Capitolo 15

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Capitolo 15


Se uccidi uno scarafaggio sei un eroe,
sei uccidi una farfalla sei cattivo.
La morale ha standard estetici.
-Nietzsche

Era passata una settimana da quando aveva ucciso il boss della port mafia, in pochi giorni la notizia fece scalpore in tutto il Giappone.
Ovviamente furono scoperte un sacco di prove di trafficanti di droga potenti, sfruttamento minorile, abusi ed esperimenti su bambini piccoli che vennero successivamente portati in un orfanotrofio, solo quelli che trovarono davanti la struttura.
L'agenzia li aveva fatti uscire prima che tutta la struttura cadesse in frantumi per colpa delle bombe, se avessero saputo che avrebbero trovato molti bambini non avrebbero mai lanciato delle bombe.
Però per fortuna tutto era andato bene.

Dazai si era rinchiuso in casa e non usciva nemmeno per andare a fare visita il suo chuuya, il solo pensiero di vederlo steso nel letto in un sonno che potrebbe durare per sempre lo facevano stare male.
Si era rinchiuso al buio, ignorando le varie volte che il suo campanello suonava. Non aveva dato più segni di vita all'agenzia, nonostante sapessero che dazai fosse rinchiuso in casa.

Il solo pensiero che per colpa sua chuuya si trovava in fin di vita, in bilico tra due mondi, lo facevano sentire dannatamente in colpa.
Il solo pensiero di perderlo faceva più male di un proiettile nel petto.
Si era buttato all'alcol è ormai si cibava solo di super alcolici che aveva comprato qualche giorno prima.
Era uscito di sera, coprendosi bene, non voleva essere fermato da qualche conoscente. Non aveva voglia di parlare, di stare bene, di respirare.
La voglia di morire era tanta quanto quella di vivere e aspettare che il suo chuuya aprisse gli occhi, ma purtroppo le sue paranoie erano tante è l'unico modo per digerirle era ingoiare più alcol possibile.
Anestetizzando sentimenti troppo pesanti e amplificati per lui che non ci era abituato. Altri potevano definirlo pessimismo il suo, tutta la sua vita, le sue esperienze, i suoi pensieri, ma lui si definiva realista.
Nessuno gli era importato di lui, tranne chuuya.
Chuuya c'era sempre stato per lui, e lui non aveva fatto altro che ferirlo e allontanarlo. Ed ora? Ora che quel ragazzino era in bilico tra la vita è la morte? Ora che avrebbe voluto tornare indietro nel tempo e rimediare a tutti i suoi errori? Ora che forse non avrebbe più rivisto il suo chuchu? Ora si sgretolava, sperando che l'alcol lo portasse via, portasse via ogni suo pensiero. Sperando che perdendo lucidità riuscisse a stare meglio, e in un certo senso ci riusciva ma dall'altra parte era peggio.

La vita.
Che stupido scherzo, la vita.
Ti mette al mondo, ti obbliga a crescere senza che tu gli abbia chiesto nulla, ti obbliga a sopportare persone con un finto e smielato ottimismo senza senso, obbligandoti persino a lavorare per ottenere del cibo e sopravvivere, per poi buttarti a terra dopo tutti gli sforzi che nessuno aveva chiesto.
La vita, che stupida puttana.
Tuttavia, dazai non desiderava altro che chuuya riprendesse in mano la sua vita. Non sperava altro che la vita per una volta non facesse la stronza, insomma, non avevano già subito e sopportato abbastanza?
Non bastava tutto quello?

Per tutta la sua esistenza si era sgretolato nel suo malessere.
A sedici anni si iniettava tutta la morfina che poteva dentro le vene, sperando di poter smettere di respirare.
Il suo primo tentato suicidio fu buttarsi dal balcone ma venne fermato in tempo da una governante che lo aveva visto in tempo.
Dazai odiava le persone.
Odiava il loro finto ottimismo.
Odiava quel finto sorriso.
Odiava il loro egoismo.
Odiava le loro manipolazioni.
Odiava l'uomo per essere così maledettamente schifoso.
L'essere umano era la creatura più maligna è disgustosa che la natura mise al mondo, commettendo il più grande errore della storia dei tempi.
Si maltrattano a vicenda, fingono di essere chi non sono, si creano doppie personalità pur di raggiungere i loro obbiettivi.
Dazai si odiava e voleva mettere fine alla sua esistenza perché si sentiva come quegli esseri che odiava da sempre, anche se allo stesso tempo era consapevole di avere pensieri diversi dai loro.
Dazai era consapevole di come l'essere umano facesse ribrezzo, lo ammetteva e lo diceva, la società no; un insieme di singole persone che si raggruppavano pur di non restare sole, pur di vantarsi e sentirsi migliori, apprezzate, creando delle coperture che non li apparteneva, fingendosi chi non erano pur di farsi accettare e sentirsi aggregati ad un qualcosa che potesse dare loro un senso alla loro inutile vita.
Ecco cosa era la società.
E dazai si faceva schifo, perché sapeva di essere peggio di loro.
Ma lui ne era consapevole e cercava in tutti i modi di sparire, gli altri no.
Gli altri fingevano che tutto fosse perfetto, si creavano la famigliola perfetta e sorridente per poter scattare la foto di famiglia e mostrarla alla società, così da inserirsi e sentirsi parte di essa.
Una società egoista, narcisista, menefreghista, egocentrica.
Una società che ripudiava chi non dava ascolto alle loro puttanate.
Una società che ripudiava chi non era all'altezza di potersi inserire nel loro gruppo di animali.
Una società che giudicava chi non era come loro, hai loro standard.
Era questo che le persone volevano?
Sentirsi delle bambole di pezza, perfette in ogni dettaglio, con la schiena dritta ed un sorriso finto sempre sul volto di porcellana. Questo volevano?
Erano tutte delle fottute bambole, e dazai non voleva farne parte.

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All'agenzia tutti erano in ansia.
Dovevano occuparsi del lavoro che non lasciava tregua a nessuno, preoccuparsi di quel pazzo suicida che non si faceva sentire da più di una settimana, tenere d'occhio e avere l'ansia per il piccoletto in fin di vita.
Tutti speravano di vederlo alzarsi da quel lettino e sbraitare contro tutti per un motivo stupido è banale, tutti speravano di rivedere quel broncio.
Tutti speravano di risentire le sue minaccia e i suoi insulti elaborati.
Strano ma vero, chuuya si era fatto amare nonostante il suo caratteraccio, forse era proprio il suo più grande difetto il suo pregio.
Perché tutti i difetti sono le cose che rendono umani e unici gli essere umani, distinguendoli tra loro.
Anche dazai ne aveva tanti anzi, parecchi.
Dazai non se ne rendeva conto, o forse sì, ma lui era l'essere umano più umano che la terra avesse mai avuto.
Che confusione, già.

I giorni passavano e all'agenzia i lavori aumentavano, dovevano occuparsi di tutti i casi irrisolti per colpa della port mafia, che ora uscivano fuori come funghi. Chuuya dormiva, teneva gli occhi chiusi e il respiro regolare.
Sembrava come se stesse dormendo tranquillamente, come se fosse tutto normale. Ma nulla era normale, perché mentre sembrava un semplice sonno, in realtà chuuya combatteva tra la vita è la morte.
Aveva una lotta interna con se stesso.
Chuuya sentiva tutto quello che succedeva attorno a lui e provava con tutto se stesso di urlare e farsi sentire, ma nessuno lo sentiva.

Si sentiva in gabbia della sua stessa testa, lo era.
Sperava di riaprire gli occhi e vedere dazai accanto a lui ma non lo sentiva mai, come se dazai non lo venisse mai a trovare.
Come se non gli importasse.
Sentiva Kunikida sbraitare con tutti, atsushi chiedere continuamente scusa, kyoka che domandava sempre cibo, rampo lo stesso.
Avvolte sentiva akutagawa augurargli di svegliarsi, che dazai lo stava aspettando, che era rinchiuso in casa e non usciva più.
E chuuya avrebbe voluto urlare con tutto se stesso, piangeva messo all'angolo nella sua testa buia, soffocato della sua claustrofobia, con la testa e le ginocchia tra le braccia mentre singhiozzava il nome di dazai.

La sua testa era la sua prigione e lui ne era il detenuto.
Sperava che la sua punizione finisse subito.
Perché quella sembrava seriamente una punizione.



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Veleno e antidoto -soukokuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora