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Sonnecchiò di tanto in tanto, cullata dal calore del fuoco, ma rimase sveglia a controllare per la maggior parte del tempo. Quando l'orologio col vetro scheggiato che le circondava il polso segnò le sette svegliò il figlio, che si alzò sbadigliando e con gli occhi arrossati.

«Che ore sono?» chiese durante uno sbadiglio. Emma gli sorrise stancamente.

«Le sette e qualcosa. Ti va di mettere qualcosa tra i denti?»

Lui annuì, ancora assonnato.

«Mh-mh.»

«Okay. Aspettami qui, vado un attimo... in bagno.»

«Ci devo andare anche io.»

«Okay, vieni con me.»

Dopo si spostarono di nuovo in centro, alla piscina comunale dove approfittarono degli spogliatoi e delle docce per lavarsi e cambiarsi. Emma si fece cambiare la banconota da cento con altre di taglio più piccolo in un centro scommesse, poi fermarono da un tizio che vendeva churros in strada con un camioncino e Emma li prese per il figlio, che li divorò.

«Sono buonissimi! Posso averli ogni mattina?»

Emma cercò di non far caso alla morsa che le stritolò il cuore.

«Ehm... Ti fanno male, ti riempi il sangue di schifezze e poi non circola più.»

Henry mise il broncio.

«Uffaaa!»

Camminarono per Seattle per buona parte della mattina. Fecero un giro al mercato e Emma riuscì a rubare un paio di mandarini e guanti per il figlio. Si spostarono verso Wallingford e fu allora che Henry la strattonò di colpo mentre camminavano.

«Mamma, mamma! C'è la signora di ieri!»

Emma si bloccò. Spostò lo sguardo sul punto indicato dal braccio teso del figlio. La donna uscì dal bar con una tazza di caffè in una mano e il telefono nell'altra, concentrata sullo schermo.

Emma rimase ferma mentre le passava davanti, trattenendo il figlio che stava per andare da lei. Ma non poté azzittirlo.

«Ciao!» esclamò lui. Emma lo guardò male e lui abbassò lo sguardo, le spalle incurvate. Se ne pentì un attimo dopo.

La donna si irrigidì e abbassò il telefono, girò la testa e individuò la voce che l'aveva salutata. Ci mise un paio di secondi a capire chi fossero ma poi si avvicinò al bambino con un sorriso gentile sulle labbra tinte da un rossetto scuro. «Buongiorno... Henry, giusto?»

Emma era tesa come un legno secco. Henry, invece, sorrise apertamente alla donna, come faceva con lei.

«Giusto! Tu come ti chiami?»

«Regina» rispose, lanciando poi un'occhiata a Emma. «Come stai?» domandò, tornando a guardare il bambino.

«Bene!» rispose lui, allegro. «Ho mangiato i churros!»

Emma nel frattempo la guardava, ogni dettaglio di come era vestita, del suo modo di esprimersi, e il suo profumo le solleticava i sensi. In confronto a lei si sentì... be', quello che era: una senzatetto che riusciva a malapena a lavarsi ogni giorno.

«Dobbiamo andare, Henry» disse piano, lo sguardo basso.

«Sembra una colazione fantastica, ma dovresti aggiungere delle vitamine» disse nel frattempo la donna, come se non l'avesse sentita. Forse era così: aveva parlato piano, e il traffico poteva aver coperto il suono. «Vuoi un succo di frutta?»

«No, non lo vuole.» Emma anticipò il figlio e lo tirò per portarlo via.

«Sempre gentile» commentò la donna, Regina, con una punta d'acidità nella voce calda.

La strada verso casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora