Capitolo 7 Marco

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Ho sonno, ho trascorso la notte a immaginare il nostro prossimo incontro. 

Non mi è mai interessato avere la ragazza, negli ultimi giorni non mi dispiace l'idea e voglio mettermi con lei. Credo di aver sbagliato approccio, si è allontanata infastidita e probabilmente apprezza un corteggiamento romantico, che non è nelle mie corde, ma non mi arrendo. Sono bravo con le parole, devo trovare quelle giuste.

Indosso i pantaloni e la mia t-shirt preferita, mi guardo allo specchio, non sono male, metto il gel per fissare i capelli e abbondo con il profumo di mio padre.

Mia mamma se ne accorge: "Quanto profumo ti sei messo?"

"Ne è caduto un pò, ma tanto evapora."

"Stai più attento la prossima volta, così è fastidioso." 

È troppo il profumo, lo sento anche io, ma non la vedrò fino all'intervallo e spero me ne rimanga addosso almeno un pò.

Entro in classe anche Ric si lamenta: "Non ti sembra di esagerare con il profumo? Quanto ne hai messo?"

Gli strizzo l'occhio. "Devo vederla oggi."

"Ok, ok, ma vedi di darti una regolata la prossima volta."

Ho preparato il discorso da farle e continuo a ripeterlo in testa per non dimenticarlo, come un disco rotto. Non riesco a concentrarmi su altro.

Scatto in piedi appena suona la campanella dell'intervallo.

"In bocca al lupo," urla Riccardo.

"Crepi."

Raggiungo la sua classe a passo svelto, quasi correndo, entro nella sua classe che ho il fiatone. Non ho pensato nemmeno a come giustificare la mia presenza, saluto tutti e mi appoggio alla cattedra in attesa, come se fosse una cosa normale. 

Anche lei mi sta guardando, sto per avvicinarmi al suo banco ma si alza e la vedo avanzare: sta venendo da me? 

È ancora più bella oggi, indossava una gonna plissettata corta con un top bianco.

Un suo approccio non l'avevo previsto, resto fermo, immobile, come pietrificato. 

È a pochi passi da me e non posso perdere una simile occasione, trovo il coraggio, le dico: "Ciao."

Succede tutto in un attimo, non ho capito come ha fatto, è scivolata. È a terra davanti a me con le gambe scoperte, so che non dovrei fissargliele in quel modo, non ci riesco. Respiro, sposto la mia attenzione su di lei, offro la mia mano per farla rialzare. 

Mi sforzo di dire qualcosa per sdrammatizzare: "So di essere bello ma non serve che ti getti ai miei piedi."

Voleva essere una battuta, non l'ha presa bene.Rifiuta la mia mano e si alza di scatto, mi pesta anche il piede. Ha raggiunto l'uscita in un secondo e io le grido dietro: "L'hai fatto apposta?"

"No, scusa." Mi risponde con un filo di voce prima di sparire.

I ragazzi della classe ridono e io rido con loro anche se in realtà avrei voluto seguirla, ma tanto non sarei stato in grado di parlarle ora.

Niente è andato come previsto, che disastro.Spero di vederla rientrare, vorrei almeno chiarire, ma il tempo passa e non so cosa fare, mi siedo al suo posto e parlo alla sua compagna di banco.

"Come ti chiami?"

Lei almeno sorride. "Matilde. Tu sei Marco giusto?"

"Sì, piacere. E la tua compagna di banco invece, come si chiama?"

"Emma." Mi piace il suo nome, suona bene abbinato al mio.

"Posso chiederti un favore Matilde?"

"Certo."

"Puoi dire a Emma che stavo scherzando? Penso si sia offesa ma non io non le ho fatto niente."

"Ha fatto tutto lei, lo so. Scusala è distratta."

"È permalosetta?" Le sorrido malizioso.

"Sì, lo è."

"Me ne sono accorto."

Almeno lei mi ha capito, sono contento, ho trovato un buon aggancio. Sono tentato di fare altre domande ma devo sbrigarmi se non voglio rientrare di nuovo in ritardo. Sarà per la prossima volta.

"Devo andare ora. Ci vediamo."

"Ciao Marco, a presto."

Gli altri ragazzi ricambiano il saluto. In qualche modo mi sono guadagnato la loro simpatia ed è forse l'unico aspetto positivo di questa giornata sfortunata.

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