Paradise on Earth

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Pogues e Cooks, lo Sprofondo e Figure Eight, Big Jhon e Cameron, tutto sembra ormai così lontano.

"E con oggi, abbiamo concluso la quarta settimana a Poguelandia" esclamo mentre incido l'ultima asticella sull'albero adibito a calendario. È trascorso un mese da quando siamo naufragati in questa isola deserta; per molti sarebbe un inferno ma, per noi, è il nostro personale paradise on earth.

Qui siamo lontani dalle ingiustizie, dal dolore, dalla paura e questo, per sei come noi, è uno degli aspetti migliori di ritrovarci qui. Certo, tante sane vecchie abitudini sono andate perse: ci si lava al ruscello nell'entroterra con acqua corrente fredda, non ricordo più come sia fatto un vero spazzolino per i denti – ormai del tutto sostituito da ramoscelli duri bagnati con la linfa ricavata dall'aloe – o dormire su un materasso morbido. Non posso nemmeno più dirmi vegetariana perché dopo quasi un mese passato a bere solo acqua di cocco o a provare a mangiare bacche, una razza infilzata a riva mi sembra un miraggio nel deserto. JJ mi ha insegnato a pescare; in fondo, chi meglio di lui poteva farlo? Ultimo discendente di una nota "stirpe di pescatori, delinquenti e bugiardi". Era così che i miei lo definivano e forse un po' hanno ragione; ma per quanto possa essere una calamita umana per i guai, JJ non è come la sua famiglia.

"Bene, ci staranno dando ufficialmente per morti" - esclama Pope – "dopo un mese dispersi in mare, nessuno ci cercherà più".

"Finalmente..." dice sottovoce Sarah, ancora fortemente scossa e spaventata da tutto l'accaduto. Il fantasma del padre continua ad ossessionarla, a volte la sento muoversi e parlare nella notte, a volte – addirittura – urla finché John B non riesce a svegliarla e calmarla.

"Ma chi vorrebbe non essere noi? Io non rinuncerei mai a questo. Abbiamo tutto qui: libertà, il mare, il sole, il cibo, gli amici..." dice JJ mentre mi guarda dal basso, alzando gli occhi su di me che sono ancora in piedi vicino l'albero-calendario.

È da quando siamo arrivati sull'isola che non riesco a reggere il suo sguardo. Dopo averlo quasi perso per colpa di quella brutta botta in testa che lo ha spinto in mare dalla The Coastal Venture mi sento come se qualcosa non quadrasse nel nostro rapporto. Mi sento imbarazzata, sebbene passiamo insieme tutto il nostro tempo, dalla pesca al falò che accendiamo la sera per scaldarci.

Alcune volte mi capita di dover scappare via perché mi sento avvampare sotto un suo sguardo o di dover spostare velocemente gli occhi perché mi nota mentre lo guardo disteso sotto le palme a riposare.

"Io avrei bisogno di andare al ruscello" dice Sarah alzandosi da un tronco di albero dietro cui ci ripariamo dal forte vento che si alza la sera. Mi passa davanti prendendomi il braccio come a dirmi di accompagnarla.

Ci incamminiamo sul sentiero ormai battuto per raggiungere l'acqua dolce, ma la passeggiata non è tranquilla come avrei pensato.

"Cosa ti passa per la testa?" mi chiede mentre mi cammina avanti, dandomi le spalle – il che è un dato positivo vista la piega che prenderà il nostro discorso.

"In che senso?" le domando perplessa scavalcando una piccola roccia.

"Facciamo così, giochiamo. Ci facciamo delle domande e rispondiamo con la più assoluta delle verità" mi dice.

Dopo un attimo di esitazione le rispondo che va bene, non capendo dove stesse virando la conversazione ma sentendo un certo senso di inquietudine, come se avessi qualcosa da nascondere. Ma cosa?

"Preferiresti tornare alle Outer Banks o stare ancora qui?" mi domanda.

"Siamo nel nostro personale paradiso, non tornerei indietro se solo potessi far sapere ai miei genitori che sono viva e che sto bene" le rispondo.

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