13.05.15

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G: "Tutto bene?"
"No, tu?"
G: "Che c'è?"
"Niente, tu come stai?"

Ed era vero. Non c'era veramente niente. Non dicevo "niente" perché non gli volevo dire che cosa avevo, gli dicevo "niente" perché effettivamente non c'era niente. Sentivo come se dentro di me ci fosse un vuoto. Un vuoto nascosto. Con gli altri, con la gente giusta intendo, stavo bene: ridevo e scherzavo, mangiavamo insieme e ci raccontavamo le nostre cose. Appena restavo da sola, impegnata nel "nulla", quando avevo fatto tutto quello che dovevo fare, cadevo in piccole depressioni, se così posso definirle, dalle quali non mi tiravo più su. Andavo a dormire con questo strano senso che assomigliava un po' all'angoscia e il mattino dopo mi svegliavo con questo senso un po' alleviato, che scompariva del tutto appena arrivata a scuola. Prima odiavo la scuola, non mi piaceva. Ora sembra quasi il mio unico rifugio dove riesco a tenere la mente sempre impegnata. E mi scuso con voi, miei pochi lettori, se vi sto annoiando o se, forse, vi sto attaccando questo senso di malinconia. Spero sappiate perdonarmi.

• Il diario di una psicopatica •Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora