27.

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jackson's pov

flashback.

È venerdì sera e non ho la forza di andare a casa e vedere il viso deluso di mia figlia.

Sono dieci giorni che non è più così felice.

Sono dieci giorni che ho licenziato Megan.

Invio un messaggio a Charlotte, la baby-sitter, chiedendole se può lavorare qualche altra ora.

La risposta non tarda ad arrivare, e fortunatamente ha deciso di accettare.

Posso permettermi di pagarla più di quanto io stia già facendo, in questo periodo la mia azienda sta avendo un picco, che spero duri a lungo.

Esco dall'edificio nel quale ha sede la mia azienda, e raggiungo la mia auto, dopo essere entrato, metto in moto il mio gioiellino, sfrecciando per le vie colme di traffico, fino ad arrivare ad un pub abbastanza conosciuto.

Parcheggio la macchina nel primo posto libero che trovo, e successivamente entro nel locale.

Un'aria calda mi colpisce, facendo contrasto con il freddo di fine novembre presente all'esterno.

Arrotolo le maniche della mia camicia bianca, e poi mi siedo su uno sgabello al bancone.

La bar-man si avvicina a me.

«Che cosa desidera?» mi domanda, fissandomi per un secondo di troppo.

«Un moscow mule, grazie.» le rispondo, e quando
si gira per preparare la mia ordinazione, mi casca l'occhio sul suo fondo schiena.

Indossa un top blu e degli shorts del medesimo colore, talmente corti da lasciare poco all'immaginazione.

Ha dei lunghi capelli rossi raccolti in una coda alta, ed un corpo snello pieno di tatuaggi.

Si gira e posa davanti a me il drink.

«Quant'è?» domando.

«15$» mi risponde.

Le porgo 20$.

«Tieni pure il resto.» le dico, e lei annuisce, prendendo i soldi.

«Vuole altro?» mi chiede, ma scuoto la testa.

Ultimamente per alleviare lo stress, dato che in quest'ultimo periodo non è poco, ho ricominciato a fumare.

Ho sempre fumato, in realtà, ma prima di adottare Abigail mi ero promesso di smetterla, per non farla crescere con un fumatore.

Ma non sono riuscito a mantenere la mia promessa, e ciò mi delude.

Prendo un pacchetto dalla tasca dei pantaloni, ed esco dal locale, accendendo una sigaretta.

Dopo qualche minuto la ragazza che mi ha servito esce dal locale.

«Hai una sigaretta?» mi domanda, guardando dietro di se'.

Annuisco e le passo il pacchetto, lei ne prende una e poi me lo restituisce, così lo rimetto in tasca.

«Qualcuno ti ha fatto arrabbiare?» le domando, mentre con l'accendino gliela accendo.

«Lascia stare. Ho un capo particolarmente stronzo.» mi risponde seccata.

«Beh, mi dispiace, ma io non ho questa sfortuna.» dico.

«Tu non hai un capo?» mi chiede, alzando un sopracciglio.

«Sono io il mio capo.» le rispondo.

«Allora riformulo la frase che stavo per dire.
Spero che tu non sia un capo stronzo.» mi dice.

«Non lo so, non l'ho mai chiesto ai miei dipendenti.»

Lei trattiene un sorriso.

«Comunque piacere, Valentine Diamond.» si presenta, dopo aver fatto un tiro.

«Jackson Taylor.» le rispondo.

Quando l'ha finita, getta a terra la sigaretta, per poi pistarla con il tacco dei suoi stivali.

«Devi tornare dentro?» le chiedo.

«No, in realtà oggi non avrei dovuto lavorare, ma una mia collega mi ha chiesto se potevo coprirle il turno per un po' dato che sarebbe arrivata con mezz'ora di ritardo.» mi risponde.

«Abito da sola in un appartamento poco distante da qui, voglio sdebitarmi per la sigaretta e la mancia, se ti va ti offro qualcosa.» mi dice, ed io accetto.

Mi ha spiegato che lei viene qui a piedi, perciò siamo saliti sulla mia auto, e lei mi ha fatto strada.

Dopo essere arrivati, prendiamo l'ascensore e saliamo al secondo piano.

Apre la quarta porta lungo il corridoio, ed entriamo.

Il suo appartamento è molto piccolo, ma accogliente e ben arredato.

«Come fai a mantenere tutto quest'ordine?» le chiedo.

«Nessun segreto, semplicemente sto poco in casa, non mi piace non fare niente per tutto il giorno.» mi risponde.

«Birra?» mi domanda, ed io accetto.

«Siediti pure sul divano, torno tra un attimo.» mi dice.

Vado a sedermi sul divano nero presente nel piccolo salone.

Dopo qualche secondo torna, con in mano due birre stappate.

Me ne porge una, e dopo essersi tolta le scarpe, si siede comodamente vicino a me.

Accende la televisione, tenendo il volume basso.

A fine serata non riesco a resistere al suo corpo, e finiamo per scopare sul suo divano.

fine flashback.

Ormai è passato un mese dalla serata in cui ci siamo conosciuti.

Ora io e Valentine siamo fidanzati, avrei preferito mantenere la nostra relazione segreta, ma prima o poi avrei dovuto presentarla ad Abigail.

Non potevo continuare a non stare con lei ogni fine settimana.

La scorsa settimana gliel'ho presentata, ma non è andata come speravo, a mia figlia non va molto a genio.

Si era affezionata a Megan, ultimamente parla poco con me, e quando mi parla è come se volesse dirmi qualcosa di importante.

Come se lei sapesse qualcosa che io non so, e l'istinto mi dice che Megan c'entra qualcosa.

In questo momento Valentine sta dormendo con me, nel mio letto, in casa mia, ma ho lo stesso pensiero, che non mi permette di dormire serenamente da un po', in testa, come tutte le sere.

Prendo il mio telefono, e come sto facendo da un mese, entro nella chat tra me e Megan.

Guardo l'ultimo accesso: mezz'ora fa.

Facendo ciò riesco a stare più tranquillo, so che lei sta bene.

Perché io l'ho licenziata sapendo non stesse bene economicamente, e se le succedesse qualcosa la colpa sarebbe in parte mia.

Vorrei comportarmi come se lei non fosse mai esistita, come se non avesse mai fatto parte della mia vita, ma non riesco a dimenticare gli ultimi due mesi.

Sento come se ci fosse qualcosa che la tiene ancorata a me, ma sono troppo orgoglioso per chiederle scusa.

𝑰 𝒏𝒆𝒆𝒅 𝒖Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora