Cap.19: Michael Jackson

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Nel giugno del 1995 il celebre Re del pop mi invitò a casa sua a Neverland per conoscerci. Io ero piuttosto titubante. Avevo sentito molte storie su di lui, in particolare, sulle sue accuse di pedofilia. Era un personaggio stravagante e non sapevo cosa pensare. La sua casa si trovava in California e durante il viaggio molti pensieri avevano ingombrato la mia mente.

Quando eravamo arrivati vidi davanti ai miei occhi una splendida villa. Rimasi meravigliata. A quanto pareva Lisa aveva ragione: qualcosa in comune con Elvis lo aveva. La sua abitazione all'interno era ancora più spettacolare: c'era un lungo corridoio di lineum che portava a numerose stanze. La guardia del corpo che mi aveva accompagnata mi lasciò e io chiamai il nome di quello che sarebbe diventato il mio datore di lavoro. Non mi rispose nessuno. All'improvviso sentii uno strisciare e davanti a me comparve un serpente. Lanciai un urlo da far tremare le pareti. Il cuore correva come un pazzo. Poi avvertii una risata cristallina e l'uomo che vidi era di una bellezza eterea: il suo sorriso era perfetto, gli occhi castani brillavano, i capelli neri riccioluti erano lasciati liberi e aveva un fisico divino. Lui prese tra le braccia quell'essere non smettendo di ridere.

«Dovevi vedere la tua faccia! Era da foto! Muscles non è pericoloso ed è innocente. Tu devi essere Eileen Van Der Meer Presley, io sono Michael Jackson.» Mi porse la sua mano mentre quel serpente era arrotolato tra le spalle. La strinsi. Mi accompagnò nel suo soggiorno ma ancora non mi fidavo. Una persona che spaventava la gente con il  suo serpente come poteva considerarsi normale? Era pure un pedofilo.

Mi sedetti sul sofà insieme a lui che cominciò a parlare dei dettagli tecnici e del denaro che avrei ricevuto. Lui non aveva potuto seguire il mio lavoro e dovetti presentarmi. Gli parlai di tutto e lui ascoltava rapito come un bambino a cui veniva raccontata una favola. Quando finii volli arrivare dritta al punto: tutto ciò che veniva detto di lui era vero? Lui sospirò. Compresi di aver toccato un tasto dolente.

«Sono l'ottavo figlio di nove. Mia madre, Katrine, era una commessa in un supermercato e una testimone di Geova. Mio padre, Joseph, era un operaio e in gioventù un chitarrista. Ho tre sorelle chiamate Rebbie, La Toya e Janet e sei fratelli chiamati Jackie, Tito, Jermaine, Marlon, Randy e Brandon che però è morto un giorno dopo la nascita. Abbiamo vissuto per molto tempo in una casa di mattoni dove la Bibbia era il pane quotidiano. In famiglia vigeva l'ordine e se uno di noi lo trasgrediva c'erano severe punizioni. Io venivo sempre picchiato e abusato psicologicamente da mio padre. Non erano botte semplici, Eileen. Alcune volte prendeva anche la frusta. Mia madre era l'unica che mi amava.» Si fermò per fermare alcune lacrime che stavano per uscire. Mi immaginai un piccolo bambino picchiato dal suo genitore e rimasi sotto shock. Com'era possibile che potesse esistere una persona del genere? Poi continuò con il racconto.

«Io non sono un pedofilo come tutti i mass media credono. Io non toccherei mai un bambino in quel senso. MAI. Io non ho mai vissuto la mia infanzia. Ero un bambino prodigio ed ero sempre sotto i riflettori. Avevo un'insegnante privato e in più avevo le prove con i Jackson 5. Non giocavo mai. Mio padre prentendeva veramente tantissimo da noi. Se sbagliavamo qualcosa erano botte. Io ero il figlio prediletto. Piuttosto che ferire un bambino mi taglierei i polsi. Avrai sentito anche le notizie sul fatto che mi sono sbiancato. Non è affatto vero. Ho due malattie della pelle: il lupus e la vitiligine. La prima mi ha portato ad avere erezioni cutanee sul viso e sul naso mentre la seconda ha portato alla formazione di estese macchie bianche sul tutto il corpo. Ero nero in realtà. Tutto ciò mi ha distrutto psicologicamente. Il mondo è cattivo, Eileen. Perché mi vogliono distruggere non ho idea. Cosa ho fatto di male per meritarmi tutto ciò?» Ero ancora più scioccata. Davanti a me avevo un uomo devastato da quello che aveva passato nella sua vita. Mi sentivo in colpa per aver pensato delle cose simili. Lui non era un pedofilo e lo potevo notare dal fatto che aveva costruito un'intera villa ispirandosi all'Isola Che Non C'è di Peter Pan. Lui si considerava quel personaggio del film d'animazione Disney. Mi disse che per me sarebbe stato meglio sapere quelle informazioni lavorando con lui.

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