Shoto's pov.
Ero sparito, non mi ero più fatto sentire, ricevevo notizie di Momo da parte della sua migliore amica, volevo lasciarle spazio, volevo che lei fosse felice, volevo che lei guarisse, anche se faceva male, un dolore così forte non lo avevo mai provato forse, la sensazione di perderla, la consapevolezza di averla messa in pericolo, la convinzione di non essere abbastanza per lei.
Ci siamo rivisti, per caso, senza appuntamento, era lì, confusa, persa, smarrita, ed io ho fatto la cosa che più mi riesce fare, ovvero amarla. L'ho protetta, l'ho rassicurata, le ho offerto da mangiare e poi l'ho portata a casa.
Ci siamo detti tante cose, ci siamo detto che ci amavamo ancora, che lei non voleva allontanarsi da me, ma che aveva bisogno di tempo per guarire, ed io di tempo per lei ne avevo tanto. Per lei avrei fatto di tutto, ma davvero tutto. E quel "tutto", io e i miei fratelli, speravamo potesse avverarsi.
Dopo quel pranzo fatto all'improvviso, io e Momo non ci siamo visti e continuava ad essere così, non eravamo mai stati così separati, trovavamo sempre il modo per vederci, ma voleva spazio, ed io le stavo dando ciò che desiderava. Mi ero ripromesso che la prossima volta che ci saremmo visti avrei avuto solo buone notizie, che sarei stato in grado di proteggerla, e alla sua domanda: "Shoto, staremo mai insieme per davvero?" io sarei stato in grado di darle una risposta positiva, invece dei miei soliti dubbi e risposte con mezze verità.
"Ti serve altro Shoto?...Shoto?".
Quel giorno ero in ufficio, volevo stare da tutt'altra parte ma non potevo mandare tutto all'aria proprio in quel momento, non dovevo fare il bambino e non dovevo farmi trascinare dai miei maledetti pensieri, dovevo essere forte. "Si Asuna scusa, sono qua ma la mia mente è altrove", scossi leggermente la testa strofinandomi la fronte con due dita. Mi trovavo in piedi con le mani tasca intento a guardare fuori la finestra, come se sperassi sempre di poter vederla in giro sorridente e non spaventata come quella volta. Mi girai verso la mia assistente e le dedicai un piccolo sorriso, "so che andrà bene, Natsu mi ha raccontato ma non tutto, non volevo neanche essere troppo coinvolta per non sembrare invadente, ma vedrai che la signorina Yaoyorozu si riprenderà", Asuna ricambiò quel mio piccolo e flebile sorriso e dopo essersi assicurata che fosse tutto sotto controllo mi lasciò da solo nel mio ufficio. Mi avvicinai verso la mia scrivania e recuperai il telefono. Digitai il numero di mio fratello e attesi la sua risposta.
"Fratellino, che succede?".
"Volevo sapere se fosse confermato per stasera".
"Si".
sentì la voce di mio padre in sottofondo e sapevo che Touya non avrebbe parlato molto.
"D'accordo, mi raccomando, sii persuasivo".Riattaccai e riposi il mio cellulare in tasca, emisi un sospiro rumoroso come per cercare di far evaporare tutta la mia ansia, tutti i miei casini in testa. Ma sapevo che presto mi sarei sentito meglio, non mi piaceva provare tutto questo, non mi piaceva essere così, volevo tornare a com'ero un tempo, tranquillo, sulle mie, però più felice, spensierato e innamorato. Presi la giacca e decisi di scendere al decimo piano dove lavorava Momo negli ultimi tempi. Il suo ufficio era chiuso ma il suo assistente non lasciava mai il suo posto, sperando anche lui che lei potesse tornare da un momento all'altro.
"Hei Kenji", una volta arrivato al piano mi diressi verso la sua scrivania, alzò lo sguardo verso di me e si mise in piedi di scatto, come se lo avessi spaventato. "Si-Signor Todoroki, la Signorina Yaoyorozu non è qua, non so quando tornerà", abbassò lo sguardo verso il planner che teneva sulla scrivania come per cercare l'ultima volta che prese appuntamento per Momo e l'ultima volta che le sistemò le giornate. "Lo so Kenji, volevo sapere se qua fosse tutto okay, se tu stai bene e se hai avuto notizie eventualmente da lei", lui annuì piano e recuperò il suo telefono dicendomi che si sono scambiati dei messaggi dove lei si scusava per l'assenza e che non sapeva se sarebbe mai tornata a lavoro. Sorrisi debolmente, sapevo che si sarebbe scusata e sapevo dei suoi dubbi, sapevo che non volesse tornare, per ora, ma che sapeva che questo lavoro la rendeva felice. "Sei andato a trovarla?", i suoi occhi grandi e azzurri si puntarono su di me, fece trasparire la sua preoccupazione, non volevo che mi guardasse così. "Kenji, non aver paura di me, sono qua per chiederti di Momo, solo perchè sono in pensiero per lei, e sapere che ha degli amici che le stanno accanto mi rende felice", mi sforzai a sorridere. Ero un po' geloso che qualcuno potesse starle accanto ed io no? assolutamente si, ma di lei mi fidavo ovviamente, e il suo sguardo mi faceva capire sempre quanto io fossi fortunato ad averla. "Si ieri, le ho portato la cena, c'erano i suoi migliori amici, abbiamo mangiato e poi sono andato via... però Signor Todoroki non ho fatto nulla con lei davvero, mi devi credere, non mi permetterei mai", ridacchiai e gli misi una mano sulla spalla, "grazie di starle accanto". Prima che potesse dirmi altro, girai i tacchi e me ne andai.
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ti stavo aspettando || todomomo
ФанфикShoto Todoroki, di anni 28, è il vicecapo dell'azienda di famiglia, la quale ha reso lui e la sua famiglia i più conosciuti e più temuti di tutta Tokyo. Nonostante il suo ambiente familiare non sia dei migliori, considerato i problemi e i drammi, co...