mille primi giorni

2.4K 35 1
                                    

Ogni mattina è identica, tutte identiche, ognuna di queste faccio sempre le stesse cose, ogni volta compio le medesime azioni, ragiono su quante volte ho vissuto le stesse giornate, oggi la risposta approssimativa è mille, un numero infinitamente grande, molto grande.
Oggi per la precisione è il primo giorno di scuola, è il primo per la millesima volta.
Spazzolo i miei capelli, mossi e pieni di nodi dalla notte scorsa, nonostante non sia la prima volta che vivo questi giorno sono sempre agitata, la notte fatico ad addormentarmi e poi non riposo mai al cento per cento.
Poso la spazzola sul bordo del comò, sospiro per la millesima volta da quando mi sono svegliata, "devi fartene una ragione Camila" mi ripeto per la millesima volta, "non hai tu il potere di decidere queste cose" anche questa frase la ripeto per la millesima volta, sono le stesse che mi ha detto mio padre, lo stesso uomo che non vedo mai, il medesimo che si è rifiutato di stare con sua figlia dopo la morte della moglie, mia madre e che per non vedere più una parte della sua donna che non poteva e non può più avere ha trovato la scusa del lavoro per sparire per lunghi periodi e farsi sentire e vedere raramente, non lo biasimo per la nostalgia verso mia madre, non lo posso assolutamente fare, io gliela ricordo, stessi occhi, labbra, capelli, tratti del viso, ogni cosa di me lo riporta a me.
<<Signorina Camila è pronta?>>
La voce squillante della mia governante mi risveglia dal mare di pensieri che c'è nella mia testa.
<<Cami, sei pronta>>
Camila <<ora basta se non vi rispondo ci sarà un motivo!?>>
Rispondo, sono nervosa, arrabbiata e molte altre cose ma non sono felice.
La porta si apre e vedo la testa del ragazzo che dal primo momento in cui è entrato in questa casa mi ha fatto da fratello, in qualsiasi occasione, sempre, sopportandomi e supportandomi.
-
Entrano dalla porta Tre ragazzi, uno è più alto degli altri, molto anzi moltissimo, è sicuramente molto più grande di me.
<<Camila, lui è Jake>>
Dice il nome del ragazzo indicandolo e dandoli una spinta dietro la schiena per farlo fare un passo verso di me, lui ha una faccia strana, sicuramente un'pò strano lo è.
Continua, indica l'altro, quello vicino, ha i capelli che sembrano oro, come la collana della mamma, quella con una forma curva sulla punta.
<<lui è Liam>>
Il bambino non mi guarda, guarda a terra, ha le mani dietro la schiena e non dice niente.
<<vuoi dire qualcosa a mia figlia?!>>
Papà usa un brutto tono per parlarli, quello che non ha mai usato neanche la mamma con me.
Quel bambino non dice nulla e non si muove e papà continua a guardarlo.
Sembra arrabbiato, per poco guarda anche me ed io mi riparo dal suo sguardo pauroso dietro alle gambe di Miriam.
<<sei proprio sicuro di non voler dire nulla a mia figlia?!>>
Alza un'pò la testa e mi guarda, ha gli occhi celesti, mi sembrano dello stesso colore del cielo quando faccio le passeggiate con mamma nelle giornate di sole, ha qualcosa di diverso, dimostra che non è contento a differenza dei suoi fratelli, "strano", "molto strano".
<<e poi c'è lui, ha la tua età e si chiama Jacob>>
Un bimbo con gli occhi scuri e la pelle marroncina viene avanti, mi sorride e anch'io gli sorrido.
<<da ora in poi loro saranno sempre con te>>

<<Cami, Camila, Camila! Stai bene?!>>
La sua voce, quella che dal primo il momento in cui l'ho sentita mi ha trasmesso solo trasparenza e affetto.
Lo guardo meglio, continuo a non aprire bocca, nei suoi occhi color cielo vedo crescere l'ansia mentre ogni muscolo del suo viso è teso formando un'espressione che rappresenta appieno ciò che probabilmente sta provando in questo momento, penso di aver anch'io una faccia simile alla sua, i ricordi, sono quelli che mi fanno cadere, ogni volta, succederà sempre lo so, è sempre stato il mio punto debole, quando mi viene in mente qualcosa che in passato mi ha segnato divento una morta vivente, tutti ormai ci sono abituati ma l'ansia e la paura non diminuiscono mai, soprattutto per Liam, il nostro rapporto è sincero, lo è sempre stato.
Il mio respiro rallenta un'pò mentre lo guardo, chiudo leggermente le palpebre mentre aspiro e scendono due lacrime dritte sulle mie gote.
<<stai bene ora?>>
Riapro lentamente gli occhi.
<<si>>
Sussurro la risposta, non so in quanto recupererò la voce, di solito ci metto un'pò devo distrarmi, solo distrarmi, "ehm certo come se fosse facile", mi dico, "sarà sempre tutto uguale", ancora, la mia stessa mente che si mette contro il mio cuore, "non ora!".
<<Va tutto bene, è solo un ricordo, non la realtà>>
Respiro ancora, lo guardo ancora, le sue pupille solo grandi e dilatate, penso sia più che preoccupato.
<<sto bene>>
<<ne sei proprio sicura?>>
Lo sa che anche se gli risponderò di no non avrò altra scelta che andare a scuola, lui non lo sa, io non so dove lui sia in questo momento è sicuramente non saprà presto di quello che mi succede ogni volta che LUI prende la decisione di farmi cambiare scuola o di apportare enormi cambiamenti alla mia vita, di cui non è neanche partecipe.
Mentre io sono totalmente persa nei miei pensieri, Liam continua a fissarmi come fa ogni volta che mi succedono questi episodi, si passa velocemente la mano tra il suo ciuffo di capelli color paglia baciata dal sole in una bella giornata, la loro bellezza aumenta in momenti come questo quando di prima mattina la luce che entra dalla finestra riesce a farli splendere ancora di più. Sposto gli occhi sulla porta di legno che da la possibilità di accedere alla mia stanza, cigola leggermente, da anni cigola leggermente quando la apri, infatti so chi può essere molto probabilmente.
<<mi dispiace disturbarvi ma dobbiamo andare>>
Il mio altro "fratello adottivo" ha l'aria scocciata, cosa non da lui ma assolutamente riconducibile a cosa accadrà oggi, lui sa già come andrà, tutte le volte è uguale identico.
<<Ok>>
Rispondo senza fare una piega, mi asciugo le piccole gocce sul mio viso.
<<potete aspettarmi fuori per favore>>
Mi accarezza delicatamente le mani cercando di calmarmi più velocemente.
<<certo>>
Liam che fino ad un minuto fa era in ginocchio davanti a me si alza e va verso la porta, la chiudono lasciandomi sola, ancora per poco, mi chino verso terra e prendo lo zaino, lo metto su una spalla e vado verso l'armadio prendendo una giacca in jeans, sono davanti alla porta, mi volto prima di uscire, la vedo, una foto sul mio comodino di me e mia madre, ha una cornice rosa pastello e un postit che una volta era giallo pastello ma oggi ha una tonalità spenta, me lo aveva lasciato mia madre sul bancone della cucina in una mattina estiva che ricordo molto bene, all'epoca stavo iniziando a leggere ma la sua calligrafia la conoscevo ed era molto più comprensibile per me, la scritta "alla mia Camila con amore dalla tua mamma ❤️"
L'ultima delle lacrime attraversa il mio viso depositandosi sul colletto della camicetta.
Esco, con un peso nel petto, un'aspettativa più che realistica che mi porto dietro da tempo.  
Scendo gli scalini uno ad uno appoggiando completamente il piede su ognuno di essi, senza un minimo di fretta, in fondo alla lunga e irregolare rampa mi aspetta Jacob, l'ultimo dei miei "fratelli adottivi", ha la mia età e non sembra neanche fratello di Liam e Jake, nessuna somiglianza, ha anche un carattere diverso dal loro, è meno disciplinato ed è più "umano".
<<Tutto bene?>>
Sospiro, ancora, lui lo sa già come sto.
<<È una domanda retorica?>>
La sua faccia passa da impassibile a stupita dalla mia risposta.
<<wow stamattina siamo sarcastiche!>>
<<Ahahaha>>
La mia solita risatina isterica contrasta le sue battute che non fanno assolutamente ridere.
<<Signorina Camila!>>
Ancora una volta la mia governante mi chiama, corre dalla cucina attraversando la sala da pranzo per salutarmi.
Si avvicina, avvolge le braccia intorno alla mia vita, un gesto di affetto dalla donna che dai miei sette anni mi ha fatto da madre, da migliore amica, dal primo momento.
<<le auguro una buona giornata e spero che questa volta sarà diverso>>
Lei parla ma le sue parole non influiscono né sulla realtà è neanche sulle mie credenze, purtroppo.
<<anch'io spero che sarà diverso>>
Dopo avergli risposto mi giro avviandomi verso la porta, varco la porta ritrovandomi all'esterno della casa, nel cortile, davanti a me c'è la macchina, un Mercedes enorme con i vetri neri, dalla portiera scende Jake, con il suo metro e novanta e i suoi ventitré anni, è imponente e molto protettivo, possiede uno sguardo fulminante con i suoi occhi castano nocciola, tra i tre Liam è l'unico ad averli azzurri.
Mi apre la portiera facendomi segno di entrare.
<<ti ho già detto che non serve che apri la portiera>>
Non sono d'avvero scocciata solo che a volte come se non fosse abbastanza mi fanno sentire ancora più diversa, non faccio nulla, non apro nemmeno la portiera da sola, le altre ragazze lo fanno.
Sbuffo mentre mi avvicino fissandolo, qualcuno potrebbe dire che sembro una psicopatica per come lo faccio ma questo è il nostro modo di comunicare quando nessuno dei due non vuole parlare.
Mi siedo, allaccio la cintura prima di essere rimproverata come se fossi una bambina, mette in moto la macchina, la portiera affianco alla mia si apre improvvisamente e vedo salire Liam, anche lui è molto imponente ma quella non è la cosa più bella di lui, lo dico perché gli voglio bene e per me è come un fratello.
Chiude la porta dell'auto, davanti a lui c'è Jacob seduto al posto del passeggero, Jake è alla guida con le mani già posizionate sul volante ed i piedi sui pedali.
<<era ora Liam>>
Fa una battuta sarcastica anche se non è solito di lui che è più da discorsi seri.
Liam non contesta, sta in assoluto silenzio.
Il viaggio verso la nuovamente millesima scuola inizia, strade sempre tutte uguali, almeno le principali per uscire dalla piccola cittadina in cui è la nostra casa, un posto abbastanza sperduto nelle campagne, con un guardiano enorme e circondato da natura, guardo dal finestrino, gente, persone normali che fanno cose normali, ragazze che vanno a scuola a piedi, insieme, in modo perfettamente normale, la differenza non è solo questa ma che io li vedo ma che loro non vedono me, non parlo dell'auto ma della pura e semplice realtà, qui non mi conosce nessuno, non ci conosce nessuno, forse qualcuno si ricorda qualcosa di me, quando ero piccola e vivevo una vita più o meno normale con mia madre, al mio fianco, momenti in cui ho respirato davvero, poco tempo però.
<<eccoci>>
Mi volto verso il lato opposto incrociando lo sguardo con Liam, fuori dal vetro vedo un edificio, grande, alto, pieno di finestre, tutte caratteristiche solite di una scuola.
Giriamo nel piccolo parcheggio, viste le dimensioni di questo mi viene da dedurre che abbia un numero ristretto di studenti, non voglio immaginare quanto costi, non è mai stato un problema quello, avevo e ho tutto ciò che voglio, dopo la morte di mia madre lui, anzi mio padre pensava di poter curare tutto con i soldi, mi portò in un grande negozio di giocattoli, il più grande che avessi mai visto, "loro erano molto diversi", mi ripetè la signora Miriam quando mi misi a piangere, avevo sette anni ed era la prima volta che sentivo parlare di mia madre al passato, lei mi diceva che gli oggetti non potevano curare il dolore, che solo noi potevamo, aveva ragione ma era difficile superare il dolore, quasi impossibile.
Clic!!
Il rumore della cintura mi sveglia, non è quella degli altri, è la mia, infatti qualche secondo dopo scivola lentamente sul mio corpo per poi finire dov'era prima.
<<hey>>
La sua voce vicino al lobo del mio orecchio mi fa tornare cosciente, così lo guardo.
<<hey>>
Silenzio, Jacob e Jake non so dove siano finiti sembra che ci siamo solo noi due nell'auto.
<<vogliamo andare?!>>
Seconda domanda retorica della giornata, wow, retorica perché anche stavolta non ho scelta, senza dire una parola agisco direttamente, apro la portiera e scendo subito, vedo Jake che aspetta immobile, in una mano ha il telefono e nell'altra il mio zaino, sono curiosa, lui usa il telefono solo per scrivere i messaggi e chiamare, almeno che io sappia.
<<Con chi ti scrivi?!>>
Gli domandò arrivando con un sorriso che urla disperazione e voglia di andarmene e soprattutto curiosità, non mi faccio e non mi farò mai gli affari miei finché si tratta di lui e gli altri, per me sono la mia famiglia, nonostante il sangue non sia lo stesso.
<<nessuno>>
La risposta che usa abitualmente, quella che fa intendere solo indifferenza e nient'altro.
<<ok!>>
Uso il suo stesso tono indifferente mentre afferrò lo zaino dalla sua mano.
<<potevi almeno chiedere di passartelo>>
<<Non avevo voglia>>
Esordisco ironicamente con un sorriso a dir poco isterico.
Lui fa le spallucce, inizia a camminare verso le strisce pedonali per passare dall'altro lato della strada seguito da noi tre, l'entrata è come mi immaginavo, qui non sono mai stata ma non ho mai osato pensare che fosse diversa dalle altre, semivuota, private, elitarie e piena di persone che amano solo i soldi, pensano solo a quelli, non sanno vedere altro, sembrano le persone perfette, disegnate dettaglio per dettaglio dalla ricca società odierna, anche se a quanto so da quanto ho studiato fino ad ora di storia una volta era identico.
Arriviamo davanti a delle grandi porte, occupano quasi la metà della grande parete, il materiale sembra legno, non recente, per niente recente.
<<sei pronta? Busso?>>
Tiro un sospiro mentre sento una mano piena di calore sulla mia spalla, una mano abbastanza grande che mi porta un sollievo inimmaginabile, proprio quello di cui avevo bisogno ora, so che Liam sarà con me come Jake e Jacob, ovviamente.
Trovo il coraggio di rispondere a Jake.
<<si sono pronta, puoi bussare>>
Altro respiro, guardo davanti a me mentre si apre la porta, una signora abbastanza bassa, con capelli bianchi e un vestito nero ci accoglie.
<<Buongiorno lei dev'essere la nuova studentessa>>
<<si è la signorina...>>
Jake prova ad intervenire ma la donna sembra in accorgersene neanche.
<<si certo, certo, entrate e seguitemi>>
Il primo passo dentro, all'interno di una costosissima prigione la cui rata mensile è finanziata da mio padre.
Passo dopo passo sulle piastrelle color bianco lucido dei corridoi mi guardo intorno, vuoto, questa parte è deserta. In lontananza intravedo una figura che penso essere Il preside, un'uomo robusto, composto, alto, calvo e con degli occhiali da vista squadrati, la solita e comune figura intimidatoria di una scuola, molto simile alle altre che ho già visto, camminiamo per il corridoio, inizio a pensare come ogni volta che più che lui quella che intimorisce sono io qui dentro, ad ogni mio passo le persone si spostano quasi sparendo dalla mia vista in un millesimo di secondo, sanno chi sono, il mio cognome dice tutto, lui pensava che trasferendoci in un posto dove nessuno ci conosce di persona saremmo diventati come tutti invece non è così, in realtà non so se lui ci avesse pensato o avesse preso il primo posto più remoto sulla cartina geografica.
Camminiamo sempre di più verso l'uomo, fino ad arrivare molto vicino a lui.
<<preside lei è la signorina...>>
<<si so molto bene chi è, suo padre mi ha parlato molto, ovviamente soprattutto al trattamento che le dobbiamo riservare tutti noi oltre al suo ottimo rendimento scolastico>>
Non esito a ringraziarlo, davo per scontato che mio padre avesse fatto la ramanzina ed esposto il regolamento speciale direttamente al preside.
<<grazie signore>>
Lui non sorride si limita ad annuire mentre muove la mano facendo segno di seguirlo.
Guardo a terra, preferisco guardare direttamente il pavimento invece delle facce delle persone, sicuramente è più probabile che delle piastrelle lucide come uno specchio non giudichino me o il mio riflesso su di esse.
Ci fermiamo davanti ad un'aula molto grande, pareti bianche, banchi color quercia ed innumerevoli persone già sedute.
Il capo dell'istinto si avvicina alla maniglia, la spinge verso il basso, la apre e subito una signora che presumo essere la professoressa.
<<scusate?!>>
Interviene il preside nel bel mezzo di una lezione dopo aver aperto la porta ed essersi schiarito la voce.
La donna si gira, un viso incredulo coglie anche me di sorpresa.
<<signorina!?>>
La sua affermazione mi porta a chiedermi se sapesse che oggi è il mio primo giorno qui.
Si avvicina, è bassa con un caschetto biondo cenere e due occhi di un verde intenso.
<<è un piacere conoscerla>>
<<anche per me>>
Mi limito a rispondere come risponderebbero tutti.
<<è un piacere conoscere anche voi signori>>
I ragazzi annuiscono, niente di più.
<<dentro l'aula ci sono tre sedie per i signori come richiesto>>
<<bene molte grazie>>
L'insegnante ci fa strada dentro l'aula è così inizia ufficialmente la mia giornata

BROTHERS - prima parte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora