Strano come le foto dei social possano dare un’impressione molto diverse delle persone che nella realtà sono tutt’altro.
Alessandro è molto alto, più di me di alcuni centimetri, inoltre ha un fisico più impostato: ha le spalle larghe messe in risalto dalla maglietta bianca che indossa, mostrando le braccia toniche di chi fa dello sport. A differenza mia, lui ha i capelli completamente rasati, anche se la leggera peluria che ha adesso mostra la colorazione naturale del castano.
I lineamenti del viso sono simili, ma lui ha la mascella più squadrata, condividiamo gli stessi occhi azzurri di nostra madre, abbiamo lo stesso taglio ma la sua espressione è sfuggente, furba. Inoltre sul naso porta un paio di occhiali da vista grandi e arrotondati che stanno bene sul suo volto.
-Ehi, come va?- chiedo imbarazzato, ho fantasticato tanto sul giorno in cui ci saremmo finalmente rivisti. Ora non ricordo nulla delle procedure che mi sono inventato e mi avvicino muovendo in maniera pesante i piedi.
-Solo questo? Non ci vediamo da vent’anni e non riesci a dirmi altro? Molto male, fratellino!- dice lui spostandosi verso di me con passo rapido, allarga le braccia e me le avvolge attorno.
Rimango bloccato dalla sua forza non sapendo come rispondere, poi alzo le braccia anch’io e ricambio quel gesto poggiando la testa sull’incavo tra la spalla e il collo.
Quel momento tra di noi sembra durare in eterno, ci sono un sacco di cose che vorrei dirgli, eventi del quale vorrei parlare, i social non bastano a descrivere la vita di una persona. Interrompiamo quell’abbraccio che mi faceva sentire al sicuro e protetto, ma sto comunque bene.
-Quindi… sono passati davvero vent’anni? Non ricordavo che fossero così tanti. Cioè io avevo, cinque anni?- chiedo cercando di instaurare una conversazione normale senza farla sembrare forzata, Alessandro annuisce.
-Sì, perché tu dovevi iniziare le elementari. Non so se ti ricordi, ma andavamo a scuola insieme. D’altronde l’unica scuola che ci sia qui a Vallerossa eh!- dice lui con sarcasmo, la cosa mi diverte e mi concedo una risata sincera.
-Sì, mi ricordo che non ti alzavi mai presto e la mamma urlava sempre. E arrivavo in ritardo anch’io.- commento a mia volta, sposto il peso su una gamba e lascio un braccio lungo il fianco afferrandomi il gomito con l’altra mano.
-Non ci crederai mica ma a lavoro arrivo sempre puntuale. Altrimenti mi caccerebbero dalla centrale!- dice in risposta, mi ricordo che mi aveva parlato del fatto che lavorasse nella stessa centrale elettrica nel quale lavorava anche nostro padre.
Vallerossa per molti anni serviva proprio ad ospitare facilmente tutti i dipendenti della centrale che, abitando vicino, potevano viaggiare meglio. Una città costruita per i lavoratori che in seguito si era espansa con i servizi di prima e seconda necessità.
C’è un altro attimo di silenzio tra di noi, stavolta è più imbarazzante, sembra che mi stia studiando, posso vedere che i suoi occhi furbi sono tristi adesso.
-Tutto bene?- chiedo innocentemente. -Ti sei spento di botto.- gli dico quasi svegliandolo dai suoi pensieri. Pare che questo sia un tratto caratteriale comune.
Alessandro scuote il viso come per scacciare via quei pensieri, mi sorride ancora, poi afferra la mia valigia con una mano e praticamente mi strappa via lo zaino mettendoselo alle spalle, per me erano entrambi abbastanza pesanti visto che ho dovuto mettere tutto quello del quale avrei potuto aver bisogno nei primi giorni.
Ma lui sembra riuscire a sollevarli con facilità.
-Stavo per dirti che sono pesanti, ma non sembra un problema per te.- commento mentre mi fa cenno di seguirlo lungo la strada principale di Vallerossa, non aggiunge nulla quindi mi limito a dire una parola. -Grazie.-
I miei occhi trovano un cartello che indica il nome della via di Vallerossa, suppongo che sia la strada principale e quando abbasso lo sguardo vedo un gatto che si lava le orecchie, mi guarda e poi scivola via nel vicoletto. Mi viene da sorridere pensando che sia un qualche segno del destino: amo i gatti.
Mentre attraversiamo la strada, Alessandro fa qualche passo in avanti più di me, i miei occhi si rivolgono alle strutture intorno.
Sono palazzi alti soltanto tre piani, includendo anche il piano terra; le facciate sono costruite interamente in mattoni rossi, ma alcune hanno una diversa tinteggiatura che mantiene colori caldi e figurativi del lungo viale, non ci sono terrazze, in questa zona della città, solo tetti spioventi. Ci sono molte finestre e pochissimi balconi che sono comunque stretti.
La cosa che attira la mia attenzione però è la pulizia e la quantità di piante che riempie non solo le case, ma anche il lungo viale con i suoi alberi dalle chiome larghe e ombrose.
I colori dominanti sono quelli dell’autunno, i miei preferiti.
Camminando pesto le foglie marroni, arancioni e ingiallite, presto verrà l’inverno che porterà con sé solo il bianco.
Ci sono delle persone sedute sulle panche, anch’esse intervallate da grandi vasi di piante di un verde molto scuro e freddo, non ci sono fiori, immagino che fioriranno in primavera.
Alzo gli occhi al cielo che in questo momento si sta tingendo di rosso per via del magnifico tramonto che fuoriesce dalle montagne lontane, il riflesso della luce mi arriva quasi diretto agli occhi facendomeli lacrimare, è una sensazione piacevole mista all’emozioni che il contrasto tra il marrone e il caldo tramonto mi dona in questo momento.
-Ti stai godendo il panorama eh? Vallerossa è una città piccola, ma scoprirai che ha tante meraviglie al suo interno, spero che ti troverai bene qui.- dice lui interrompendo i miei pensieri, faccio qualche passo in avanti mettendomi al suo fianco.
-Stavo solo dando un’occhiata. Non ricordo molto di questo paese e sono abituato alla grande città. Ne saresti stupito anche tu.- gli rispondo continuando a guardare avanti, alcune persone ci passano accanto e salutano mio fratello, immagino che si conoscano. Non è la prima volta che capita da quando ci siamo immessi nel lungo viale.
-Sembra che ti conoscano in molti.- dico vago voltandomi finalmente verso mio fratello e trovo il suo sguardo puntato addosso. Lui si volta in avanti e ridacchia grattandosi la testa con le dita. Lo faccio anch’io quando sono in imbarazzo.
-No. Solo che mi conoscono da molto tempo. Qui tutti si conoscono tra di loro, siamo come una grande famiglia.- dice Alessandro in risposta, e la cosa mi fa sentire tranquillo, chissà se anch’io riuscirò a trovare uno spazio in questa comunità.
-Le persone sembrano simpatiche, finora nessuno mi ha guardato male. Quindi non ho davvero l’aria da ragazzo di città che avevo paura di trasmettere.- gli dico cercando di essere scherzoso e raggiungo il mio obiettivo facendolo ridacchiare.
-Ti assicuro che l’ultimo aggettivo che ti darei è proprio ragazzo di città.- fa una breve pausa poi sgrana gli occhi e si volta verso di me. -Voleva essere un complimento eh. Cioè spero che tu non…-
Si interrompe quando il suo cellulare squilla improvvisamente e ci fermiamo nel bel mezzo del marciapiedi. Alessandro risponde alla chiamata quando vede di chi si tratta.
-Ehi, amore. Sì, sono con mio fratello finalmente. Come sembra?- Alessandro fa una pausa guardandomi a seguito della domanda fatta dalla persona col la quale sta parlando. Scrollo le spalle non sapendo cosa dire. -Sembra che il tempo si sia fermato. Sì, certo che stasera è tutto confermato… siamo ancora in giro.-
Le sue parole mi arrivano dritte al cuore come una freccia, trattengo un sorriso ma le labbra mi si allargano sul viso e mi costringo e guardare da un’altra parte. Mi fa piacere che lui non mi trovi cambiato, anche se vent’anni sono un tempo lunghissimo.
Lui è molto diverso, aveva i capelli lunghi come i miei quando aveva dodici anni. Lo ricordo molto bene.
Cerco un modo per sfuggire a quella situazione mentre Alessandro sembra semplicemente divertito.
-Do un’occhiata in giro, ti dispiace?- dico piuttosto imbarazzato.
Guardando dall’altro lato della strada vedo che ci sono alcuni negozi: la lavanderia, una piccola biblioteca e poco più avanti un’insegna attira la mia attenzione e mi fa sgranare gli occhi.
“La Tana del Drago”.
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Come girasoli al tramonto [COMPLETA]
ChickLit[...] Non guardare lì. Anche se ce l'hai davanti, non puoi farlo! Questa frase echeggia nella testa mentre poggio i fazzoletti e la mia mano sulla coscia di Fabio strofinando in maniera vertiginosamente vicino la sua virilità: la mano si muove delic...