_capitolo ventuno_

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Shoto's pov. 

LUI COSA?
LUI CHE COSA?

Guardai ancora dietro di me, non distolsi lo sguardo da Jiro la quale mise una mano davanti alla bocca, incredula, come tutti in quella stanza d'altronde. In quel preciso momento, se mi fossi visto dall'esterno, mi sarei messo paura da solo. Direzionai nuovamente la mia attenzione verso di lui, dando le spalle a tutti i presenti lì, abbassai lo sguardo verso il pavimento e quello che venne fuori fu solo un sorriso, un sorriso nervoso, agitato, furioso. 

Sentì i passi dei miei fratelli farsi sempre più vicini, e capì subito che si erano posizionati dietro di me, ma non per difendermi, sapevano che da un momento all'altro, come qualche ora prima, sarei esploso nuovamente. 

"Dacci una spiegazione" disse Natsu dietro di me, sentì la rabbia di mio fratello entrarmi fin dentro le ossa, io continuai a non alzare lo sguardo, perchè o mi calmavo o lo ammazzavo qua davanti a tutti. "Io...dovevo farlo...so che quello che mi aspetterà da adesso in poi sarà l'inferno, ma non...non potevo nascondermi, soprattutto dopo aver fatto una cosa del genere alla mia Momina". 

Alla sua che cosa? 

Dopo le sue parole ciò che echeggiò in quella stanza furono le mie risate, delle risa nervose, esasperate, inquietanti. Alzai lo sguardo verso di lui e lo vidi sussultare lì in piedi dove si trovava, i miei occhi bruciavano, sentivo le vene del mio collo pulsare così tanto che ebbi paura potessero esplodere, serrai i pugni così forte tanto da percepire il dolore da sotto le fasciature. "La tua Momina? LA TUA FOTTUTA MOMINA?" alzai lo sguardo e Natsu mise una mano sulla mia spalla, come per dirmi di stare calmo, che eravamo in una clinica e non potevamo fare tutto quel casino. "Ti rendi conto di quello che stai dicendo? ti rendi conto che la potevi uccidere? ti rendi conto che tu sei un uomo morto Iida Tenya? ah?" inclinai la testa di lato, il sorriso sul mio volto non fu assolutamente un sorriso di felicità, ma di follia, non ci credevo a tutto quello che mi stesse succedendo. Niente. 

Lo vidi tremare, sistemarsi gli occhiali sul naso nervosamente, indietreggiò appena, voleva scappare, ma non sapeva cosa fare, non sapeva come reagire difronte alla mia mente offuscata, offuscata dalla rabbia. 

Alzai le mani, come in segno di resa, mio fratello interruppe quel piccolo contatto fisico con la mia spalla, feci un passo in avanti verso il ragazzo di fronte a me, "Va bene, tranquillo, grazie di aver confessato, davvero, te ne sono grato" mi guardò confuso, sembrò convincersi delle mie parole, potei giurare che i miei fratelli si stessero guardando, dietro di me, e stessero cerando di capire cosa io stessi facendo. Sorrisi di nuovo, feci un altro passo in avanti, lui non indietreggiò. "E sai perchè te ne sono grato?" lui scosse leggermente la testa, "Mi hai semplificato il lavoro". Guardai la mia mano destra, la girai più volte osservando la medicazione fatta da mia sorella, e nel giro di qualche secondo dopo tirai un pugno in faccia a quel ragazzo, così forte che gli feci girare il viso di lato e gli feci volare gli occhiali per terra. 

Volevo picchiarlo, volevo fargli provare un po' del dolore che provò Momo ad ogni sparo, volevo fargli provare il mio di dolore, quello interno, quello del sentirmi fottutamente una nullità. 

Mi avvicinai, lo presi per il colletto e ridussi la distanza tra i nostri visi, un altro pugno stavo per sganciargli, nessuno osò avanzare verso la mia direzione, tranne una persona. "Shotino..." Fuyumi si posizionò accanto a me, non mi toccò ma il suo sguardo fu più potente di ogni gesto. Tenni Iida ancora dalla camicia, un pugno a mezz'aria e mi girai verso di lei, furioso, fuori di me. 

"N-No...lascialo f-fare" disse Iida facendo su con il naso a causa del sangue provocato dal pugno di prima, "Me lo merito, merito di essere trattato così, sono un codardo" aggrottai le sopracciglia e mi girai di scatto verso di lui ringhiandogli contro "e adesso che cazzo vuoi dire con codardo?" abbassò lo sguardo per qualche secondo e poi mi guardò dritto negli occhi, "Ho avuto paura di tuo padre", strinsi ancora di più il colletto tanto che mise le mani sulla mia, come per difendersi da quel gesto, "spiegati meglio" il mio respiro si fece più corto e il mio cuore iniziò a battere all'impazzata, "E' stato lui a dirmi di farlo". 

ti stavo aspettando || todomomoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora