~18 Aprile 1986~
L'antiquata abitazione dei nonni di Robin Buckley, era trasandata e malmessa. Anche se, naturalmente, nessuno di loro prevedeva di imbattersi in qualcosa di attuale ed immacolato. Per Steve, fu facile trovare un posto per l'auto, in quella sconfinata distesa di erbacce che accerchiava il luogo.
Si impadronirono dei propri zaini e si incamminarono verso la precaria porta d'ingresso. La maniglia, originariamente placcata in oro, era sbiadita e poco affidabile. La mano determinata di Buckley la impugnò e dopo uno scatto deciso la porta si spalancò, senza la necessita di una qualsiasi chiave. Gli sguardi interrogativi ed esitanti dei tre si incrociarono. Quell'avventura stava mutando in un evento macabro e terrorizzante.
"Buckley, dovremmo dormire in una casa con una porta costantemente aperta, in mezzo ad un bosco?"
La ragazza presa in causa rimpiangeva l'averli condotti in quella ubicazione. A sua discolpa non ipotizzava, nemmeno vagamente, che potesse trovarsi in un simile stato di decadenza.
"Perdonatemi! Troveremo un modo per chiuderla! Andiamo a vedere se al piano di sopra è messa meglio?"
Steve e Vickie cercavano invano di posizionare i propri piedi in maniera stabile, in quelle traballanti mattonelle in ceramica. Con loro stupore avvistarono un tozzo ratto grigio zampettare, in modo sgraziato, dinnanzi alle loro scarpe. La rossa cacciò un urlo acuto che squarciò i timpani di Steve e Robin.
"Ho... ho paura dei topi! Puzzano e portano le malattie!!"
La voce le tremava, un così piccolo essere vivente l'aveva terrorizzata con la sola presenza. L'impavida Robin Buckley percorse con la mano il fianco della ragazza e se la avvicinò, sotto lo sguardo orgoglioso di Steve.
"Non preoccuparti, ti proteggo io!"
Era evidente l'attrazione che dimostravano l'una verso l'altra. Gli sguardi delle due si incontrarono per alcuni secondi, che a Steve sembrarono un'eternità. In religioso silenzio, Harrington, decise di proseguire in autonomia.
Le scale cadenti e traballanti erano un rischio necessario per raggiungere il piano superiore. Lo scricchiolio poco rassicurante che procurò il piede di Steve a contatto con il legno deteriorato del primo scalino, non fu amichevole. Ma la sua temerarietà lo esortava ad andare avanti. Poggiò una mano sullo sfaldato muro adiacente alla fine delle scale.
Osservò l'ambiente trasandato che gli si palesò davanti con curiosità. Le tre porte chiuse nell'angusto corridoio buio, non erano rassicuranti. Optò per sbirciare all'interno di ogni porta con accortezza e prudenza, certo che al limite avrebbe scoperto il rifugio di qualche senza tetto.
Dietro alla prima mal ridotta porta, si celava un mediocre bagno in ceramica. Ogni oggetto era rivestito da un sottile strato di polvere, la stessa che aleggiava nell'aria della modesta stanza. Diversamente da ciò che immaginava Steve, quel locale era diventato l'ottimo rifugio di svariati animali.
L'anta sotto al bianco lavandino oscillò senza un movente naturale, come uno spiffero di vento o un tocco involontario. Harrington fissò quel punto esatto da cui comparì un affamato ed insolito procione. In un primo momento, si allarmò non essendo a conoscenza dell'indole solita di quegli animali. Successivamente, si rese conto che il procione era più intimorito di lui, infatti si dileguò nell'ombra.
Steve ne aveva abbastanza di quell'ambiente sudicio e malconcio. Chiuse la porta alle sue spalle ed intuendo di essere ancora in solitudine si diresse verso la porta successiva. La schiuse senza fretta e con irrequietudine per il timore di trovare un altro agile animale al suo interno.
La camera era illuminata dalla debole luce solare che si insinuava dalla finestra sprovvista di vetri. In un angolo buio due minuscoli occhi folgoranti lo studiavano. Steve ebbe qualche difficoltà a riconoscere l'animale che si celava nell'oscurità, ma compiendo qualche prudente passo nella sua direzione, delineò i contorni della figura, realizzando di trovarsi di fronte ad un pipistrello.
STAI LEGGENDO
Gocce di sangue || Steddie
Fiksi Penggemar"Le anemoni, erano gli unici fiori che Steve Harrington, sopportava ancora di vedere. Erano fragili come il vento, e la loro esistenza era fugace. Un battito di ciglia ed erano già piegate sotto la fragilità del loro destino. Però la loro bellezza n...