Capitolo XI

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«Allora, ti va di mangiare qualcosa?». Quando Kade mi fece quella domanda, rimasi un po' sbalordita. Ci trovavamo ancora nel corridoio del mio appartamento, io con la schiena appoggiata al muro, lui di fronte a me con gli occhi luccicanti e un sorriso malandrino in volto.
«Ma ti ricordi quello che mi hai appena detto? O me lo ricordo solo io?». Il suo sorriso si trasformò presto in una vera e propria risata mentre la mia espressione si faceva sempre più confusa.
«Me lo ricordo benissimo, però non abbiamo fretta, no?». Avrei voluto tanto fare qualche battuta per rispondergli per bene, ma non mi venne in mente niente. Ero completamente senza parole.
«Fai sul serio?». Domandai, senza alcuna traccia di ironia.
«Serissimo. Andiamo a vedere cosa ci offre il tuo buon frigo». Mi prese per mano e mi trascinò in cucina senza neanche aspettare una mia risposta. Avevo sperato che mi stesse prendendo in giro, davvero, ma le mie speranze svanirono nell'aria quando lo vidi aprire il frigo per cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Faceva veramente sul serio, allora.
«Lo fai per torturarmi, non è così?». Ne ero quasi certa, per questo glielo chiesi.
«Forse». Rispose dandomi le spalle. Poi cominciò ad aprire vari sportelli e alla fine tirò fuori del pane, un barattolo di burro d'arachidi, due coltelli e un cucchiaio. «Ma soprattutto...». Proseguì all'improvviso, attirando la mia attenzione. «Soprattutto per permetterti di immaginare quello che potrò farti». Come se nulla fosse si sedette al tavolo, dove io mi ero già accomodata per bene non appena avevamo messo piede in cucina. Pronunciò quella frase come se non stesse parlando del nostro futuro pomeriggio intenso, ma di una normalissima lista della spesa. Il suo tono di voce così tranquillo e rilassato, però, non fece altro che agitarmi di più. Nella mia mente si formarono subito le immagini di noi due a letto, lui completamente nudo, io sopra di lui e... «A cosa pensi, Aria?». La sua voce interruppe i miei sogni ad occhi aperti. Lo sapeva benissimo, il bastardo, a cosa stessi pensando.
«Penso a come ci si possa strozzare con il burro d'arachidi». Sorrisi falsa, vedendolo mettere in bocca un cucchiaio bello pieno di quella deliziosa leccornia, e lui scoppiò a ridere.
«Simpatica. A quest'ora, però, avrei dovuto mangiare i pasticcini che qualcuno ha deciso di lasciare al negozio». Ribatté Kade, riferendosi palesemente a me.
«Beh, non te li meritavi».
«E adesso me li merito?».
«Questo è da vedere». Guardarlo mangiare mi fece venir fame, così presi una fetta di pane e ci spalmai sopra un po' di burro col coltello. Tra noi calò il silenzio, mentre lui continuava ad infilarsi in bocca enormi cucchiaiate da non so quante calorie. Come faceva a mantenersi così in linea, poi? La palestra, ovviamente. Mi risposi da sola e la mia mente prese a vagare su altre nuovissime fantasie, tipo Kade mezzo nudo in sala pesi... Tipo Kade intento a fare flessioni, addominali, squat... Tipo Kade tutto sudato mentre... Dio, dovevo darmi una bella calmata.
Di colpo mi alzai e mi diressi al lavandino, cercando di mostrarmi indifferente. Non potevo permettermi di fare quei pensieri con lui al mio fianco, nel mio appartamento, completamente soli e, per di più, dopo aver avuto una discussione sull'andare a letto insieme oppure no.
Presi un bicchiere dal ripiano e lo riempii d'acqua. Bevvi tutto d'un sorso e ripetei l'operazione. Stavo dando le spalle a Kade perché vederlo mangiare o fare o dire qualsiasi cosa in quel momento mi mandava ai matti e mi agitava maggiormente. Proprio per quello decisi di sciacquare il bicchiere appena usato il più lentamente possibile, come se stessi lavando una pila intera di piatti. Ad un certo punto, però, tra le mie mani ne apparve un'altra, quella di Kade che si allungava per posare coltelli e cucchiaio all'interno del lavello. Si trovava esattamente dietro di me. Sentivo il calore del suo corpo vicino al mio, così vicino da farmi battere il cuore a mille. Mi posò le mani sui fianchi e mi spinse verso di lui, portando il mio culo a contatto col cavallo dei suoi pantaloni. Santo Cielo.
«Kade...». Sussurrai, senza in realtà sapere cosa dire. Cercai di concentrarmi nello sciacquare le posate, ma cominciava ad essere piuttosto difficile.
«Mh». Mugugnò lui, posando le labbra sul mio collo per percorrerlo in una scia di baci. Di colpo mollai il coltello che avevo tra le mani, causando un forte rumore metallico, e poggiai le mani sul bordo del ripiano più per reggermi in piedi che per altro. Spostai la testa da un lato in modo da permettergli un facile accesso e chiusi gli occhi, inebriata da quel momento che era già capitato settimane prima.
Nonostante fossi molto distratta dai dolci movimenti della sua bocca, riuscii lo stesso a trovare un barlume di sfacciataggine e sfrontatezza per spingere indietro il sedere e stuzzicare il suo sesso che subito accettò quel contatto. Sentii Kade emettere un ringhio eccitato e stringere più forte i miei poveri fianchi. D'un tratto le sue mani decisero di prendere un'altra strada e andarono ad infilarsi sotto la maglietta, toccando prima la pancia piatta e poi spostandosi più giù, sempre più giù, fino a... Un cellulare squillò. Di scatto aprii gli occhi e cercai di capire da dove provenisse quel suono, e quasi imprecai quando notai che si trattava proprio del mio telefono nella borsa in salone.
«Scusami, devo per forza rispondere». Kade mi lasciò andare immediatamente. Io mi voltai e gli sorrisi dispiaciuta ed eccitata, due emozioni che lessi anche nei suoi occhi.
«Va' pure. Stai tranquilla». Senza permettergli di imbambolarmi col suo sguardo mi diressi di corsa in salone e recuperai la borsa da terra. Il mio pensiero andò subito a mio figlio che, stando da Cooper, poteva aver bisogno di qualcosa, quindi dovevo per forza controllare. Sul display, però, apparve il nome di mia madre.
«Sempre nei momenti migliori, mamma». Sussurrai.
«Chi è?». Mi chiese Kade comparendo dalla cucina e vedendomi col telefono in mano, indecisa se rispondere o meno. Sospirai.
«È mia madre. Ci metto un secondo, promesso». Dissi al volo e poi spinsi il tasto per accettare la chiamata. «Ehi, mamma!». Andai a sedermi sul divano e puntai gli occhi su Kade, sperando che la chiacchierata finisse presto.
«Tesoro mio, ciao! Come stai?». Se iniziavamo così, non sarebbe stato facile attaccare in tempi brevi. Ne ero sicura.
«Tutto bene. E tu, invece?».
«Tutto alla grande. Il mio nipotino preferito dov'è? Dal padre?».
«Sì, oggi è sabato quindi sta da Cooper». La immaginai annuire lentamente, non cosciente della situazione che aveva appena interrotto. Se solo avesse saputo della presenza di Kade, sarebbe a dir poco impazzita.
«Ti ho chiamato solo per fare quattro chiacchiere. Raccontami qualcosa! Ad esempio, come va con quel misterioso ragazzo?». Spalancai gli occhi a quella domanda. Mia madre mi aveva veramente chiamata interrompendo un gran momento semplicemente per spettegolare sull'uomo che, tra le tante cose, era proprio lì con me e stava ascoltando tutto? Santo Cielo.
«Io... Beh... Bene, credo. Insomma, ci siamo visti qualche volta e...». Mi infilai una mano nei capelli, agitata, e sollevai lo sguardo su Kade che mi fece cenno verso il corridoio e le altre stanze, come per chiedermi il permesso di poter andare. Io annuii, un po' confusa. Doveva andare in bagno?
«E...?». Sentii chiedere dall'altro capo del telefono. Come al solito, la curiosità di mia mamma era paragonabile a quella di Trixie e la cosa mi esasperava.
«E sembra andare tutto bene, sì... Ma ne dobbiamo parlare per forza? Perché non è proprio un buon momento, ecco». Sfruttai l'assenza di Kade per parlarle un po' più apertamente.
«Non me ne parleresti mai, se non te lo chiedessi io! Pensavo di farlo ora perché sei sola a casa e non c'è Tommy, tutto qui. Sei libera di raccontare alla tua mamma tutti i pettegolezzi che vuoi! C'è anche Bob con me, sai? Ed è molto curioso anche lui. Vero, Bob?». Urlò le ultime due parole al diretto interessato, facendomi allontanare il cellulare dall'orecchio. Poi sentii un rumore di passi e voltai la testa verso un Kade tornato probabilmente dal bagno, non aspettandomi ciò che invece mi si mostrò agli occhi.
Kade tornò in salone, sì, solo con qualche pezzo mancante. Si presentò senza maglietta e senza scarpe, con solo i jeans e i calzini addosso. I pantaloni gli fasciavano i fianchi alla perfezione e permettevano di intravedere la leggera peluria che partiva dall'ombelico e proseguiva verso il basso. Virile. Forte. Mascolino. Mi guardò come se nulla fosse accaduto, come se non si fosse appena presentato mezzo nudo nel mio salotto. Per un attimo persi le parole e la gola mi si seccò. L'avevo già visto a petto nudo, certo, ma vederlo spuntare così all'improvviso, tra le mura del mio appartamento, pensando a quello di cui avevamo discusso e a ciò che stavamo per iniziare prima, beh... Se si pensava a tutto questo aggiunto al fatto che, in quel preciso momento, stavo al telefono con mia madre, c'era da impazzire, cazzo. «Tesoro, ci sei?». La voce dall'altro capo mi riportò alla realtà, anche se non completamente.
«Sì... Sì! Ci sono! Dicevi?». Mentii, perché in verità non c'ero per niente. I miei occhi, i miei pensieri, la mia mente, le mie parole... Tutto era perduto appresso a Kade che camminò spavaldo per la stanza e arrivò a sedersi proprio accanto a me sul divano. Si poggiò comodamente sullo schienale e rilassò i muscoli. La pelle perfetta e limpida della sua pancia ultra piatta si raggrinzò formando delle piccole pieghe a causa della sua posizione. Il braccio destro avvolto dal serpente era rivolto verso di me mentre quello sinistro coi tribali era più nascosto alla mia vista. Era bellissimo... Un angelo dannato, macchiato dall'inchiostro dei tatuaggi e avvolto da una luce luminosa, la stessa che vedevo riflessa nei suoi occhi azzurri e brillanti.
«Dicevo che anche Bob è incuriosito dalle tue avventure amorose».
«Sì, beh, prometto di raccontarvi tutto molto presto. Ora...». Mi bloccai quando la mano di Kade finì sulla mia coscia e cominciò ad accarezzarla in un lungo tragitto verso l'alto. «Ora ho la testa impegnata e non riesco». Schiaffeggiai quella mano molesta, scansandola via e guardandolo male. «Sta' fermo». Dissi lentamente a Kade, senza parlare, in modo che potesse leggere il mio labiale.
«Va bene, amore di mamma. Ci ho provato anche oggi... Spero solo di riuscirci, prima o poi, a estrapolarti qualche informazione sull'uomo che ha conquistato la mia piccolina».
«Tutto quello che vuoi. Devo proprio andare ora. Ti voglio bene! E saluta Bob!». Senza aspettare una risposta, chiusi il telefono in faccia a quella povera donna per poi lanciare un'occhiataccia all'uomo al mio fianco.
«Hai improvvisamente caldo?». Ironizzai, provocando il suo sorriso. «Sei proprio dispettoso». Gli dissi ma mi venne da ridere, così mi alzai e andai a rimettere il telefono in borsa per non farmi vedere da lui. Non feci in tempo a posarlo, però, che mi sentii la terra mancare sotto i piedi. Kade mi prese in braccio, catapultandomi sulla sua spalla come un sacco di patate così da farmi ritrovare improvvisamente a testa in giù, la sua mano destra sul mio sedere, quella sinistra a sorreggermi dietro le gambe. «Kade! Che cazzo stai facendo?».
«Dovresti smetterla di dire tante parolacce, piccola». Affermò lui, dandomi un pizzicotto sul culo.
«Di solito non le dico. Con te mi vengono dal cuore, però». D'un tratto mi mise giù, facendo particolare attenzione a far strisciare il mio corpo sul suo fino a che non toccai nuovamente il pavimento coi piedi. In quel momento mi accorsi di essere in camera da letto. La mia camera da letto. Niente più distrazioni, ormai. Niente telefono. Niente cibo. Niente di niente. Solo io e lui, l'uno di fronte all'altra. Le mie mani poggiate sul suo petto caldo, le sue che mi incorniciavano il viso.
«Poniamo fine a questa tortura». Mormorò Kade.
«Quando mai è stata una tortura, per te?».
«Da quando hai messo piede all'Ink, la prima volta».
«Addirittura? Tu eri così tenebroso... Così serioso... E un po' arrogante, aggiungerei». Sussurrai io, accarezzandolo fino a portare le mie dita sulla cerniera dei suoi jeans.
«Per questo ti ho conquistata».
«Non mi hai conquistata per niente, quella volta». Risi mentre le mie mani furono scansate dalle sue che mi afferrarono per i polsi.
«Vorrà dire che ti conquisterò ora». Kade mi portò le braccia dietro la schiena intrappolandomi i polsi in una presa ferrea e, finalmente, mi baciò. Quel bacio non fu né delicato, né violento. Fu un semplice bacio pieno di passione, bramosia, eccitazione. Un bacio che portava con sé un mix di emozioni e promesse su quel che stava per accadere.
Cercai di sfilare le mie braccia per alzarle e toccarlo ma lui me lo impedì. Mi fece indietreggiare, un passo dopo l'altro, fino a portarmi al bordo del letto. In un secondo mi lasciò andare e, senza nemmeno farmi prendere coscienza della situazione, mi afferrò i lembi della maglietta per sfilarmela e buttarla da qualche parte sul pavimento. Per la seconda volta in qualche settimana, rimasi in reggiseno di fronte a lui. Un normalissimo reggiseno nero con un sottile bordo in pizzo, non troppo sexy ma neanche troppo neutro. Kade si tirò indietro e mi osservò come se volesse studiare un'opera d'arte da lui stessa creata. I suoi occhi, più scuri del solito, si soffermarono su ogni punto del mio corpo per poi fermarsi sul seno. Più precisamente nel mezzo, dove la rosa di spine spiccava sulla pelle chiara. Rimase così per qualche secondo, il tempo necessario che bastò per farmi avanti e rimettere le dita sulla sua patta. Questa volta non mi bloccò, così aprii il primo bottone e proseguii per la mia strada. Abbassai la cerniera e sollevai lo sguardo su di lui che ora mi guardava con più intensità, più vigore.
Dio, se era bello... Tirai giù i suoi jeans senza più staccare i miei occhi dai suoi, lentamente, come se la mia vita dipendesse da quello. Arrivata alla fine, fu lui a tirarli via e a scansarli con un calcio assieme ai calzini. Ora, di fronte a me, c'era Kade con indosso solo i suoi boxer neri. Potente e robusto. Definito e muscoloso. Deglutii, sia per mancanza di saliva in bocca, sia per mancanza di fiato. Ero completamente prosciugata davanti a quell'uomo. «Mi stai guardando in un modo...». Mormorò lui, avvicinandosi un po' di più a me.
«Che modo?». Gli sussurrai, anche se sapevo la risposta. Ero totalmente e improvvisamente diventata pazza di lui.
«Come se volessi saltarmi addosso».
«Forse è proprio quello il mio intento».
«Se solo sapessi a cosa sto pensando io, invece...». Non mi diede il tempo di chiederglielo, però, che si impadronì con forza delle mie labbra e mi spintonò indietro. Io strisciai con i gomiti sul letto fino a poggiare la testa sul cuscino, il tutto senza staccare la mia bocca sulla sua. Il corpo di Kade alto e muscoloso sovrastava il mio, magrolino e delicato, facendomi sentire protetta e avvolta dal calore. Reggendosi sugli avambracci, portò le sue labbra un po' più giù, prima sul mio collo e poi sul mio petto, fino ad arrivare al suo obiettivo. Mi abbassò le spalline del reggiseno insieme alle coppe e, così facendo, scoprì del tutto i miei seni. I capezzoli subito si rizzarono a contatto con l'aria fredda, attirando ancor di più l'attenzione di Kade e della sua bocca che partì immediatamente all'attacco. La sua lingua cominciò a giocherellare con il capezzolo destro per poi spostarsi sul sinistro, in modo da riservare il giusto trattamento a entrambi. Quel gesto mi fece inarcare la schiena e buttare la testa all'indietro. Sospirai di puro piacere e Kade sfruttò quell'attimo per sganciare il reggiseno e buttarlo via assieme ai suoi pantaloni, ai suoi calzini e tutto il resto. Mancava ancora qualche indumento all'appello, però.
«Chi te l'ha fatto questo?». Mi domandò Kade e fui costretta a sollevare la testa per capire a cosa si riferisse. Aveva la mano sinistra poggiata sul materasso per sorreggersi mentre quella destra stava sfiorando la rosa tra i miei seni.
«È davvero importante saperlo adesso?». Non credevo ai miei occhi. Stava veramente interrompendo un momento del genere per chiedere dei miei tatuaggi?
«Lo è per me».
«Avevo diciotto anni, Kade. E li ho fatti entrambi dallo stesso tatuatore, ma non mi ricordo di certo il suo nome».
«Entrambi? Qual è l'altro?». Il suo sguardo indagatore si assottigliò ed io sbuffai.
«Una mezza luna sulla caviglia». Risposi, odiandolo un pochino e chiedendomi se si stesse realmente ingelosendo di qualcuno che, anni prima, aveva avuto il permesso di tatuarmi. «Non è niente di enorme né ingombrante, tranquillo. Ora possiamo smettere di parlarne?». Lui ribatté alla domanda chinandosi su di me e lasciando una scia di piccoli baci sulla piccola rosa di spine, oggetto della nostra interruzione. Finalmente!
«Io sarei riuscito a fare di meglio, comunque». Bofonchiò Kade, senza togliere la sua bocca dal mio corpo.
«Modesto». Lo presi in giro e lui mi diede un leggero morsetto sul capezzolo che mi fece lanciare un gridolino. Poi si tirò su e cominciò a slacciarmi i jeans, molto lentamente...
«Promettimi che d'ora in poi solo io potrò ricoprirti la pelle di tatuaggi». Mi disse, spiazzandomi non poco. Aprì un bottone e subito dopo la cerniera, esattamente come avevo fatto io con lui poco prima. Afferrò il tessuto dei pantaloni dai fianchi e li abbassò fino a toglierli del tutto, così da aggiungerli alla pila di vestiti sparsi sul pavimento. «Promettimelo, Aria». Sussurrò, accarezzandomi le gambe lisce con la punta delle dita.
«Te lo prometto, Kade». Risposi infine, desiderandolo forse più di lui. Con quale coraggio sarei andata da un altro tatuatore conoscendo Kade Acker e sapendo, soprattutto, della sua bravura?
«Mi vengono in mente così tante cose, se penso al tuo corpo».
«Stiamo ancora parlando di tatuaggi?».
«Forse». Ora erano rimaste solo le mutande a coprirci, per me gli slip e per lui i boxer. Stavamo ad un passo dall'obiettivo, quello di donarci l'uno all'altra, senza più attese o ripensamenti. Ed era il momento di prendere in mano la situazione e di arrivare al punto, altrimenti di lì a poco sarei veramente impazzita. Fu per quello che mi sollevai e mi misi in ginocchio di fronte a lui sul letto, presi i lembi dei suoi boxer e li tirai giù, smaniosa e impaziente. Non smisi di guardarlo e godetti nel notare l'eccitazione riflessa nei suoi occhi, quel luccichio che molto probabilmente stava illuminando anche i miei. Kade, recependo il messaggio, fece lo stesso con me e in poco più di un attimo ci ritrovammo completamente nudi, in ginocchio, lui davanti a me, io davanti a lui, avvolti dal calore dei nostri corpi, dalla passione e dalla voglia di prenderci e perderci.
Come già tante altre volte era successo, ci baciammo. La sua lingua si fece avanti per niente timida e premurosa e mi costrinse ad aprire la bocca, permettendogli l'accesso. Io sollevai le braccia e gli afferrai la nuca con le mani, stringendolo e attirandolo più a me. Lui mi prese le cosce, mi fece avvolgere le gambe alla sua vita e mi fece sdraiare di nuovo supina sul letto. Prima di poggiarmi del tutto sul materasso, però, tirò giù con forza le lenzuola e ci coprì entrambi con esso. Impazzii immaginando la sua schiena nuda e muscolosa coperta solo per metà da quel lenzuolo bianco così delicato, in netto contrasto col serpente che gli strisciava sulla pelle. Kade poggiò la fronte sulla mia e mi guardò dritto negli occhi. Sentivo il suo membro premere sul basso ventre, eretto, duro e potente. Le mie gambe, aperte e avvinghiate ai suoi fianchi, lo stritolavano in una presa ferrea e vogliosa. Lo volevo, lo volevo davvero, e per farglielo capire mi spinsi su e mi strusciai sul suo sesso, chiaro segno di quel che avevo intenzione di fare.
«Sei sicura?». Mi chiese lui in un sussurro.
«Perché non dovrei esserlo?». I suoi avambracci poggiati ai lati della mia testa mi incorniciavano il volto mentre la sua mano mi accarezzava i capelli sparsi disordinatamente sul cuscino.
«C'è solo un problema. Hai qualche preservativo?». La sua domanda mi spiazzò. Cazzo. Presa com'ero dal momento, non avevo minimamente pensato ai profilattici.
«No... Però prendo la pillola da quattro anni, ormai». Poco dopo la nascita di Tommy mi ero fatta subito prescrivere la pillola contraccettiva, sia per una sicurezza in più, sia per le mie mestruazioni irregolari. «Se non vuoi lo capisco, però...».
«Per me va bene, Aria. Faccio le analisi regolarmente e non ho mai riscontrato alcun tipo di problema». Annuii. Volevo dirgli che gli credevo e che per me era lo stesso, ma non mi uscirono altre parole.
Kade cominciò a distrarmi con le sue labbra, facendo subito cadere la discussione, e infilò una mano tra i nostri corpi avvinghiati. Immaginavo cosa stesse per fare, ma ne ebbi la conferma quando sentii una delle sue dita sfiorarmi il clitoride. Oh, Dio. Lo afferrai dietro il collo e strinsi forte, col respiro che accelerava sempre di più insieme al ritmo delle sue carezze. Senza troppo delicatezza, infilò due dita dentro di me mentre col pollice continuava a stuzzicare il fulcro del mio piacere.
«Kade...». Gemetti pronunciando il suo nome. Poi non resistetti e intrufolai anch'io una mano tra noi, avvolgendola attorno al suo membro. Solo grazie a quel tocco mi feci un'idea della sua grandezza, ma venni subito distratta dal suo ringhio e dalla sua mano – quella non occupata – che mi afferrò per un polso e mi portò via dal suo sesso. «Voglio toccarti». Gli dissi.
«Non ora». Rispose lui secco, per poi infilare l'ennesimo dito.
«Perché?». Chiesi, insistendo, anche se mi importava poco della risposta. Non ero più concentrata su nulla, fatta eccezione per quelle sue dita che andavano dentro e fuori, che spingevano e arretravano, prima delicatamente, poi sempre più forte.
«Perché no». Fu quella l'unica cosa che disse Kade, ma non ci badai. Ero completamente presa dai suoi movimenti e dal mio piacere che man mano cominciava a salire. Lo sentivo. Le mie gambe aperte lo accoglievano, dandogli libero accesso. I miei fianchi cominciarono a sollevarsi e ad abbassarsi, seguendo il suo andamento. Ero scivolosa e bagnata. Pronta per lui.
«Kade, ti prego». Esclamai, mentre nella mia testa continuavo ad implorarlo. Lo implorai di smettere e di sostituire quella mano con qualcos'altro. Lo implorai di darmi piacere, ancor più di quello che già mi stava dando. Lo implorai di prendermi e di farmi sua. Totalmente e unicamente.
«Ti prego, cosa?». Mi domandò lui ma io non risposi. Sentii le sue dita sfilarsi da me e il suo braccio tornare a poggiarsi vicino la mia testa. «Guardami, Aria». Eseguii la sua richiesta e puntai i miei occhi nei suoi, sempre così azzurri e brillanti. Lui si sistemò meglio sopra il mio corpo fino a quando non percepii la punta del suo sesso spingere sul mio. Cazzo, cazzo, cazzo. Il mio cuore cominciò a battere forte e le mie palpebre d'istinto si chiusero mentre aspettavo il momento. Quel momento che non arrivò mai. «Devi guardarmi, Aria». Affermò di nuovo Kade e quasi lo odiai. Volevo guardarlo, davvero, ma ero troppo concentrata su ciò che stava per succedere. Ad ogni modo, mi feci forza e mi obbligai a tenere gli occhi aperti, lo sguardo fisso nel suo. Sembrò passare un'eternità. Un'eternità durante il quale lui non si mosse. Semplicemente mi guardava, mi studiava, come spesso si era ritrovato a fare. Ed io lo guardavo, lo studiavo, chiedendomi come fossimo arrivati fin lì e ripercorrendo tutti i momenti che, fino a quel giorno, ci avevano caratterizzato. I cuori battevano, impazziti. I corpi tremavano, vogliosi. Ma i nostri occhi... I nostri occhi si facevano la guerra in una battaglia di sguardi che mai avrebbe avuto fine.
E poi accadde. Kade entrò dentro di me con una spinta non troppo delicata, ma neanche troppo violenta. Il suo membro si fece strada nel mio sesso riempiendomi, anche se non del tutto, e facendomi urlare. Un grido di gioia e piacere, molto piacere. La sua bocca non mi diede molta tregua, però, e si impadronì della mia. Le mie mani gli afferrarono le spalle e le mie dita affondarono nella sua pelle. Poi Kade si tirò indietro e partì con un'altra spinta, accelerando leggermente il ritmo. Bagnata com'ero, lo sentivo scivolare facilmente dentro e fuori. Il contatto senza profilattico era qualcosa di nuovo ed era... bellissimo. Non c'erano barriere. Non c'erano ostacoli. C'era il semplice contatto, pelle contro pelle, che rendeva il sesso più intenso e piacevole.
«Più forte, Kade». Era bello ma non bastava. Volevo di più. Lo volevo sentire ancor di più, ma lui continuò col suo ritmo lento e deciso. «Kade!». Urlai il suo nome, sia per sfogarmi sia per invogliarlo a spingere con voga.
«Cazzo, Aria...». Imprecò nella mia bocca e prese a baciarmi ovunque, ringhiando e gemendo insieme a me. Finalmente, le sue spinte si fecero più veementi, più violente. Il suo ritmo accelerò sempre di più, tanto da doversi aggrappare con una mano alla testiera del letto per continuare. Io lo toccai, lo graffiai e urlai fino a perdere la voce mentre Kade mi faceva godere, entrando e uscendo. Sentii il piacere crescere come una luce in fondo a un tunnel. Ed io mi ci stavo avvicinando, a quel tunnel. A quella luce.
Chiamai il suo nome una decina di volte. Percepii il suo membro gonfiarsi dentro di me, pronto ad esplodere. A riempire la stanza vi erano solo le nostre voci, i nostri respiri affannati e il rumore dei nostri corpi che si univano, sbattendo l'uno contro l'altro. Ascoltai i gemiti di Kade, i suoi ringhi e i suoi versi di puro godimento e pura soddisfazione.
Ero vicina, talmente vicina che non mi accorsi neanche di essere arrivata alla fine, di aver visto quella luce. Semplicemente, esplosi.
Mi aggrappai al suo corpo come se fosse la mia unica ragione di vita, la mia unica via d'uscita e la mia unica salvezza. Gemetti, arrivando al culmine. Kade continuò a spingere, ancora e ancora, fino a quando anche lui non raggiunse il limite e venne.
Sentii uno strano calore scorrermi dentro, segno della sua esplosione e del suo piacere. Poi non sentii più niente, se non il suo corpo accasciato sul mio, la mia pelle nuda a contatto con la sua, i nostri respiri affannati che pian piano si acquietavano.
Ci eravamo presi e persi l'un l'altra. Ci eravamo dati reciprocamente, con passione e dolcezza, con piacere e con forza. Uniti, occhi negli occhi. Legati, cuore contro cuore. Ed era stato stupendo... Un mix di emozioni e sensazioni che avevo intenzione di provare di nuovo.
Perché quello, probabilmente, sarebbe stato solo l'inizio.



L'angolo dell'Autrice
Ciao a tutte e tutti!
Oggi mi presento con altri due capitoli perché, sarò sincera, non avrei mai potuto lasciarvi in sospeso col capitolo precedente.
Il rapporto tra Kade e Aria si sta facendo sempre più interessante e intenso. Voi cosa ne pensate di loro? Fatemelo sapere nei commenti, sarò felice di accogliere ogni vostra opinione al riguardo!
Ci riaggiorniamo presto.
Con affetto,
Sylvie

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