tristi conseguenze

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Ospedale di Jericho, 3 novembre

"Scacco matto!" Alyson sbuffa, "uffi, vinci sempre tu" Xavier scrolla le spalle, "touche" lo incenerisce con lo sguardo, Mercoledì li fissa, scettica.
"Vi ricordo che questa è la mia stanza, e che state giocando a scacchi sulle mie gambe, e mi fate male!" Lamenta, Xavier alza le mani in segno di arresa, "scusami" "levatemi questa roba di dosso, finalmente potrò uscire da questo edificio bianco e sterile" Enid ridacchia, "posso-" "Mercoledì, no." Alza gli occhi al cielo in una smorfia di rabbia, "sono passati giorni, ho fatto riabilitazione posso parlare e compagnia bella, perché-" "il medico ha detto che non-" "come medico intendi quello strizzacervelli di psichiatria?" Lo incalza sarcastica, "Mercoledì..." È stanco, non sa più che fare.

In quei giorni, i giorni in cui non poteva parlare, Mercoledì aveva pensato.

Non si era mai posta quella domanda.
Forse troppo presa dalla curiosità, dalla determinazione e anche, dall'amore, forse.
Non aveva ancora chiesto, cosa facevano a Tyler in quel carcere.
Che tanto carcere non era, era più un penitenziario.

Aveva pensato a quanto fosse stato difficile per lui tenere a bada la creatura e il distacco dal suo padrone, aveva captato la frase 'quella è la fase peggiore' da Hanna, in ospedale.
Scrolla il capo e sospira chiudendo gli occhi.

"Allora Mercoledì, sei pronta a lasciare l'ospedale?" La corvina annuisce distrattamente, lo psicologo non insiste, "è stato un piacere parlare con te Mercoledì" si alza e la aiuta ad alzarsi.

"Ecco la mia trappola mortale!" L'inconfondibile soprannome conferma la presenza di suo padre, e il vestito lungo e nero, quello di Madre.
Ci sono tutti.
Enid, Alyson, Madre, Padre, Pugleis, Mano, Xavier, perfino Bianca le aveva fatto visita.

Effettivamente, l'anno precedente le aveva praticamente salvato le vita, sotto un punto di vista oggettivo, doveva esserle debitrice.

Cammina lentamente, le fa così strano farlo, non la facevano mai alzare in piedi, salvo bisogni personali o riabilitazione.

Enid la stritola in un abbraccio fin troppo soffocante, che scioglie immediatamente.
Enid non si offende, troppo euforica forse per rendersene conto.
"Mia cara" Morticia le sfiora la guancia, "come stai?" Si volta, "bene, grazie Alyson" lascia un fugace abbraccio al fratello e lo stesso trattamento riserva ad Alyson e a Padre.
Basta affetto.

"Torniamo a casa, che dici?" Chiede Morticia leggera, "a casa?" Ribatte Mercoledì perplessa, "mi sembra troppo presto rimandarti alla Nevermore, penso che sia meglio così" le sorride, "le visioni?" Scuote la testa, "avanti, andiamo".

Addams's Hause, 3  novembre

Anche tornare a casa le fa un certo effetto, in qualche modo incomprensibile e contorto, la Nevermore era diventata la sua casa.

La sua camera.
Lì non ci entrava da un po'.
Era tutto esattamente come lo aveva lasciato, i fogli stropicciati accanto alla macchina da scrivere, gli oggetti da tortura poggiati sul davanzale, il letto a baldacchino fatto.

"Tutto bene, Mercoledì?" volta il capo, "si, Pugleis" sente una pausa, "mamma vuole parlarti" annuncia più in un balbettio, lei annuisce leggermente.

The end?

"Puf" sospira sfogliando le pagine del suo romanzo, "naturalmente il primo ragazzo che ho baciato si è rivelato un mostro assassino serial killer, evidentemente è il mio tipo" volta in fretta la pagina.

"Lo psichiatra dice che è meglio che tu non lo veda per un po'"

"Mercoledì!" La voce di Madre la riporta alla realtà, meglio così.
Chiude la porta alle sue spalle.
Chi entra muore
Così avrebbero capito che dovevano bussare.

Scende lentamente le scale, non tanto per le stampelle, ma per la non voglia di dare una senso alla sua vita.
Già, gli istinti suicidi non mancavano alla sua lista di esperienze.

Ahimè, le spetta il posto accanto a Madre.
Fantastico.
"Sei contenta di essere a casa?" Ma lei ignora la domanda di Padre, "perché sono qui?" Va dritta al punto, Madre tampona leggermente la bocca con il tovagliolo bianco e posa le posate sul tavolo, "pensiamo che la Nevermore possa portarti solo a eventi pericolosi, per questo non ci tornerai mai più".

Non ci tornerai più
No.

Scatta in piedi facendo stridere la sedia, "come?" "Proprio ciò che ho detto, non tornerai alla Nevermore, per quanto ne sia addolorata quanto te, è meglio così" "ma Madre-" "Mercoledì, penso che tu abbia capito le nostre motivazioni, il preside Collins è d'accordo, mi dispiace ma le cose stanno così, che la cosa ti piaccia o no" il tono di Madre si fa più duro.

Allora quella non era una visione, ma un sogno premonitore.

"Madre, io penso che tornare al Nevermore possa insegnarmi a controllare le mie visioni e-" "non eri tu quella che non voleva  metterci piede? Abbiamo dovuto forzarti ad andare alla Nevermore, rammenti?" La incalza severa.
Rimane in silenzio.
"Non ho fame".
Sale velocemente le scale e si lascia scivolare contro la parete della sua camera, "Mano, no" l'appendice si ritira, triste.

"Mercoledì" "Goody, va via!" "No Mercoledì, la scuola ha bisogno di te" "non ci vedi? Non ci senti?, Mi è proibito tornare lì" "forse se tu raccontassi di me, tutti cambierebbero idea" "ma certo, uno spirito di 400 anni fa mi ha appena detto che devo miracolosamente salvare la scuola da qualcosa che non esiste, questo dovrei dire?" Ribatte arrabbiata, "se è quello che vuoi, non ti tratterrò oltre".

Sbuffa, frustata.

Non pensavo che la solitudine fosse così triste,
pensavo che restare soli fosse una cosa positiva (non positiva come una canzone pop) qualcosa che mi avrebbe aiutata a riflettere, a vivere la vita senza impedimenti o rimpianti di perdere persone di cui non avevo neanche il vago ricordo.
Ma no, in questo istante, la solitudine è l'ultima cosa di cui avrei ho bisogno.
Ma forse, questo è il mio destino, rimanere sola.
Solamente, sola.

WEDNESDAY the sequel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora