Capitolo 5

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Siamo come dei libri
all'apparenza solo inchiostro
su carta
ma se ci guardano meglio
siamo una storia
da ricordare.

"Di che lista parli?" Chiedo.

"Niente" Dice Math guardando dietro le mie spalle.

Mi volto e vedo mio fratello.

"Lasciala stare" Dice Noah a denti stressi, raggiungendoci con tre ampie falcate, il suo petto fa su e giù rapidamente, segno che è nervoso.

Io cerco di fermarlo mettendo le mani sul suo petto, lui però si scansa dalla mia presa rapidamente, come se io fossi solo un piccolo ostacolo insignificante.

"NOAH NO" Urlo a squarciagola gola, tanto da farla bruciare.

Lui si volta verso di mentre afferrava per il colletto Math.

Mi osserva con occhi carichi d'odio, aveva paura che Math potesse farmi qualcosa, anche se ancora non lo conosceva, mio fratello era così, impulsivo e protettivo.

Alcune volte diventava pure opprimente.

Lui lo lascia se ne va insieme a me, abbandonando Math lì da solo, sconcertato, era rimasto immobile per tutto il tempo.

Chissà cosa avrà potuto pensare di me.

"Che ti ha fatto? Dimmelo" Dice Noah fermandomi con una presa del polso.

"Niente" Rispondo portando lo sguardo verso le mie scarpe, che in quel momento mi apparivano molto più interessanti.

Vorrei solo andare a casa, nella mia palestra ed allenarmi, non pensare a nulla, e non essere toccata da nessuno, nemmeno da mio fratello.

Mi stacco dalla sua mano bruscamente, e me ne vado, dirigendomi in un luogo a me indefinito, l'unico mio desiderio è quello di andarmene.

Però Noah continua a seguirmi, ed essendo più veloce riesce a pararsi davanti, bloccandomi la strada

"Dimmi che ti succede, non ti posso aiutare se non mi parli" Mi dice convincendomi a parlare.

"Non voglio essere aiutata" Dico non guardandolo negli occhi, non avrei potuto reggere un'altro suo sguardo critico, o compassionevole.

Lui finalmente mi lascia andare, e io corro all'interno della scuola, rifugiandomi in bagno, probabilmente sono una vigliacca, lasciando lì tutti, insieme ai miei problemi che cerco di evitare da ormai tempo, ma non ero ancora pronta, forse non lo sarei mai stata.

Sentii la campanella suonare, proprio il tempo di sciacquarmi la faccia con dell'acqua congelata, sperando di riprendermi da quello avvenuto pochi minuti prima.

Presi la mia roba a mi diressi verso l'aula di matematica.

La classe ormai era piena e c'era posto solo alla prima fila; per il corso di matematica non ero insieme a Sharon e Jughead, ringraziando cielo divino, perché se no mi avrebbe fatto mille domande su dove fossi finita per tutto l'intervallo, e sarei stata costretta e inventarmi una delle mie tante bugie.

Ignorai tutti gli sguardi indiscreti dei miei compagni, di cui non mi sarei mai ricordata né i nomi né i volti. 

Le ore passarono a dir poco lentamente, e quando uscii dalla scuola mi ritrovai Sharon ad aspettarmi raggiante, solo in quel momento mi ricordai che sarei dovuta andare a fare shopping insieme a lei.

Candido come il biancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora