Ritorno a girare per il locale sparecchiando i tavoli mentre le canzoni del jubox si susseguono rapidamente ed è molto piacevole lavorare in questo modo.
Quando sono le dieci, Zia Lucia mi dice di stare qualche minuto in cassa essendo che molti tavoli hanno finito ed è probabile che vengano per pagare. Annuisco più volte.
Mentre aspetto i primi clienti mi concedo qualche istante per guardare il cellulare facendo sempre attenzione a non distrarmi troppo.
Sblocco il telefono e vedo un messaggio da parte di Doc, il mio psicologo, che mi ha scritto qualche ora prima indagando se andasse tutto bene, ribadendo il fatto che se ho bisogno di chiamarlo per qualsiasi ragione posso farlo in ogni momento.
È strano come funziona la mente: in un giorno intero qui a Vallerossa ero quasi riuscito a dimenticarmi tutto quello che c’era di brutto alle mie spalle. Ma il messaggio di Doc mi rievoca spiacevoli ricordi di un anno che non è andato bene.
Apro il messaggio. Rileggo. Fisso le parole. Rileggo ancora.
Mi prendo di coraggio: apro la tendina delle opzioni e decido di bloccare il contatto senza più alcuna spiegazione. So che lui e la mamma sono contrari al fatto che io mi sia trasferito. Sentire la loro presenza in questo modo mi fa soffocare!
Se penso a loro, penso a tutto quello che è successo e non mi fa stare bene, non ora che sembra andare per il verso giusto.
-Daniele, giusto?- una voce mi chiama, alzo lo sguardo dal cellulare vedendo che Fabio, con un sorrisetto imbarazzato che gli divide la bocca in linea orizzontale, si è avvicinato alla cassa. -Non ti dispiace se sto qui? Là in fondo la situazione è stomachevole!-
Mi sporgo appena in modo da vedere oltre le sue spalle: Aurora e Marco non fanno nulla di male, le loro labbra sono unite e il loro bacio non è che un semplice toccarsi, senza che le loro lingue si sfiorino.
-Immagino sia imbarazzante, fare il terzo in comodo.-
-Tu non sai quanto!- risponde provando a fare una battuta, si poggia con entrambi i gomiti sul bancone, poi si tira sullo sgabello e resta con la schiena leggermente curvata in avanti. -Scusa se non mi ricordo di ieri. Non ci ho capito più nulla ed ero incazzato nero con una persona!-
Mi aspettavo queste scuse e mi immaginavo di provare una qualche emozione, invece mi sento triste per lui. I suoi occhi infossati sono debolmente illuminati nonostante i tratti del volto siano rosati.
-Può capitare quando si pensa ad altro, figurati quante volte capita a me.- questa è una bugia, ma lui non può saperlo e ho letto da qualche parte che stabilire un legame simile, può far fronte alla discussione in maniera equa.
-Da dove vieni? Alessandro ha parlato un sacco di volte di te ma se devo essere sincero, non me ne è mai importato molto!-
Lo guardo fisso negli occhi, aspettandomi che capisca che quello che ha detto può sembrare una cosa brutta.
Poi lo capisce e strabuzza gli occhi.
-Quello che volevo dire…-
-Immagino che non sei molto amico di mio fratello.- completo la frase come meglio credo, lui tiene le mani leggermente sollevate come per scusarsi di quelle accuse, poi si porta una mano alla nuca e se la gratta dolcemente, è ancora imbarazzato. -Però ho capito quello che intendi.- faccio una pausa, poi rispondo. -Vengo tipo dall’altra parte della regione. Sono circa duecento chilometri o forse più.-
Fabio annuisce. Sento il suo sguardo strano: mi sta studiando, non come ha fatto Marco la prima volta, è come se fosse invasivo, attento. Sta cercando di capire come mi comporto, i miei movimenti.
-E tu sei di Vallerossa?- chiedo subito.
-Sì, anche i miei genitori sono separati. Quindi capisco cosa si prova a stare in una famiglia divisa. Se… dovessi avere bisogno di qualcuno con cui parlarne, sono uno che ascolta.- devo trattenere a fatica un sorriso, ma per un momento, mi sembra proprio che Fabio ci stia provando con me.
-Ti ringrazio per la disponibilità, non conosco nessuno a parte Alessandro, e ovviamente Marco che è super simpatico… mi farebbe bene conoscere i ragazzi del posto.-
In qualche modo, credo che lui possa aver capito l’allusione, ma in realtà non era voluta e ridacchia in maniera quasi nervosa guardandosi intorno, non c’è nessuno che possa avermi sentito visto che la musica copre le mie parole.
-Sei molto divertente! Già ti trovo simpatico!- dice Fabio con una risata imbarazzata di circostanza e nel farlo mi dà una pacca  sul braccio sfiorandomi con il palmo intero.
Le sue dita scivolano sulla mia pelle provocandomi dei brividi che risalgono fino alla spalle e si spostano in tutto il corpo attraverso la schiena, quando le sue dita lasciano il solco sul braccio, mi sembra di bruciare dove è appena passato.
E proprio nel momento in cui dovrei dire qualcosa non mi viene in mente nulla di sensato, poi alle spalle di Fabio un’ombra ci avvicina e gli dà un pizzicotto sul fianco facendolo saltare sullo sgabello, è solo grazie alla sua prontezza che evita di cadere col sedere per terra.
-Ehi piccioncini, ho forse interrotto qualcosa?- dice lui, scherzando. Non c’è malizia nelle sue parole, come se facesse sempre quel genere di battute all’amico.
-No, vi stavamo lasciando un po’ di spazio.- gli dico cercando di essere il più gentile possibile in modo da apparire naturale. Non è mai stato il mio forte nascondere l’imbarazzo delle situazioni e spero che non se ne accorga proprio adesso.
-Ah sì? Non ho visto Aurora per tutto il giorno quindi mi mancava.- mi risponde con un tono tranquillo.
-Vi stavate mangiando la faccia. Davanti a me.- gli fa notare Fabio e la cosa mi fa ridere, Marco invece sembra fare il finto offeso ed incrocia le braccia al petto.
-Ti serve qualcosa?- chiedo cambiando argomento, vedo che Aurora si è alzata dal tavolo e si sta avvicinando alla porta d’ingresso facendo svolazzare i suoi capelli raccolti nella bandana, mi sorride a distanza.
-Pago il conto per me e Aurora. E questa è una piccola mancia per te. Te la sei meritata dopo una serata a dover vedere le nostre brutte facce mentre ci abbuffiamo.-
-Ma non è necessario, davvero. Anzi, mi ha fatto piacere parlare un pochino con voi. Purtroppo il dovere chiama.- dico quasi giustificandomi mentre lui mi passa i soldi contanti, gli batto rapidamente lo scontrino, mentre Fabio avvicina delle banconote con la sua parte.
-Se ti va di parlare ancora con me allora vienimi a trovare alla Tana del Drago. Devi assolutamente venirci, ci sono un sacco di cose che ti piaceranno e ti vorrei parlare di un festival che ho in mente di organizzare per l’inverno!- dice tutto emozionato, trasmette la sua energia positiva anche a me e mi ritrovo ad essere parecchio invogliato dalla cosa.
-Sembra interessante. Uno di questi giorni passo allora. Il tempo di regolarmi con il lavoro e le faccende di casa.-
-Ci conto allora. Ci becchiamo, bello.- dice lui alzando una mano e ricercando il saluto tramite il cinque, con fare molto mascolino. Ricambio quel gesto in maniera goffa.
Poi è la volta di Fabio che mi saluta nuovamente con un semplice cenno con il mento, nei suoi occhi percepisco qualcosa visto che mi tiene lo sguardo incollato addosso.
E senza sapere come, mi ritrovo a sorridere come un ebete finché non lo vedo uscire dalla porta del locale.

Come girasoli al tramonto [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora