Capitolo 9

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Ma là dove c'è il pericolo
cresce anche ciò che salva.

La giornata volò e quando arrivai a casa mi fiondai in camera per studiare come una matta, passai così le due ore che avevo a disposizione prima di andare in palestra: immersa tra fogli, libri, schemi e il computer con tutte le slide di storia.

La prossima settimana mi sarei ritrovata una verifica e avrei preferito passare il fine settimana tranquillo invece che chiusa in casa mentre studiavo.

Quando ebbi finito uscii di corsa dalla camera per potermi cambiare con un body, oggi avrei avuto allenamento per due ore, fino alle 18.00.

Mi caricai il borsone in spalla e uscii da casa, ero da sola per tutto il giorno e sera, visto che mia madre era partita, Jacke faceva i doppi turni e mio fratello stava da un suo amico a dormire.

Presi la mia bici e partii verso la palestra, non era molto lontana e ci avrei impiegato massimo 10 minuti per arrivarci, nel frattempo feci giocare il vento con i miei capelli sciolti.

L'aria era frizzante, ma piacevole, adatta per una fine estate a Boston; dopo poco arrivai in palestra, entrai nello spogliatoio per togliermi i vestiti, rimanendo in body con una coda fatta velocemente.

"Sei arrivata, vai subito a lavorare nel corpo libero che sei in ritardo di alcuni minuti" Mi dice la mia istruttrice Ivy, era una giovane ragazza, aveva i capelli rossi che cadevano sulle spalle. aveva dei lineamenti gentili e gli occhi marroni.

"Corro" Dico.

Iniziai a fare la coreografia che mi avevano assegnato, esercitandomi bene a essere più fluida, un problema che riscontravo già da mesi.

Dopo molti tentativi decisi di andare alle parallele asimmetriche, il mio cavallo di battaglia, iniziai facendo il "saluto" per poi saltare sulla trave più piccola. Terminai la mia breve coreografia e sentii chiamarmi dalla mia istruttrice.

"Ruby va bene così, per oggi hai finito torna pure a casa" Disse Ivy distrattamente, allora io la salutai e mi andai a cambiare.

Sentii lo squillo del telefono.

Chiamata in arrivo da "Math il principino"

E ora che vuole?

"Ciao" Disse appena risposi.

"Ciao, perché mi hai chiamato?" Chiesi.

"Voltati verso destra" Mi voltai e notai che sull'uscita della palestra c'era un Math appoggiato al muro.

"E tu che ci fai qui?" Chiesi avvicinandomi a lui.

"Ti devo portare in un posto" Dice indicando la sua moto.

Io mi sedetti sul veicolo mettendomi il casco, pregando di non morire, proprio come avevo fatto stamattina, solo che questa volta era diverso, avevo meno paura, mi ero abbastanza abituata, visto che Math mi ha promesso di accompagnarmi a scuola ogni giorno dovevo cercare di inserire quella sensazione che mi lasciava la moto nella mia routine.

Quando arrivammo davanti a un muretto che affacciava ai palazzi della città, Math spense il motore, togliendosi il casco e scendendo lentamente, ogni suo movimento era preciso, come se fosse programmato, a stento dubitavo che fosse un robot.

Candido come il biancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora