Capitolo 6

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Capitolo 6

Il fatto di avere dei segreti è
probabilmente l'unica cosa che
distingue gli uomini dagli animali
-Dazai Osamu


«Quindi questa sarebbe la tua vecchia abitazione dell'infanzia...?» era più un'affermazione quella di Chuuya, stava cercando di realizzare ciò che il moro gli aveva raccontato, filo per segno.
«Esatto.» Il moro non aveva ancora finito, Chuuya sapeva che mancavano ancora dei pezzi importanti.
Il rosso conosceva bene Dazai, però non conosceva la sua infanzia e la voglia di scoprirla era alta.
«Quindi, mori ti ha mandato quella lettera, ti ha detto che odasaku ha ucciso tua madre, ti ha dato persino le prove, tutto ciò perché ti rivuole nella port mafia, giusto?» chiese conferma, nonostante già avesse capito.
«Ma tu ovviamente hai detto di no, vero? Poi, toglimi una curiosità: tuo padre che fine ha fatto? Perché odasaku avrebbe dovuto uccidere tua madre se erano amici? So che mancano dei pezzi, Dazai.» Disse serio, continuando a camminare al fianco del moro.

Quest'ultimo gli aveva chiesto di seguirlo nella sua vecchia camera, erano ormai davanti la porta quando Chuuya gli porse quelle domande a cui Dazai non poteva dare risposta, si era già spinto oltre.
Come avrebbe reagito se gli avesse detto tutta la verità nei minimi dettagli?
Che lui aveva assassinato suo padre per autodifesa?
Come avrebbe reagito se gli avesse detto che divenne un assassino all'età di soli undici anni? Come avrebbe reagito se gli avesse detto tutte le cose che suo padre gli faceva? Lo avrebbe definito un mostro.
Dazai aveva paura.
Per la prima volta dopo anni, Dazai era terrorizzato seriamente al solo pensiero che chuuya potesse vederlo con gli stessi occhi con cui si vedeva lui, sapeva che Chuuya non lo odiava sul serio, forse solo al cinquanta per cento... però il pensiero che Chuuya potesse odiarlo per davvero, potesse definirlo un mostro, cosa che era, cosa che magari avrebbe giovato nel suo piano di farlo allontanare anche se oramai era troppo tardi.
Il solo pensiero di metterlo in pericolo gli si stringeva il petto in una morsa dolorosa, non poteva dirle tutta la verità.

«Mio padre non lo so, penso sia morto d'infarto. Odasaku ha ucciso mia madre per sbaglio, credo..» rispose cercando di sembrare pensieroso, così da essere più realistica. Sapeva che quelle risposte vaghe avrebbero solo fatto venire più dubbi al rosso, ma per il momento andava bene così.
Chuuya, come pensava Dazai, pensò a quelle risposte quasi senza senso, cercando di capire se Dazai stesse mentendo oppure fosse sincero, ma una cosa la sapeva di certo; su qualcosa gli stava mentendo. Se lo sentiva.
Dazai non era mai vagho, lui o sapeva le cose o non le sapeva, non era una via di mezzo, mai.
Lo conosceva abbastanza da poter rendersi conto che quel pazzo suicida stava mentendo, però finse di credergli, Dazai voleva giocare sporco? Benissimo, lui ci stava.
Non sapeva perché gli stesse mentendo e forse un po' gli faceva male il fatto che Dazai non si fidasse di lui, si sentiva lasciato da parte, dalla sua vita è lui voleva fare parte della sua vita, non sapeva la vera ragione e forse un po' odiava questa cosa, però il solo pensiero di uscire definitivamente dalla vita del moro lo distruggeva, sentiva il mondo crollargli addosso, un peso all'altezza del petto.
Nonostante dovesse odiarlo perché l'aveva abbandonato, lui non ci riusciva al cento per cento, ci aveva provato per anni ma non c'era verso, era come se fosse impossibile per lui odiarlo e ucciderlo.

«Siamo arrivati, entriamo.» Dazai aprì l'enorme porta polverosa e cigolante
facendo entrare prima Chuuya per poi chiudersi la porta alle spalle, entrando in quella vecchia camera enorme e piena di ricordi sfocati, piena di ricordi del suo passato sbiaditi, come un vetro appannato per la caloria della doccia calda, e lui aveva intenzione di vedere e pulire quel vetro, di vederci in modo chiaro.
A costo di affogare totalmente nel suo passato, cercando in tutti i modi di non portarsi chuuya con sè, non se lo sarebbe mai perdonato.
Chuuya voleva vivere, Chuuya doveva vivere, Dazai avrebbe fatto qualunque cosa pur di fare vivere il rosso in pace.
Loro appartenevano a due mondi totalmente opposti: uno stava affogando nel suo passato, voleva morire e ci provava quando ne aveva l'occasione, la vita non aveva senso per lui.
L'altro voleva vivere, aveva i colori della vita, la vivacità della vita, il carattere per poter camminare nel percorso della vita, la voglia, la forza.
Erano due facce della stessa medaglia, due poli opposti; cercavano di odiarsi per nascondere un sentimento a loro sconosciuto, di scappare dai loro cuori che provavano in tutti i modi di riunirsi, come se fossero due metà divise alla nascita e si stessero cercando da tutta la vita.

Veleno e antidoto -soukokuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora