Il perdente ed il Merlo

2 1 0
                                    

Le feste in paese, si sa, portano allegria. E con l'allegria, vino e pietanze in quantità da saturare l'aria, le tavole e perché no, anche le membra; inibendo sobrietà e ragione di ogni singolo membro, rispettato o meno, della comunità cittadina. Ed io, non faccio certo eccezione: eccomi là, buttato su uno sgabello del Ritornello, il pub più famoso della contea. A dire il vero è l'unico pub fuori città, ma i suoi clienti li raccatta lo stesso, sia perché è un ambiente grande e famoso per la cucina della vecchia Cinderella, e poi perché tutti conosciamo bene il figlio della cuoca! Roberto era un tipetto quando si era piccoli, ma di amici ne aveva tanti e ha saputo tenerli bene, tanto che quando ha aperto il pub era diventato il fenomeno dell'anno, aggiudicandosi il titolo di ritrovo ufficiale per grandi e piccoli. Badate bene che Roberto la testa l'aveva sulle spalle e non faceva mai ubriacare i suoi clienti, infatti ogni sera te ne uscivi dalla porta con un sano colore roseo sulle guance e un sorriso beato, ma mai inebetito. Ma si sa, una festa è pur sempre una festa, ed il fiume che scorre nei bicchieri mica lo possiamo far arrivare tutto al mare: non c'è più anima sobria dalla piazza alle campagne.
E così arriviamo all'inizio della storia, che inizia con me medesimo che salgo sullo sgabello sbraitando e berciando alla marmaglia che posava in seconda, terza e quarta fila dietro al bancone:

Signori miei, ma cosa insegnate a questi giovani! Tutti jeans e cellulare... Il lavoro... Ogni volta la stessa... Per non parlare di... Se avessero sentito più storie da piccini...

E altre stronzate che spero nessuno ricordi, dal momento che l'alcol ha avuto la buona idea di cancellare. Nella sala cala, o alza che dir si voglia, un brusio di disappunto:

Ancora lui!... Che sei brillo?... Ma vai!... Torna a casa!

Suvvia, poche chiacchiere! ditemi l'ultima volta che avete sentito una storia saggia e bella come una delle mie!

La sala comincia a rassomigliare al seggio il primo giorno delle comunali, chi insulta e chi esulta, partono slogan e manate peggio degli ultras del campino. Roberto per fortuna riprende tutto in mano prima dell'inevitabile epilogo:

Basta casino voi altri, ascoltatelo su, tanto non smette mica... Prima che caschi dallo sgabello... Guardate che io i danni non glieli pago!

Si ridimensionano gli animi in fruscii e sibili di voci, l'esito è confuso, finché qualche pazzo non segna l'inevitabile morte del divertimento serale:

Oh faccela sentire... Ma che sia breve eh! Sennò ti si manda a calci fino a casa dove stai! 

Eccola lì, la voce del popolo! E sia! Vi racconto una storia che i più giovani non conosceranno certo, almeno non li annoio: è la storia del Seminatore, detto anche Scolapasta.

Ma chi? Il Gobetti?

Macchè Gobetti, non ci capisci una sega! Ho detto ch'è una storia popolare!...

Fatelo andare avanti sennò un finisce più! 

Allora, vi dicevo: Tempo addietro c'era quest'uomo chiamato Scolapasta perché riusciva a trattenere le gioie della vita come uno scolapasta trattiene l'acqua bollente. Il Seminatore aveva avuto tutto dalla vita: una casa, soldi, una bella moglie, tanti amici e una figlia stupenda. Tutto quello che un uomo poteva desiderare lui l'ha avuto, ma aveva anche una passione sfrenata e irrefrenabile per il gioco e le scommesse, e da qui il suo secondo nome. Diceva lui: "Io compro i biglietti della lotteria. Per adesso non ho vinto nulla, ma vedi che moneta per moneta semino l'albero della fortuna. pronto a crescermi fin sopra la testa!". Il seminatore però non sapeva che quella che gli cresceva sulla testa era una vera e propria spada di Damocle, che inesorabile gli sarebbe cascata fra capo e collo... In quel periodo fra l'altro, prese a frequentare una bellissima donna che girava la città, tanto che la moglie lo cacciò di casa. Da quel giorno il Seminatore cominciò a giocare a soldi tutto, dalle partite al circolino fino all'argomento del sermone domenicale, e perdeva pure! Poveraccio spargeva al vento la sua fortuna come i pioppi i pappi d'estate, tra le carte dei circoli e le scommesse degli stronzi che lo conoscevano. Insomma in poco tempo buttò via tutto e si ritrovò a spartire i centesimi per comprare il pane e sfamare la macchinetta del bar... Si giocò persino la figlia al tavolo del Poker promettendola in sposa in cambio di una coppia di regine. Per rimediare alle puttanate dello Scolapasta la moglie si prese la figlia e la portò lontano, vendendo pure casa per ripagare i debiti che poteva coprire. In men che non si dica il Seminatore si ritrovò per la strada a mendicare quello che avrebbe perso al gioco la mattina dopo, più se c'entrava qualche scatola di tonno e fagioli... La fortuna sembrava averlo abbandonato, ma con lui che amava giocare, la vita si era divertiva troppo a vederlo perdere per fermarsi adesso... Durante un freddo giorno d'inverno, mentre i soldi ancora non bastavano per fare un giro alle slot-machine, un merlo nero gli si avvicinò zampettando, fissandolo con i suoi occhi neri. Si brinava dal freddo, ma quel piccolo volatile bastò a scaldargli il cuore perché immaginò che per una volta, qualcuno non conoscesse il suo nome e non giudicasse i suoi vizi. Preso a compassione, gli allungò un po' del pane secco che teneva sotto le coperte, sbriciolandolo per terra. Il merlo si mise a beccare per un po', ma spaventato dai pur pochi passanti, se ne volò via. Il freddo era tornato, ed i soldi bastavano per perderli: quella mattina la passò al bar, ma non per fare colazione... Quello stesso pomeriggio, faceva talmente freddo che tutti se ne stavano rintanati nelle case a guardare il crepitio del camino, ma Scolapasta era ancora nell'angolo dell'inospitale portico che lo riparava, quando il merlo tornò. Buttò ancora qualche briciola, e per tutto il pomeriggio se ne stette lì ammonticchiato a guardare divertito quel merlo nero andare e venire, beccare e volarsene via. Non riusciva a dimenticare quei piccoli occhietti neri che lo guardavano con gratitudine e leggerezza... Il giorno dopo il Gobet... Ehm, lo Scolapasta, aveva raccattato giusto giusto un giro di slot, quando il merlo si rifece vivo. Aveva finito il pane e come potete intuire, non aveva intenzione di comprarne altro. Fatto sta che quei neri puntini fissi su di lui fecero il miracolo: lo stesso sguardo che il giorno prima lo aveva così allietato adesso pesava più di un macigno sullo stomaco! Per farvela breve, non solo quel giorno si comprò il pane invece di sputtanare quel poco che aveva, ma smise di giocare di lì in poi! Ora, non per sua volontà, intendiamoci, solo che il merlo ogni giorno, puntualmente, gli planava davanti e non se ne andava finché non era sera. Cercava cibo sì, ma anche compagnia, tant'è che zampettava dietro al poveraccio in ogni suo spostamento fino al bar, dove il Gobetti, forse intimidito da tanta devozione o forse per non fare brutta figura davanti a un uccello, non mise più piede... La storia andò avanti così per mesi, ma anche senza sprecare soldi sapete com'è, di elemosina si vive male e nonostante il merlo si affezionasse sempre di più, rimase a vivere per la strada. Col tempo però, l'amicizia tra i due si raffinò a tal punto che il merlo cominciò a capire le parole del nostro uomo come un cristiano, e piano piano si mise ad imparare pure qualche trucchetto: all'inizio erano esibizioni di volo, cazzatine di giocoleria, qualche vecchia gag, ma in poco tempo, vedendo che il tipetto imparava in fretta, lo Scolapasta si mise in testa di preparare esercizi sempre più complicati fino ad insegnarli il gioco della dama, leggere qualche parola da un foglio e pure risolvere semplici operazioni matematiche!.. Insomma l'inverno dopo quel merlo sapeva fare più cose di qualcuno qui in sala, senza fare nomi. Le prodezze del merlo erano diventate così famose in paese che si mise pure ad organizzare veri e propri spettacolini per la strada, raccimulando un gruzzoletto ogni volta e guadagnandosi l'appellativo de "Il signore degli uccelli", oltre che l'indignazione di una prostituta per il furto del suo nome d'arte. Ora il Signore andava così guadagnandosi il pane, se non fosse che adesso percepiva abbastanza per buttarne via nel gioco d'azzardo. In questo modo la situazione si stabilizzò ed il Gobetti continuava a vivere per la strada col suo fedele merlo... Un giorno però la sua occasione si presentò: un giovane, che aveva avuto occasione di vedere i suoi spettacoli e la miseria in cui nonostante tutto viveva, ereditò un terreno dal padre che era da poco morto. Questo terreno non valeva poi molto, ma nell'attesa di sapere cosa farci propose un' offerta al Signore: se lui gli avesse tenuto pulito il campo dalle erbacce e dalla spazzatura, che qui si sa, a tenere i campi incolti ci sta pure il rischio di ritrovare una discarica, gli avrebbe concesso di occupare il vecchio capanno senza nessuna spesa, per almeno un paio di anni... L'offerta non era particolarmente generosa, ma il Signore accettò di buon grado, se non altro per lasciare la strada. Così la vita del nostro personaggio non cambiò di una virgola, con la differenza di avere un tetto sulla testa e un tappeto in cui dormire, ma per il resto non se ne ragiona: trovò una gabbia per conigli in cui tenere il merlo che tutte le mattine portava in paese per dare spettacolo e guadagnarsi qualche minuto di gloria davanti agli schermi in un fermento di carte, gemme, donnine, gettoni e chi più ne ha più ne metta. La vita andava avanti in questo modo, finché ad uno dei suoi spettacoli non si presentò una persona particolare: quel giorno in paese era venuto Romero, il domatore di bestie di fama internazionale che aveva mosso i primi passi proprio per le strade di questa cittadina. Era tornato qui perché l'unica bestia che non era riuscito a domare si era sentita male. La suocera aveva avuto una forte polmonite, e visto che non gli aveva mai perdonato di aver portato la figlia tra le tende e i leoni, pensò bene di accompagnare la moglie a dare quello che sperava fosse l'ultimo saluto. In ogni caso, quel giorno lo spettacolo gli piacque molto e parlando col Signor Scolapasta, gli accennò alla possibilità di unirsi al circo itinerante che sarebbe passato di lì l'inverno prossimo per riprendersi Romero... L'idea piacque ancor di più al Gobetti, che con rinnovato impegno si mise a creare nuove esibizioni adatte al pubblico del circo. L'inverno si avvicinava, e con esso il triste destino che si sarebbe portato dietro. Fu l'inverno più freddo da 60 anni e cadde talmente tanta neve che i piani terra delle case scomparvero in una solida nebbia bianca: tutto il paese era bloccato, tutti i negozi chiusi e la gente barricata in casa. Il Signore degli uccelli però se la passava pure peggio: era bloccato dentro il capanno, al freddo e all'umido, senza cibo e senza acqua, con solo coperte ed un merlo nero in gabbia. In quelle condizioni, non sapete cosa s'era messo a pensare il povero Gobetti. In appena due giorni, con la stretta della fame e le lance del gelo puntate alla schiena se ne uscì di testa. Dapprima pensò che il circo sarebbe arrivato di lì a poco per salvarlo e cominciare una carriera di spettacoli e divertimento. Dopo pensò che invece era in trappola peggio del merlo, e che sarebbero morti entrambi in quella gabbia di candida acqua congelata. Per la fame pensò anche di ammazzare il merlo e cucinarlo alla meno peggio, se non altro per cercare di arrivare vivo ai soccorsi, almeno lui. Disgustato dalla prospettiva, cercò in tutti i modi di fuggire, inutilmente. Tutto quello che riuscì a ricavare fu un solo stretto buco in alto nella neve appena fuori dalla porta, da cui entrava uno spiraglio di luce. Erano in gabbia, ed il loro destino segnato... In preda alla disperazione, il poveraccio si mise a piangere pensando a quanto fosse stato stupido nelle scelte, quanto poco lungimirante, quando si rese conto che dei neri occhietti ancora lo fissavano come ancora quel giorno d'inverno di due anni prima. Evidentemente non sapeva che aveva pensato di tirargli il collo e mangiarlo. O forse sì, ma l'aveva perdonato. Cosa avrebbe dovuto fare era chiaro. Con quel poco di forze che gli rimanevano e quella poca lucidità residua, tirò fuori il merlo dalla gabbia e, preso in mano, lo avvicinò all'apertura in alto sopra la porta. Da lì sotto non lo vide spiccare il volo, ma immaginò che almeno lui avrebbe dovuto salvarsi, in qualche modo. Fu quello il suo ultimo sofferto giorno di vita... Ritrovarono il Seminatore morto congelato dentro il capanno, con la gabbia da conigli vuota. Una scritta incisa sul legno della porta recitava: "Ho giocato tutto con la vita, ma aveva una mano migliore... però al merlo, gli ho insegnato a scomparire". Romero, che alla suocera già gli aveva comprato una bara ed un posto al cimitero ma che invece si era rimessa, decise di donarli al Gobetti, per riposare in pace. Siccome non si trovavano i soldi per la lapide, alla fine decisero di usare la porta del capanno, su cui aggiunsero il nome e la data di morte. In quanto al merlo, non è difficile capire che fine abbia fatto dal momento che al cimitero c'è una voce che dall'alto dei cipressi intona i nomi dei morti recitando dall'alba al tramonto: "Ho giocato tutto con la vita, ma aveva una mano migliore!".

E' silenzio nella sala, silenzio e sgomento.

Oh che finale di merda è questo?...

Ha fatto schifo!...

La prossima volta stai zitto!...

Ma allora visto che era il Gobetti!...

Sì ma la storia non c'entra mica nulla...

Il coro di disappunto andò avanti per minuti e minuti, mentre tutti tornavano a farsi i cazzi loro.
In effetti, a parte il fatto che la storia non è piaciuta, non sono mai stato bravo a trovare i nomi.
Il Gobetti dovete sapere è un vecchio amico che ha una gioielleria un po' fuori dal paese, ma adesso è troppo vecchio per lavorarci. In passato aveva l'abitudine di tenere gli attrezzi con cui faceva i gioielli in tasca, che per questo gli si bucavano sempre, e quando camminava in paese perdeva di tutto: monete, fazzoletti, cartacce, soldi, tutto. E per questo avevamo preso a chiamarlo il Seminatore. Con gli anni però, lavorando in negozio, in tre rapine si era beccato due proiettili che lo avevano passato da parte a parte. Per fortuna si è sempre salvato, e dalla seconda volta ha guadagnato l'appellativo di Scolapasta. Adesso è in pensione e ha lasciato l'attività in gestione ad un ragazzo volenteroso e onesto.
Eccolo là il Gobetti, su una sedia in fondo alla stanza, in silenzio, che mi guarda e alza il bicchiere in saluto. A lui la storia sembra piaciuta. Forse perché ho preso in prestito il suo nome?

Scrittura LiberaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora