Capitolo 17 - Pronto Soccorso

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Parcheggio davanti al pronto soccorso sorpassando ed ignorando quelli della sicurezza che continuano imperterriti a chiedermi di spostare la macchina.

- MIO FRATELLO STA QUI DENTRO CAZZO! CHIAMATE IL CARROZZIERE, FATE PORTARE VIA LA MACCHINA, FATE QUEL CAZZO CHE VI PARE MA LASCIATEMI IN PACE! - urlo ad un certo punto, esausta di ascoltare le loro insistenti richieste.

Entro nel pronto soccorso a passo veloce con Camila alle calcagna. Il rumore dei nostri tacchi riecheggia per tutto il corridoio. Probabilmente sarebbe stato meglio accompagnare Camila a casa, non è il massimo stare in un ospedale vestite in questo modo. È abbastanza scomodo.

Continuo a camminare, aggirando tutti gli infermieri che cercano di fermarmi. Potrei stenderli tutti a forza di pugni in faccia in questo momento, ma preferisco semplicemente ignorarli. Non vorrei finire nei guai.

Finalmente ad un certo punto, vedo un ragazzo riccioluto a pochi metri da me, che continua a fare avanti e dietro con la testa bassa davanti ad una porta. Lo riconosco subito, e corro verso il mio migliore amico.

- Harry! - richiamo la sua attenzione chiamandolo, e lui immediatamente alza lo sguardo verso di me. Ha gli occhi rossi, anche se in questo momento non sta piangendo. Un debole sorriso appare sulle sue labbra vedendomi, poi senza dire niente mi indica una porta con un cenno del capo.

- Lou.. è lì dentro? - chiedo, spostando lo sguardo sulla porta e tornando poi a guardare Harry, che annuisce e sospira.

- Posso entrare? - mi accerto, continuando a fissare il mio migliore amico, mentre inizio a tirare giù la maniglia. Lui annuisce di nuovo e Camila mi poggia una mano sulla spalla per confortarmi.

- Tu sì, perché sei sua sorella. - risponde tutto d'un fiato, con la voce roca di chi ha pianto per ore.

Annuisco abbassando lo sguardo, prendo un respiro ed entro nella stanza, richiudendomi la porta alle spalle.

- Scusi signorina, cosa ci fa qui?! Non può entr.. -

- Sono sua sorella, si che posso. - interrompo l'infermiere davanti a me, che sta controllando la flebo collegata al braccio di mio fratello.

Subito sento gli occhi pizzicare nel vederlo con la mascherina dell'ossigeno, le ventose attaccate al petto e la flebo al braccio. Mi avvicino e mi abbasso verso il corpo di Louis che ora sembra così debole.

Mi piego sulle ginocchia quanto basta per incrociare le braccia sul letto, affondando il mio viso tra di esse. Non voglio piangere, non posso e non devo farlo. Sono sicura che non è niente, probabilmente quello che stanno facendo fa parte degli accertamenti.

Sento una mano poggiarsi sulla mia schiena, che inizia a sfregarmi piano. Alzo il viso e noto che è l'infermiere, che si è accovacciato accanto a me.

Mi sposto e mi alzo, evitando il suo sguardo e incrociando le braccia al petto. Non voglio farmi vedere vulnerabile.

- Cos'ha? - chiedo, per interrompere il silenzio. Non sono sicura di voler sapere la risposta, ma prima o poi comunque la scoprirò. Tanto vale togliersi subito il peso. Deglutisco quando vedo l'infermiere sospirare. Cosa significa?

- Ha un'ematemesi. - risponde, spostando il suo sguardo sui miei occhi.

Aggrotto le sopracciglia, non credo di aver mai sentito parlare di una cosa del genere. È un buon segno?

- Se me lo spiega in un linguaggio comprensibile ad un normale essere umano gliene sarei molto grata! - sbuffo alzando gli occhi al cielo, sposto poi lo sguardo su di Louis, attendendo pazientemente la risposta dall'infermiere.

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