Capitolo 19

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Capitolo 19


«Mi sono vergognato di me stesso quando ho
capito che la vita è una festa in maschera,
e ho partecipato con la mia vera faccia.»
-Franz Kafka

Marzo

Tre mesi dal coma di chuuya.

-

Dazai finì in overdose mentre beveva in un pub a tarda notte, venne portato in ospedale dall'ambulanza chiamata dal proprietario di quel pub disperso, e si svegliò l'indomani.
Il primo risvegliò senza fare colazione con l'alcol, un risvegliò spiacevole.
Dovette passare tutta la mattina dentro quelle quattro mura per poi essere libero e andarsene dritto a casa verso le tre del pomeriggio.
Puzzava, da quando non si lavava?
Aveva passato tre mesi buttandosi all'alcol e tagliandosi di tanto in tanto, non se ne ricordava più di tanto.
Forse aveva tentato il suicidio più volte, con scarsi risultati a quanto pare. Sembrava che la vita gli volesse giocare un brutto scherzo e volesse sfinirlo fino alla vecchiaia.
Odiava la luce del sole, gli dava fastidio a gli occhi.
Sospirò massaggiandosi la testa che gli martellava mentre lo stomaco brontolava, da quando non mangiava? Non ne aveva la più pallida idea.
Da quando non sentiva qualcuno dell'agenzia? Da quando non aveva notizie del suo chuuya? La sua vita sembrava essere caduta più in basso di quando aveva sedici anni.
Quello era il pericolo più buio che avesse mai avuto.
Odiava uscire di giorno e vedere tutta quella folla.
Odiav-

«Dazai-San!?» urlò una voce dietro di lui.
Dazai si voltò e sbuffò quando vide un volto conosciuto.
Ne aveva abbastanza di persone che conosceva.
«Mi spieghi che cazzo di fine hai fatto!? Ti abbiamo chiamato al cellulare ma pare che sia sempre spento. Ti abbiamo cercato a casa ma non davi segni di vita. Chuuya e in coma e tu invece di stargli accanto sei sparit-» gli urlò akutagawa, preso da una rabbia che non aveva mai rivolto al più grande che ammirava tanto, ma quell'ammirazione che aveva verso dazai stava svanendo lentamente.
«Ma mi spieghi che cazzo vuoi saperne tu di me!?» lo interruppe dazai, urlandogli contro. Akutagawa lo guardò con delusione, ignorando il nodo alla gola che gli si era formato.
«Vogliono staccare la spina» sussurrò poco dopo, prima di voltarsi e andarsene. Dazai sgranò gli occhi.
Quindi è così, chuuya è morto.
Stava morendo. Sarebbe morto tra quanto? Pochi attimi? Ore? Minuti?
Ma sarebbe morto. Era definitivo.
Sapete, pensarlo era un conto, ma averne la conferma faceva tremendamente male. Un proiettile al petto avrebbe fatto meno male.
Era come se l'ultima parte di lui ancora viva fosse improvvisamente morta sgretolandosi davanti ai suoi occhi.
Cadde in ginocchio, mentre le lacrime iniziarono a rigare il suo viso per la seconda volta dopo diciassette anni.
Quindi è così?
Era la fine?
Era tutto finito?
Pianse, corse verso casa sua e continuò a soffocare le urla contro il cuscino, sbattendo i pugni sul materasso come per sfogare tutta la sua rabbia accumulata negli anni.
Pianse così tanto da sentire la gola e il viso bruciare.
Pianse così tanto che alla fine prese una decisione.
Se chuuya doveva morire, sarebbero morti entrambi.

Uscì da casa sua e si diresse nei bassi fondi di Yokohama, lí avrebbe trovato quello che avrebbe messo fine alla sua misera e disgraziata vita.
Quando trovò la persona che cercava, un conoscente più che un amico, comprò ciò che gli serviva.
Ritornò a casa senza curarsi di chiudere la porta, tanto sarebbe morto di tutta la morfina che si sarebbe iniettato da lì ad un attimo.
Anzi, avrebbe sbagliato di proposito il punto esatto, così da mettere fine a tutto senza poter fare nulla, o almeno non in tempo.
Nessuno poteva salvarlo.
Non voleva essere salvato.
Non voleva vivere se significava farlo senza chuuya al proprio fianco.
Lui era l'unica ragione che gli era rimasto di vivere, chuuya era la sua ragione di vita, era l'unico motivo per cui desiderasse ardentemente respirare ancora, e ancora, e ancora, tranne in quel momento.
Ormai nulla aveva più senso. La sua vita, il suo passato, il suo futuro, il suo presente. Se avesse ascoltato chuuya e avrebbe mandato a fanculo mori sin dall'inizio, come sarebbero andate le cose? Sarebbero stati insieme come volevano entrambi? Sarebbero riusciti a sopravvivere ugualmente?
Questo era un dubbio che gli sarebbe rimasto fino la morte.
Tanto ormai che importanza aveva? Aveva importanza continuare a vivere? E per cosa? Lui non aveva obbiettivi o ragioni di vita, l'unica che aveva era morta e lui ne era la causa. Aveva già ucciso fin troppe persone, doveva mettere fine a quel massacro creato dalla sua esistenza.

Veleno e antidoto -soukokuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora