Capitolo 12 - Parassita

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~27 Aprile 1986~

Era trascorso, esattamente, un mese, dalla scomparsa di Edward Munson. Per Harrington era assurdo pensare che lo stesso giorno di un mese dopo, avrebbe annunciato agli altri che Edward era ancora in vita, più o meno. Il ragazzo seduto su una sedia nella propria abitazione, una mano vicino alla bocca, aveva un'unghia tra i denti e la mordeva piano senza fare troppa pressione.

Non aveva la minima idea di come iniziare quel discorso con i ragazzi. Era complicato e aveva il terrore che potessero avere paura dell'attuale aspetto di Eddie. Fissava il tavolo in legno immerso nei suoi pensieri, ed alzò lo sguardo solo quando percepì un'imminente confusione.

Munson girellava per la casa con una camminata lenta e barcollante. Un piede davanti all'altro, le mani dietro alla schiena che ogni tanto si allungavano per toccare qualche oggetto, oppure per far intrecciare le dita tra i suoi ricci. Cambiò direzione senza una ragione specifica e con la punta di un'ala colpí un vaso. L'oggetto vacillò provocando un rumore regolare e fastidioso.

Edward Munson si sporse ed afferrò il vaso con entrambe le mani tenendolo fermo. Si voltò poi, colpevole verso Steve, improvvisò un sorriso poco convinto. In risposta Harrington scosse appena la testa, sconsolato. Gli stava distruggendo tutta la casa.

"Scusami Harrington! Sto cercando di imparare a manovrarle... così non saranno più un problema!"

Edward si avvicinò al ragazzo, era pensieroso da quella mattina. Fortunatamente era il suo giorno di pausa, ma tra qualche minuto si sarebbero presentati anche gli altri nell'abitazione.

"Come fai ad essere così tranquillo, Munson?"

Harrington squadrava il ragazzo. Sembrava il ritratto della tranquillità, non aveva mai capito come facesse a viverla con così tanta leggerezza. Solo conoscendolo meglio aveva intuito, che era solo molto bravo a nascondere le proprie emozioni.

"Non sono tranquillo! Sono anche molto insicuro... se non dovessero accettarmi, incolpandomi di qualcosa che non ho mai fatto? Avevo paura anche di farmi vedere da te! Avevo paura, avresti pensato che agissi a favore di Vecna!"

Munson aveva chiuso le ali, sembravano seguire le sue emozioni. Quando era felice ed emozionato le sue ali si spalancavano, al contrario quando le emozioni negative lo invadevano, si facevano piccole piccole. Harrington doveva ammettere di aver pensato, seriamente, che fosse solo un giochetto di Vecna, e a tratti ancora aveva qualche dubbio che cercava di nascondere.

"Spero che ti credano! In qualsiasi caso... sai che puoi stare qua quanto e quando vuoi vero? Sei il benvenuto!"

Edward annuí con un leggero sorriso sul volto. Harrington era la sua salvezza, la sua meta sicura. Quando aveva lui attorno sapeva che sarebbe andato tutto per il verso giusto. Ricordava perfettamente quel malinconico giorno, la sua voce al suo fianco aveva reso la sua morte un po' più dolce.

Un sorriso amaro si stampò sul suo volto. Lo sguardo si focalizzò sul pavimento, ma la mente navigava in pensieri crudeli che non aiutavano le sue condizioni. Harrington notò quello sguardo, senza pensarci due volte, si alzò e si avvicinò a Munson.

Appoggiò una mano sulla sua spalla e gliela sfiorò piano. Il suo corpo era sempre freddo, come la prima volta che lo aveva sfiorato. La sua pelle era grigiastra, i suoi occhi erano spenti, la forza vitale che gli apparteneva in precedenza, adesso non c'era più.

"Munson, risolveremo questa situazione! Non so come, ma ti garantisco che tornerai ad essere te stesso!"

Lo sguardo di Edward incontrò e si allacciò a quello di Steve. Le sue parole erano una sicurezza. Si avvicinò appena come un cucciolo ferito in cerca di cure. Piegò la schiena fino ad appoggiare la fronte sulla spalla di Harrington.

Gocce di sangue || SteddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora