21. Dietro le sbarre

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È ufficiale: sto impazzendo.
Però ho un piano.

A questo punto la domanda sorge spontanea.
Si tratta di un piano per scoprire cosa nasconde Nicholas?
O forse è Cole il destinatario delle mie future azioni?
Ebbene, ho elaborato un'idea così semplice e geniale al tempo stesso che posso tranquillamente utilizzarla per entrambi.
Com'è che si dice? Prendere due piccioni con una fava?
Ecco, è esattamente ciò che ho intenzione di fare.

Il tutto si riduce ad una semplice perquisizione: devo ispezionare la stanza di Cole e, poi, quella di Nicholas.

Per quanto riguarda il primo, una volta fatto ciò, ho già messo in conto i due possibili scenari che potrebbero presentarsi: il primo, e spero che sia quello che si avveri, che io non trovi niente e ciò mi permetta di confutare la tesi di Nicholas e scagionare il mio amico; il secondo, ahimè, mi auguro che ciò non accada, che tra un cassetto e un altro, mi ritrovi con un orecchino dal valore inestimabile tra le mani.
In quel caso, so già che potrei piangere.
Non che questa sia una grandissima novità.

Mi sono posta qualche interrogativo.
Se Cole fosse davvero il ladro, sarei davvero disposta a condannarlo, consegnandolo a Nicholas senza dargli modo di fornirmi alcuna spiegazione?
È chiaramente la cosa più giusta da fare: qualora sia stato lui a rubare quel gioiello, merita di scontare la sua pena, qualsiasi essa sia.
Però...
Ovviamente c'è un però.
Io e Cole siamo amici e adesso c'è lui.
C'è solo lui.
Cole mi è sempre stato vicino da quando ho messo piede sulla nave e anche se magari non sempre mi ha dato consigli saggi, lui ci ha sempre provato.
Ad essere un buon amico.
O semplicemente ad essere presente.

Dall'altra parte, però, Nicholas si è fidato di me: mi ha raccontato ciò che è successo, perché si trova a bordo e persino indotto a capire che il sospettato è proprio Cole, motivo per cui non posso tenergli nascosto niente.
Anche perché, dubito che non ne verrebbe a conoscenza.
Intendo dire che è molto probabile che lui scopra ciò che sta macchinando Cole.
E che poi scopra anche che io lo avevo già scoperto.
E quello sì che sarebbe un bel guaio.

In ogni caso, non sono brava a programmare le mie azioni, figuriamoci le mie emozioni e il modo in cui devo reagire a determinate situazioni.
Pertanto, sebbene programmare tutto sia la situazione più facile, ricorrerò alla vecchia e buona procastinazione e deciderò sul momento come comportarmi.

Per quanto riguarda Nicholas, perquisirò la sua camera dopo e, soprattutto, sulla base degli sviluppi della questione-Cole.
Mi ha detto che sostiene che il nome sul bigliettino non sia importante, che non sia per niente una fonte affidabile e che teme che in nessun modo possa essere d'aiuto nelle indagini.
E allora perché tanto mistero?
Perché rifiutarsi di dire il nome?
Perché.
Perché.
Perché.

Ci sono così tanti interrogativi nella mia testa che non mi sorprenderei così tanto se si scaldasse ed esplodesse.
Proprio per questo motivo, sempre di più uso la scrittura come sfogo: non posso parlare di Nicholas e Cole con la mia famiglia o i miei si preoccuperebbero, non posso parlare di Nicholas con Cole, né tantomeno di Cole con Nicholas.
Risultato? Mi sento abbandonata a me stessa.
Quindi scrivo per me: scrivo perché è l'unico modo che conosco di esternare i miei pensieri e metterli a tacere.

Aveva ragione, Nicholas, quando diceva che a lungo andare essi diventano logoranti.
A volte vorrei poter andare a dormire solo per poter farli fermare.
Però questo significherebbe soltanto rimandare ciò che devo fare e, in qualche modo, lasciare alla sorte la possibilità di fare la differenza.

Under the same night sky Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora