Cap.4: Colonnello Tom Parker

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Erano i primi mesi del 1955 quando ritrovai un viso familiare tra tanti, colui che mi aveva sempre supportata e che mi aveva incoraggiata a vedere il bello nelle piccole cose. Tuttavia non era più Andreas, ma Tom. Il mio amico di famiglia lavorava nel mondo della musica già da qualche tempo e si faceva chiamare Colonnello. Che bizzaria da artista, pensai.

Gli accordi con la Sun Records durarono circa un anno, quando il Colonnello Tom Parker non riuscì a ritagliarsi un ruolo maggiore nella carriera di Elvis. Grazie al suo successo intorno all'America le mie foto divennero sempre più celebri e mi ritrovai a fare molte interviste nel tempo libero.

Fu grazie al successo delle mie foto che il Colonnello conobbe Elvis, certo la sua musica parlava da sola, ma intuì il business, e se c'è una caratteristica che lo distingueva tra tanti era proprio l'intuito e una certa dose di avidità.

Quando incontrai Tom dopo tanto tempo, qualcosa era cambiato. Non aveva più la luce dell'amore per l'arte, piuttosto qualcosa che sembrava sete, fame.

Dovette accorgersi della mia diffidenza nei suoi confronti, perché mi ricoprì di incarichi a tal punto che fui costretta a cedere.

Una tecnica, quella di portarti allo sfinimento, che portò Elvis a una sorte ben peggiore.

Ero stanca e debilitata per ciò mi ritagliai dei momenti solo per me. Quando Elvis non doveva fare concerti, ritornavo a Memphis per riposarmi. Russell aveva trovato un'altra ragazza ed ero molto felice per lui. Entrambi erano grandi fan del cantante e gli mostrai le foto che avevo fatto durante i concerti ma anche nei momenti di particolare ispirazione. Mi chiesero, visto che lavoravo a suo stretto contatto, se potessero avere dei biglietti per uno dei concerti. Elvis aveva una grandissima gentilezza e non mi fu difficile averli. Vedere la gioia dei miei amici fu meraviglioso.

Il 21 novembre 1955 venne siglato l'accordo con la RCA, l'industria musicale di cui il Colonnello era manager. In questo modo egli divenne sempre più importante nella carriera di Elvis.

Più in là scoprii che all'età di 18 anni, avendo messo da parte abbastanza denaro per potersi mantenere per un breve periodo, entrò illegalmente in America, saltando giù dalla nave sulla quale stava prestando servizio e, dopo un breve soggiorno sul territorio americano, tornò in Olanda. Quando io ero partita per Memphis e stavo frequentando la scuola, lui era incappato in un omicidio di una ragazza in cui era coinvolto e, con molta probabilità, era scappato clandestinamente in America per paura delle conseguenze .

All'epoca però non ero ancora a conoscenza di quel fatto e di molti altri aspetti oscuri e misteriosi della sua vita.

Il 24 novembre di quello stesso anno Elvis si lasciò con Dixie. Fu una sorpresa per me visto quanto erano legati e quanto stavano insieme.

Stava piovendo molto ed ero tornata a Memphis per riposarmi e avevo saputo che Russell e Anna si erano trasferiti ad Amsterdam nella quale si erano sposati, non sapevo che lui fosse un tipo da matrimonio. 

Ero sola e le uniche amicizie che avevo riguardavano Parker e Presley. Mi dedicai alla lettura di alcuni libri che mi aveva consigliato Elvis quando, nel pomeriggio, sentii squillare il telefono. Ero sorpresa perché, ad eccezione di quelle due persone, nessuno possedeva il mio numero. Alzai la cornetta e risposi. Immediatamente la voce angelica del cantante arrivò al mio udito.

«Ciao, ho appena finito alcune registrazioni ti va se ci vediamo per una cena?»

Quella domanda mi stupii. Elvis non mi aveva mai chiesto una cosa simile durante tutto il tempo in cui eravamo stati insieme. Fu inaspettato. A me lui piaceva come semplice amico e non riuscivo a immaginarlo qualcosa di più. Avevamo passato molte avventure in compagnia ma non credo che si potesse chiamare amore. Che Elvis provasse un sentimento molto più profondo verso di me? Era per quello che si era lasciato con Dixie? Avevo troppe domande per la testa e volevo assolutamente delle risposte. Ero fin troppo curiosa e agitata tanto che la mia mente era annebbiata.

Accettai l'invito e quella sera, alle 20:00 in punto, mi feci trovare preparata davanti la porta della mia casetta con un abito longuette nero dalla linea aderente, con ampio scollo a V e maniche tre quarti, dei tacchi neri e per l'occasione mi ero anche truccata e lisciata i miei capelli rossi.

Quando Elvis arrivò, fermandosi davanti la porta, con la sua Cadillac rosa ero emozionata come non mai. Ma chiunque lo sarebbe stato al mio posto se Elvis gli avesse chiesto un appuntamento!

«Leen? Sei tu?» mi chiese, non era abituato a vedermi vestita da donna, con i tacchi per giunta, risposi con una linguaccia e tutto tornò a posto. Mi sorrise con il suo splendido modo di fare che avrebbe sciolto un iceberg.

Lui era elegante come sempre e grazie al trucco i suoi occhi celesti come il mare più pulito, risplendevano. Mi prese per mano e da bravo gentleman quale era mi aprì la portiera dell'auto. Durante il viaggio parlammo molto e arrivati a destinazione, nel centro città, scendemmo. Il ristorante in cui aveva prenotato sotto falso nome per non farsi scoprire dai fan era un edificio grandioso: all'esterno c'era una lunga vetrata trasparente mentre all'interno c'erano moltissimi divanetti rossi e da un jukebox risuonavano alcuni successi di quel tempo.

Prendemmo posto e leggemmo i menù. Durante tutta la cena Elvis mi parve molto strano: sapevo che gli frullava in testa qualcosa ma non sapevo dire cosa. Lui aveva ordinato un panino che all'apparenza sembrava semplice ma in realtà era ricco di calorie: burro d'arachidi e banana con accanto le patatine. Io invece ne presi uno semplice. Parlammo ma notai che nel suo tono c'era qualcosa. Dopo aver mangiato finalmente ebbi delle spiegazioni. Si fece serio e il mio cuore cominciò a battere fin troppo velocemente. Sudavo ed ero in ansia.

«Eileen, ti conosco da sei anni e soltanto negli ultimi tempi abbiamo avuto modo di approfondire la nostra amicizia. Quando mi sono dovuto trasferire non sono riuscito a crearmi degli altri legami e Dixie mi aveva aiutato moltissimo. Era una ragazza molto bella e simpatica. Eravamo molto legati ma dopo gli spettacoli, stando in tua compagnia, ho compreso che non era più forte come un tempo. Litigavamo spesso e così ci siamo lasciati. Tutto questo per dirti che tu mi piaci. Non credo che nessun'altra ragazza possa prendere il tuo posto nel mio cuore, Eileen.»

I suoi occhi azzurri rispecchiavano come un lago le sue emozioni turbolente: aveva paura di essere rifutato e sperava che ciò non accadesse.

Mi lasciò di stucco, certo non era mai stato di molte parole, ma così fu un po' scioccante.

Mi sentii precipitare come se avessi perso l'appiglio al mio salvagente e mi trovassi in mare aperto non sapendo nuotare. Decisi di uscire un attimo dal ristorante fermandomi sul marciapiede, vuoto senza gente, per prendere una boccata d'aria. Camminavo avanti e indietro senza riuscire a calmarmi. Gli piacevo? E adesso? Cosa potevo fare? Accettarlo? Io però non lo ricambiavo. Ero ancora immersa in quell'oceano di domande che mi stavano facendo annegare quando avvertii un tocco improvviso. Saltai dallo spavento incontrando gli occhi celesti di Elvis. Era confuso dal comportamento che avevo avuto poco prima.

«Elvis, per me tu sei solo un amico niente di più. Sei il fratello che non sono mai riuscita ad avere, non riesco...» Non fui capace di completare la frase che lui avvicinò la sua gota sulla mia. Tutt'attorno diventava, poco alla volta, sempre più buio. Non udivo più nulla. Percepivo un solo punto in tutto lo spazio circostante, infisso da qualche parte di estratto nella mia mente e preludio inarrivabile di piacere. Era la carne rossa delle sue labbra, pervasa da sangue ribollente di passione, che si avvicinava alla mia paralizzandone tutti i cinque i sensi. Ogni pensiero sparì dalla mia mente, lasciandomi persa in sensazioni straordinarie, uniche e meravigliose. Con un gemito profondo, mi strinsi a lui finché potei sentire il battito del suo cuore contro il seno.

A quel punto, Elvis mi sollevò sul cofano della sua auto, poi mi affondò le dita nei capelli, baciandomi con passione crescente. Solo il bisogno di ossigeno ci costrinse a separarci. Mi toccai le labbra ed emisi un suono a metà tra il dolore e il piacere. Potevo sentire ancora le sue labbra contro le mie, la sua lingua che cercava la mia. Ero ancora più confusa. Miliardi di domande ronzavano nel mio cervello senza darmi tregua. Mi feci accompagnare a casa nella quale mi sfogai.

Sognai di nuovo quel bacio così passionale e la mattina seguente capii che i miei sentimenti verso Elvis erano irreparabilmente cambiati. Lo amavo e quel bacio aveva mutato le carte in tavola. Lo aspettai fuori dallo studio di registrazione e quando uscì gli dissi quello che adesso veramente provavo nei suoi confronti.

Iniziammo la nostra relazione il 25 novembre 1955 ma non arrivammo mai al matrimonio a causa dell'entrata in scena, pochi anni dopo, di Priscilla Beaulieu.

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