le mie parole, ma non sono convinta che lui sia pienamente a suo agio per rivelarmi questo punto dolente del suo passato. Ma non ho paura di sapere.

HARRY

Non trovo le parole, il coraggio. Non so dove potrò trovale la forza se lei mi abbandonasse. Non posso permettere che accada, non posso e non voglio. Alaska ne ha passate tante. Dirle della mia malattia è stato come sganciarle un destro potente in piena faccia. Non posso farle pesare qualcos'altro, già questo è stato abbastanza. Ma la sua curiosità, la sua voglia di sapere, come sempre, è implacabile e non vedo altre possibilità. Non posso rigirare attorno a ciò che è successo. In ogni modo tu imposti il fatto, risuona orribile e terrificante. So che dopo che glielo avrò detto probabilmente non si fiderà più come lo sta facendo ora. Probabilmente avrà paura di me. Ma ne sto combattendo tante di battaglie, combattere per lei sarà un onore.

Quindi confesso.

«Sono stato catturato dalla polizia, sono stato trovato sul luogo del delitto, insanguinato e impaurito. È successo un paio di anni fa, sono scappato di casa, salito in auto e sono andato a Londra, Brandon era con me. Quella sera bevvi molto. Non ricordo il motivo, probabilmente per lo scontro che ebbi quello stesso giorno con i miei.  Io e Brandon camminavamo tranquilli e barcollanti per le vie principali finché qualcuno non si imbatté su di noi. Già non ero capace di ragionare lucidamente di mio, figuriamoci quando uno sconosciuto aveva voglia di prenderle, nelle nostre stesse condizioni. Gli saltai addosso e iniziai a tempestarlo di pugni e calci. Lo ritirai in piedi, lo tenevo per il colletto. Non gli avevo creato molte ferite. Qualcuno incappucciato da qualche metro di distanza sparò e la pallottola lo trapassò, traforandogli il cuore e sfiorando me, qualche centimetro più in là e sarei morto anche io. Tutto il suo sangue schizzò su di me. Ricordo di aver indossato una maglietta bianca, diventò rossa.» mi fermo, per riprendere fiato e cercare di non immergermi completamente nei ricordi. Ne è passato di tempo, ma sembra come se fosse successo ieri.
Non posso guardare Alaska, essendo alla guida e non emotivamente stabile.

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