16 settembre 2021

Il fruscio mi distrae dai miei pensieri ed è come se mi trovassi qui da molto tempo, mi volto alle spalle e vedo uno scoiattolo che scappa via mentre un altro lo insegue, come se stessero giocando. Poi ritorno a sentire solo la brezza che spira tra gli alberi ingialliti del sentiero che io e Alessandro stiamo percorrendo da qualche ora.
Quando ne parlavamo al telefono tramite messaggi non pensavo che avrei mai davvero fatto un’escursione in montagna con lui, come se si trattasse solo di un’idea. Un po’ come quando dici ad un amico ci vediamo presto e poi passano mesi interi.
-Dani? Restami vicino, non conosci questi boschi e non vorrei che ti perdessi.- mi chiama all’attenzione e metto da parte i pensieri che prima si erano concentrati sul velo oscuro del mio passato. Sento le dita indolenzite, sono fredde.
-Prima mi stavi dicendo che questo sentiero lo conosci bene.- gli ricordo, lo vedo annuire alle spalle e mi affretto a raggiungerlo compiendo la distanza tra noi.
Alessandro è proprio abituato all’escursioni e si vede nel modo in cui si è preparato: indossa un pantaloncino sportivo che arriva fino al ginocchio e che favorisce la camminata, poi tiene una canottiera con un logo sul petto, sembrano figure geometriche che però unite non hanno un senso.
Il suo abbigliamento è adatto, non come il mio.
Pensavo che il jeans grigio scuro potesse essere buono per la camminata ma mi sbagliavo visto che mi sento stringere le gambe, ho scelto anche una camicia rossa non troppo leggera a maniche lunghe che come consuetudine tengo alzate fino a sotto il gomito. E non potevo far mancare i bracciali in cuoio e l’orologio, i miei soliti accessori.
Lo zaino che ho alle spalle contiene un quadernetto e una penna, ho lasciato il cellulare lì dentro in modalità silenziosa e ho portato qualche snack per degli spuntini.
Alessandro invece nel suo tiene l’acqua e due contenitori con del cous cous di verdure fatto da Annalisa, pare che lei sia vegetariana, la sera che sono arrivato ho potuto constatare quanto sia brava anche a cucinare il ragù.
-C’è stato un periodo lungo diversi anni in cui venivo qui ogni domenica. Facevo sempre un percorso diverso, queste montagne le conosco bene. Non manca molto allo spiazzo comunque, da lì si ha una vista meravigliosa della città.- dice indicando un punto in avanti in maniera casuale.
-Come ti ci sei appassionato?-
-Nostro padre amava la natura. Per questo motivo non voleva andarsene da Vallerossa. Parlava sempre del tramonto e ti quando belle fossero le montagne; ne era ossessionato!- risponde Alessandro, lo raggiungo aumentando la velocità dei miei passi e vedo i suoi occhi azzurri brillare attraverso gli occhiali, sono pensierosi.
-Non ricordo nulla di lui… mi sarebbe piaciuto conoscerlo prima della sua morte. Che tipo era?-
Alessandro mi rivolge un’occhiata e un sorriso triste, potrei interpretarlo in mille modi, ma alla fine sceglie di parlarmene.
-Era molto simile a te. Non nell’aspetto, tu hai preso tutto da nostra mamma mentre io ero praticamente lui da giovane.- risponde ancora ridacchiando, torna a guardare in avanti e mi fa cenno di girare a destra al successivo bivio. La scritta sul cartello indica che stiamo per raggiungere un punto d’osservazione.
-Nostro padre era un tipo di poche parole. Era sempre disponibile però ad ascoltare le persone e a Vallerossa tutti gli volevano molto bene. Aiutava la città in ogni modo ed è per questo che penso di essere così ben voluto da tutti: faccio il possibile per onorare la sua memoria facendo come faceva lui. Questa cosa mi fa stare bene.-
Riesco quasi ad immaginarlo attraverso il suo racconto: un uomo simile a mio fratello, di una decina d’anni più vecchio, con i lineamenti e l’esperienza di chi ha avuto due figli maschi: anche lui con la mascella squadrata, alto e dalle spalle larghe e fisico tonico come Alessandro, l'aspetto gentile e un sorriso per tutti, un vero esempio.
-Avresti dovuto conoscerlo. Meglio di come lo ricordi. Ti sarebbe piaciuto un sacco e tu saresti piaciuto a lui.- dice infine.
Assorbo la notizia lentamente, cercando di non pensare alla tristezza che mi assale in questo momento. -Nostra madre non parlava mai di lui. Ogni volta che chiedevo lei evitava l’argomento. Anche quando sono stato più grande, lei diceva sempre che “l’amore non può durare per sempre. Tutto ha una fine”…- e molte altre frasi che non ricordo neanche.
-I nostri genitori si sono separati per molti motivi: la mamma voleva inseguire i suoi sogni ed era stanca di vivere in un paese piccolo.- dice Alessandro, avendo dodici anni lui lo può ricordare meglio di me e lo ascolto attentamente. -Credo che il soffocare i suoi desideri l’abbia spinta a lasciarlo. Ma amava te più di qualunque altra cosa al mondo. Eri il suo gioiello più prezioso. Eri soltanto suo.-
-La mamma mi voleva molto bene. Però non pensavo così tanto. Ti ha mai dato fastidio questa cosa?-
Alessandro ed io arriviamo ad un largo spiazzale e capisco che siamo arrivati proprio dove dovevamo arrivare: il sole è ancora alto nel cielo di mezzogiorno e una folata di vento autunnale mi provoca una leggera frescura alle braccia.
Mi guardo in giro osservando la zona.
Gli alberi sembrano formare una conca naturale, i loro tronchi sono larghi e le foglie vengono strappate via creando questo mantello naturale di arancio, giallo e marrone. Dall’altro lato vedo la balaustra di legno creata per evitare che qualcuno scivoli sullo strapiombo e vedo che sono stati messi dei tavoli di legno e delle panche per permettere alle persone di sedersi.
-Fastidio? Non credo. Ed è normale che quando un nuovo figlio nasce, i genitori diano attenzioni anche a lui.- risponde infine Alessandro, poi mi rivolge un’occhiata facendo un mezzo ghigno. -Sai una cosa buffa? Quando eri molto piccolo ti comprava dei vestitini rosa che ti facevano sembrare una bambina. Ti prendevo in giro ma non credo che mi capissi.-
Ridacchio insieme a lui immaginandomi la scena, chissà se la cosa ha avuto influenza nel mio passato.
-Quindi mi bullizzavi da piccolo? Buono a sapersi, così saprò come vendicarmi un giorno quando avrò la possibilità.- gli rispondo scherzando allo stesso modo, lui poi resta sogghignando ma in pochi istanti quello diventa una smorfia triste e il suo sguardo si spegne appena.
-Ricordo che quando eri nella culla nella camera da letto ti venivo ad osservare. Mi aspettavo che ti trasformassi in una specie di mostro e che volessi far del male a mamma e papà.-
-Un mostro? Grazie mille, Alex, la tua situazione non fa altro che peggiorare!- gli dico mentre ci incamminiamo verso i tavolini. Il mio stomaco brontola per la fame e questo potrebbe essere un buon posto per mangiare.
-Non sapevo che cosa potessi essere. Poi ho cambiato idea.-
-Ah sì? E cosa è successo?- chiedo incuriosito sedendomi e lasciando il mio zaino accanto a me, Alessandro imita il mio gesto sedendosi davanti ai miei occhi e incrociamo gli sguardi.
-Una sera, mentre controllavo che non ti trasformassi, eri sveglio e mi hai semplicemente guardato attraverso le sbarre della culla, pensavo che mi avresti mangiato e invece mi hai sorriso. E allora ho capito che ti avrei voluto bene per il resto della mia vita!-
Le parole di Alessandro mi provocano brividi in tutto il corpo, a partire dalle braccia fino alla schiena, la sensazione poi va sia in basso che in testa e mi sento come se girasse.
-Non credo mi abbiano mai detto una cosa così bella. Ti ringrazio davvero, Alex.- mi prendo un attimo di pausa per pensare alle parole successive, essere sincero con lui è la cosa migliore in questo momento. È la cosa giusta da fare. -Ho difficoltà a fidarmi delle persone ormai, per me è impegnativo, ma sento che con te al mio fianco andrà tutto bene.-
-Siamo due fratelli che si sono ritrovati. Nulla potrà separarci.- scherza, ma non sa davvero quanto io possa avere stima di lui, poi torna serio. -Cosa ti è successo per avere così sfiducia nelle persone?-
Eccoci: siamo arrivati al punto di non ritorno, alla più grande sfida che Vallerossa potesse in qualche modo riservarmi, parlare di me e del mio passato ad Alessandro. Ma devo farlo! Doc probabilmente mi direbbe fare ciò che mi sento di fare.
-Diciamo che è complesso e non mi è facile parlarne, ma penso di volerlo fare con te: ho deciso di trasferirmi a Vallerossa per cercare di cambiare vita. Ma quello che non sai è che… da quasi un anno sto affrontando un percorso con uno psicologo. Stavo affogando nella mia mente e non c’era nessuno che potesse darmi una mano o trascinarmi via dall’acqua…-
Uso quelle metafore perché era proprio la sensazione che provavo e con quella Doc era in grado di capirmi.
Alessandro non commenta, diventa però di ghiaccio in volto, serio e pronto ad ascoltarmi, come se non avesse altre emozioni.
Quindi capisco che posso parlare e lui è lì ad ascoltarmi.
-Prima di spiegarti questa cosa, dovrei effettivamente dirti una cosa importantissima della mia vita… una cosa che ho sempre avuto difficoltà a dire ad altri per paura che potesse condizionare i miei rapporti. Io… io sono gay!-

Come girasoli al tramonto [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora