Uno

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Ad un certo punto della tua vita, ti viene chiesto "e tu da grande cosa vorresti fare?".
E questa domanda l'avevano fatta anche a me.
Cosa vorrei fare?...vivere. Sostanzialmente.
Sono rinchiusa in questo posto da quando ne ho memoria.
Liyela fai questo. Liyela fai quello.
Sono le uniche cose che sento, apparte le mie domestiche che per ordine di mio padre mi portano il cibo in camera.
Camera è per modo di dire.
Tutto successe da quando è morta mia madre, la sovrana indiscussa di Sayara. Niente a che vedere con i sovrani che si conoscono da sempre.
Lei era buona, gentile, disponibile per tutti.

Ma si sa che, chi è troppo buono, alla fine se ne va.

E la prossima sarei stata io, se non avessi preso la mia decisione. Anche se so che è sbagliato andare contro la mia famiglia, ma sento che sto per andare fuori di testa.
Ho bisogno di uscire.
Di sentirmi libera. Di essere me stessa.
Sono stanca di essere una prigioniera nel mio stesso castello.
Su un muro, con un gessetto, sono solita scrivere i giorni che passano segnandoli con delle linee.
Segno la linea 1460.
Sono già passati quattro anni e mi sembra di essere qui da un'eternità.
In un posto che di luminoso non ha niente. Fatto di oscurità, perenne. C'è solo una finestrella posta in alto, che di giorno illumina quel poco che c'è.
Non mi danno neanche il permesso di uscire a prendere una boccata d'aria. Pensano che io sia una ribelle, una pericolosa per la società. Per la reputazione di mio padre.

Sospiro, sedendomi contro un muro.
Mentre sono assorta nei miei pensieri, la porta dello scantinato si spalanca. Una luce mi acceca, costringendomi a coprirmi gli occhi con un braccio.
È Adeline, la mia domestica. In mano, ha un vassoio con dentro del cibo. Che, a prima vista, sembra delizioso.
<<Piccola, è l'ora della cena>>-dice. Mi metto in piedi, strisciando lungo il muro.
Sono così contenta di ricevere visite. Soprattutto da lei, che sembra l'unica a capirmi e che mi protegge. È quasi come una seconda mamma per me.
<<Adeline!>>-le corro incontro, facendola ridere. La abbraccio così forte che mi sembra quasi un sogno. <<Sono contenta di rivederti. Novità?>>-le domando, staccandomi dall'abbraccio per farle riprendere fiato.

Mi tolgo un capello dalla bocca. Tempo fa, le avevo chiesto di convincere mio padre a lasciarmi uscire.
La sua espressione cambia. È dispiaciuta, così scuote la testa.
<<Tuo padre non vuole cedere>>-risponde, poggiando il piatto sul tavolo affianco alla porta. Sospiro.
<<Immaginavo. Tu come stai?>>-le domando.
<<Liyela, sai che non mi è concesso parlare con te. Se tuo padre mi vede qui, mi ammazza>>-dice, sottovoce, preoccupata. Stringe tra le mani una collana, con la croce.
Le afferro la mano, bisognosa.
<<Non ti vedrà. Ti prego, ho bisogno di parlare con qualcuno>>-le dico, con gli occhi lucidi e la voce spezzata.
So di starle a cuore, nonostante quel poco che ci vediamo lei sembra avere paura di me. So che vuole aiutarmi a fuggire.
Mi stringe forte la mano e entrambe ci sediamo per terra, l'una affianco all'altra. Poggia la mia mano sul suo petto, proprio come faceva la mia mamma quando ero piccola.
Solo che adesso ho 19 anni e tanta voglia di correre.
<<Le cose di sopra non vanno tanto bene, sarò sincera con te>>-dice. Corruccio le sopracciglia, preoccupata dalla sua espressione cupa.
<<...spiegati meglio>>-le dico. Mi stringe la mano, un pochino più forte.
<<Prometti che, se te lo dico, tu non lo dirai a tuo padre?>>-dice.

Annuisco, facendo finta di chiudere una zip sulle mie labbra.
<<Sarò muta come un pesce>>-rispondo, alla donna dai capelli bordeaux poco più grande di me.
<<Tuo padre vuole che tu ti sposi con Ingayo>>-risponde, lasciandomi senza parole.
Il mondo mi cade addosso.
Anzi no, un fulmine mi cade addosso. Mi colpisce dritta al cervello, così veloce che per un attimo mi dimentico il mio nome.
Alzo le sopracciglia, meravigliata. Scioccata. Sull'orlo di piangere.
<<Mio cugino?>>-domando. Annuisce.
Mio padre ha superato il limite. Come può pensare che io mi sposerò contro la mia volontà? Sono ancora vergine, tra l'altro.
<<Le nozze saranno domani mattina. Tra poco verranno a prenderti per i preparativi>>-dice. Mi metto in piedi di scatto, arrabbiata e terrorizzata.
<<Adeline! Perchè non me lo hai detto prima?>>-la rimprovero, nel panico.

Adesso cosa faccio?
Adesso cosa faccio?
Cosa faccio?!

Si rimette in piedi.
<<Non sarebbe servito a niente>>-dice. Cerco velocemente qualcosa da afferrare. So che non dovrei, ma prendo una bottiglia di vetro vuota e spaventata gliela tiro in testa. <<Liyela!>>-esclama, dolorante, accasciandosi per terra.
Sgrano immediatamente gli occhi, lasciando cadere la bottiglia.
...che cosa ho fatto?
Inizia a salirmi il panico. L'ho uccisa? Adeline è sdraiata a pancia in su, con gli occhi che fanno apri e chiudi. E del sangue attorno a lei.
Mi chino verso il suo corpo.
<<Scusami tanto, mi dispiace>>-le dico, scoppiando a piangere dai sensi di colpa.
Allunga una mano verso di me. Gliela stringo forte.
<<Liy...>>-dice, con un fil di voce. Deglutisce. <<Scappa. Vai...vai via da qui. Più...più veloce che puoi>>-continua. Annuisco, baciandole il dorso della mano.
<<Ti voglio bene>>-le dico, singhiozzando, sapendo che tra poco avrò ucciso una persona. Abbozza uno dei sorrisi più dolci che lei abbia.
<<Anche io. Stai attenta, lì fuori c'è un mondo cattivo>>-dice, prima di chiudere gli occhi e morire per emorraggia.

Tremando, mi rimetto in piedi. Dato che la porta è rimasta aperta, scappo via dallo scantinato.
Corro per tutto il corridoio, salendo delle scale che mi portano subito al piano di sopra.
Sul cammino di ronda. Un passaggio lungo le mura del castello medievale di mio padre, sorvegliato costantemente dalle guardie.
Prima che una di quelle in fondo mi veda, mi nascondo dietro un muretto.
Penso a un piano. E forse me n'e appena venuto in mente uno.
Prendendo un respiro profondo, corro verso la guardia.
<<Ehy! Tu non dovresti essere qui!>>-mi rimprovera. Gli salto addosso, atterrandolo. Lo prendo dal colletto della divisa, tirandogli un pugno sul naso.
E sviene.
<<Questo lo prendo io>>-dico, afferrandogli il fucile dalle mani. 
Corro via, uscendo dal cammino di ronda per percorrere delle scale a chiocciola che mi portano fino al cortile centrale.
Dove cavalieri si allenano e la gente comune lavora nelle fabbriche.

Appena mi vedono armata e correre fino a uno degli accampamenti, una delle guardie cerca di fermarmi sparandomi.
Mi chino immediatamente, schivando il proiettile. In mia difesa, gli sparo a una gamba e continuo a correre.
Devo raggiungere Samira.
Appena arrivo nella tenda dove dorme, la mia migliore amica è dentro. La ragazza dai capelli biondi e gli occhi color nocciola, sta scrivendo uno dei suoi soliti romanzi.
O una lettera, come fa di solito per comunicare con me.

Senza neanche pensarci due volte, afferro uno zaino e ci infilo dentro: vestiti, calzini, slip, reggiseni, acqua e cibo. Tutto ciò che ci serve per sopravvivere.
Samira alza lo sguardo, confusa.
<<Liyela? Dove vai così di fretta?>>-dice, emettendo una risatina. Non le rispondo, troppo tesa per farlo. Apro il suo armadietto, contenente le sue cose private.
Prendo tutto ciò che ci serve.
<<Che c'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?>>-continua. Chiudo l'armadietto, dopo aver allacciato bene lo zaino sulle spalle.
<<Devo andarmene da qui Sam! Sono stanca di tutto questo>>-le dico, seria, stanca.
Motivata dalla voglia di essere libera.

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