Capitolo 22

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Dicono che se fa male
poi ci renderà più forti
ma sono stanco di nuotare
dentro un mare di ricordi.


Mi risveiai il più presto possibile, mi alzai di scatto cercando di non fare rumore, cambiandomi in fretta, indossai dei pantaloni neri con un top dello stesso colore, mi misi il capello bianco, misi uno zaino in spalla ed uscii chiudendo delicatamente la porta.

I miei capelli volteggiavano, giocando con il vento.

Spensi il telefono e tirai fuori dallo zaino un vecchio foglio, erano delle istruzioni che mi aveva scritto Liam prima che partisse, l'ultima volta che riuscii a vederlo, c'era scritto tutto, ma appena rovistai meglio nello zaino notai che ci fosse anche un telefono?

Lo accessi, e quando vidi le scritte capii subito, faceva tutto parte del piano, Liam era consapevole che fossi l'unica persona in grado di comprendere i suoi enigmi, che usava sempre come giochi, mi ero oramai abituata.

Il telefono era stato progettato apposta per non essere rintracciata dallo Stato, dentro c'era lo stretto necessario, delle app basilari, ma la cosa che mi incuriosiva di più era che ci fosse un messaggio.

Dirigiti nel posto che preferisco di più in assoluto.

J.W.

Rilessi il messaggio una decina di volte, e finalmente capii chi fosse "J.W." ora sapevo perfettamente dove dirigermi, J.W. intendeva mio padre, Jacob White, e il suo posto preferito era il bar, in particolare quello che si trovava sempre nelle piazze principali.

Corsi verso la piazza, non sapevo chi mi sarei ritrovata lì, ma dovevo fidarmi per una volta di mio padre, una cosa ero certa, non mi avrebbe mai messo in pericolo, solo lui poteva permettersi di farmi provare dolore, gli altri mai.

Appena raggiunsi il bar aprii la porta, spostai lo sguardo da un tavolo all'altro, erano solo le 6.30 del mattino, e non c'era nessuno, solo in un tavolo situava una persona, era un uomo con la pelle scura, bel messo, vestito di nero, con altrettanto occhiali da sole, era pelato, ma non prenunciava neppure una ruga.

Ci scambiammo uno sguardo, poi mi fece segno di sedersi davanti a lui.

"È la signorina Ruby White?" Mi chiese a bassa voce.

"Sì, mi chiami Ruby Nelson" Non diedi spiegazioni del perché avessi cambiato cognome, non ne avevo il dovere, anche se lui mi lanciò uno sguardo ammonitore.

"Ok, sai già perché sei qui?" Mi chiede.

"No" Risposi scuotendo la testa lentamente, facendo muovere i miei capelli lisci.

"Io sono solo una 'tappa', adesso dovrò consegnarti una valigetta, tu non dovrai aprirla, e dovrai anche nasconderla per non dare sospetti, tuo padre mi ha lasciato un messaggio per te: 'chiama il primo numero che trovi in rubrica sul tuo telefono, sii prudente, ricorda, questa non è un'esercitazione, appena finirà la giornata ci sarà tuo fratello che verrà a Boston, ci sarò anch'io, ti diremo poi tutto noi'

Io non mi lasciai sopraffare dall'emozioni, non era il momento, questa non era più un piccolo problema da risolvere per due persone ossessionate da me, loro due erano delle spie, avevo abbassato la guardia, e quando mi sono baciata davanti a loro non vedevano l'ora di picchiare Math, e magari anche di avvicinarsi alla mia famiglia, ora era tutto chiaro, non era un semplice gioco, era un piano che avevano organizzato appena avevano scoperto che mi fossi trasferita nella loro città.

Candido come il biancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora