Passo il resto del pomeriggio alla Tana del Drago ritrovandomi ad aver scritto qualcosina su un nuovo capitolo ma non abbastanza come mi ero prefissato: d’altronde la presenza di gente attorno a me non ha aiutato e nonostante la promessa mantenuta di Marco, ero io a distrarmi scambiando qualche parola con lui.
Quando si avvicina l’ora di cena il torneo è finito da un po’ e decido di fare compagnia a Marco finché mi è possibile mentre lui sistema il locale e la sera scende su Vallerossa. Poi torno a casa nell’attesa che mio fratello venga a prendermi.
Decido di occuparmi di alcune faccende domestiche ma il suono del cellulare delle notifiche mi interrompe prima ancora che io cominci e spio il nome sullo schermo.
Leggo il messaggio da parte di Marco nella mente.
Grazie per il bel pomeriggio. Mi ci voleva un po’ di compagnia.
Gli scrivo qualcosa che possa sembrare cortese ma non troppo amichevole visto che non lo conosco così bene da potermi sbilanciare, di certo metto qualche emoji per abbellire la frase e lui mi risponde ancora una volta quasi subito dopo.
Sei l’unico che usa ancora le emoji. Boomer.
Mi lascio sfuggire una mezza risata, mi sembra di avere preso una piacevole confidenza con lui. Sto per rispondere che non è vero quando mi arriva un altro messaggio da parte sua, si tratta di una notizia da internet su Legend of Wildland, il videogioco che adoriamo, e ci mettiamo a parlare di quello.
Quando mio fratello mi chiama capisco che posso scendere e che è sotto casa mia, mi assicuro di aver spento tutte le luci e mi muovo rapidamente attraverso le scale.
Salgo nell’auto di mio fratello: si tratta di una macchina spaziosa, un’utilitaria che permetta di spostarsi comodamente, d’altronde a quanto ho capito, la centrale elettrica nella quale lavora si trova a circa mezz’ora di strada da Vallerossa.
Gli racconto del mio pomeriggio e che Marco mi ha invitato al suo compleanno, gli parlo anche di Fabio e del fatto che sto facendo conoscenze nuove. Alessandro ascolta e parliamo anche di come è andata la sua giornata finché non arriviamo a casa sua che si trova in un altro quartiere del paese.
Da qui non si vede il lago ma il paesaggio delle montagne persiste sullo sfondo mentre la luna si fa sempre più alta, è calante ma ancora conserva la quasi totale integrità.
Casa di Alessandro e Annalisa è spaziosa, si tratta di una di quelle villette indipendenti e nel quartiere ce ne sono molte altre, immagino che formino una sorta di reticolo visto come sono disposte. C’è un bel giardino curato intorno alla casa che si sviluppa su due soli piani fuori terra. Mi trovo ad avanzare all’interno sentendo il profumo delle pizze che sono arrivate.
-Eccoci qui. Ho preso il figliol prodigo. Finalmente possiamo cenare. Ho una fame da lupi.- dice Alessandro spostandosi all’interno del soggiorno, Annalisa si avvicina, saluta il fidanzato con un bacio sulla bocca e poi lo guarda in maniera confusa, come se ci fosse qualcosa che non va.
-C’è puzza di fumo…- dice la ragazza guardando Alessandro come se sapesse già. Immagino che il gusto della sigaretta sia difficile da coprire anche con un paio di mentine.
Sono appena dietro le spalle di Alessandro e posso solo immaginare che stia elaborando una scusa abbastanza credibile in pochi istanti in modo da ingannare Segugio-Annalisa che in questo momento potrebbe benissimo essere il boss di fine livello di un videogioco.
-Oh sì, scusami Annalisa è colpa mia. Vado in bagno a darmi una sciacquata alle mani prima di cena magari.- intervengo rapidamente senza pensarci due volte per coprire mio fratello.
Non aspetto neanche una sua reazione, potrebbe essere una scusa abbastanza credibile anche se finora non mi ha mai visto fumare, visto che non lo faccio davvero.
Ci scambiamo una rapida occhiata con Alessandro, tanto impercettibile da non essere notata dalla fidanzata.
Al termine della cena, Segugio-Annalisa, come ho deciso di soprannominarla per il resto della serata e chissà, forse della vita intera, si sposta verso la cucina per lavare le poche cose che abbiamo usato. Così ho un’idea.
-Lascia che ti dia una mano dai, l’uomo di casa può andare a fare cose come sistemare l’auto o bere una birra, non so.- dico rivolgendomi ad Alessandro, potrebbe essere una scusa per lui per fumare visto che so quanto vorrebbe farlo, sembra essere una prerogativa dei fumatori.
-Ehi! Io non sono uno di quei tipi.- risponde scherzosamente, però capisce al volo quello che intendo. -Forse dovrei dire qualcosa del tipo: “Ehi donna, portami una birra!”- continua con un largo sorriso.
Annalisa però resta impassibile, alza gli occhi al cielo e non sorride neanche, la fisso per un lungo istante sentendo la mia voglia di scherzare morirmi sulle labbra.
E adesso non faccio altro che pensare a come sia possibile che mio fratello, che è una persona solare, spiritosa e divertente, possa stare da dieci anni con lei.
Alessandro si avvicina quindi al frigorifero, prende una birra e mi ringrazia semplicemente muovendo le labbra, capisco quello che ha detto con facilità e mantengo la mia promessa di aiutare a sparecchiare la tavola e dare una mano.
-Daniele non è necessario davvero, posso farcela anche da sola. Tu siediti pure o fuma una sigaretta, se devi.- dice lei con un tono neutrale, resto immobile con le ultime cose del tavolo in mano, non sapendo quindi cosa dovrei farne.
Gliele porgo ugualmente, lei è sempre così fredda e distaccata, proprio non riesco a capire il perché.
Mi appoggio quindi al frigorifero, tenendomi le mani tra di loro e tirando le dita, un altro dei miei modi per tenere sotto controllo l’ansia e lo stress.
-Tutto bene, Annalisa? Mi sembri un po’ stanca o arrabbiata. È successo qualcosa oggi?- le chiedo, faccio il giro largo della vera domanda che vorrei porle, visto che so benissimo che questa sua freddezza è dovuta alla mia presenza.
O almeno penso che sia così.
Lei sospira, poi si volta appena verso di me.
-No, oggi è lavoro è andata bene. E non devi mentire per coprire tuo fratello, so benissimo che Alessandro fuma.- dice lei improvvisamente, sono però impassibile decidendo di non darle conferma e aspettando che sia lei a continuare. -La puzza di sigaretta è difficile da togliere da vestiti, sai?-
-Allora se non è lavoro e non sei arrabbiata per questo, cos’è che ti turba?- le chiedo debolmente, poi azzardo la domanda abbassando il tono di voce. -Ho fatto qualcosa io?-
Annalisa si volta ancora verso di me, entrambi sappiamo che è così, direi che è evidente da come lei si comporta. Ormai in una settimana che sono qui l’ho capito.
-Non hai fatto nulla, Daniele. A voi due sembra che tutto possa andare bene e che vent’anni possano scomparire schioccando le dita, ma sono preoccupata per l’effetto che questo avrà su Alessandro.- mi spiega lei, ma allo stesso tempo è come se non l’avesse fatto visto che non posso capire.
-Che intendi dire?-
-Alessandro era emozionatissimo all’idea che tu venissi qui e che potessi restare. Ma se c’è una cosa che ho capito di te è che non sei sicuro di ciò. Quindi mi chiedo, cosa accadrà quando vorrai andare via?- dice terminando di sciacquare il lavabo e girandosi con il corpo contro di me, poggia una mano sul marmo del mobile e l’altra sul fianco a mo’ di rimprovero.
-Non ho mai detto che voglio restare, ma non ho neanche mai detto che me ne voglio andare. Per ora sto bene qui.- le rispondo sinceramente facendomi forza, non voglio essere aggressivo ma allo stesso tempo non voglio farmi sopraffare da lei. E sembra capirlo bene.
-Spero che sia così. Perché tu hai avuto una madre. Alessandro ha perso tutta la sua famiglia, vivendo con un padre assente. E ora sei tu. Non deluderlo, per favore.- il modo in cui marca la parola fa sentire anche a me la sua assenza.
Neanche io ho avuto un padre e mi sarebbe piaciuto poter contare su mio fratello maggiore.
Annuisco, poi restiamo in silenzio qualche istante.
Elaboro una tesi a mio favore: d’altronde lei non sa che cosa ho passato io, non sa che rapporto ho avuto con mia madre e della sua protezione. Così eccessiva e ossessiva da influenzare le mie scelte, specie quando si trattava del passato.
Non voglio che le mie scelte dipendano da altri.
Ma poi capisco che c’è dell’altro: una cosa nella quale sbatto come se fosse un muro di mattoni al quale non avevo pensato.
-Hai paura che Alessandro possa affezionarsi troppo a me perché hai realmente paura per come si possa sentire o perché credi che passerà molto tempo insieme a me?-
Gelosia. È un sentimento che difficilmente controlliamo e Annalisa non lo sa mascherare bene ora che è scoperta.
-Entrambe. Alessandro e io stiamo cercando di metter su famiglia; è nostra intenzione avere un figlio insieme e prima del tuo arrivo voleva aspettare di avere un rapporto solido con te...- lascia la frase in sospeso, ma non indago oltre sulle ragioni.
-Quindi hai paura che possa passare troppo tempo. O che se dovessi decidere di tornare in città, Alessandro possa sentirsi ferito dalla mia scelta e voler aspettare ancora.- la mia è una affermazione, non riesco a smettere di pensare, come se tutti i pensieri fossero collegati tra loro.
Annalisa quindi resta in silenzio. Poi annuisce.
-Non intendo andarmene tanto presto.- non so perché ma stupidamente mi vengono in mente Marco, Fabio e Aurora. E l’invito al compleanno del primo. E naturalmente anche Alessandro. -Non posso assicurartelo, ma è così.-
Forse loro sono il mio nuovo inizio.
La ragazza continua a fissarmi per qualche istante ancora prima che la conversazione venga interrotta dal ritorno di Alessandro che sembra più allegro e su di giri che mai. C’è un ultimo sguardo di tensione tra me e lei e con tacito accordo, decidiamo di non continuare, per oggi…
E soprattutto di non farlo sapere ad Alessandro.

Come girasoli al tramonto [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora