4. Bartender

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But sometimes, girls just want to have fun

The poetry inside of me is warm like a gun [...]

Baby, remember, I'm not drinking wine

But that Cherry Coke you serve is fine

And our love's sweet enough on the vine

[Lana Del Rey]

***

Con un cenno educato, Lauren rispedì indietro il vassoio colmo di calici alcolici che il cameriere le offriva. Avrebbe bevuto volentieri dalle mani di Camila, se solo ella, maledizione, si fosse decisa ad abbandonare il miserabile ruolo da bartender che si era sobbarcata dopo l'usuale turno giornaliero. Avrebbero potuto testare insieme la pista da ballo appena inaugurata dalla grassoccia ritta villosa di Paco Sanabria.

Sotto le lusinghe adoranti delle luci calde che illuminavano la sua figura minuta e ben bilanciata tra una venustà matura e una delicatezza fanciullesca, preda di un'apparente noia meditativa, ella lucidava il bancone meccanicamente. Lauren ne aveva schizzato i contorni in un bozzetto senza volto (non voleva in alcun modo degradare quella bellezza incomparabile, depositandola in copia su carta), e intorno a esso scribacchiava alcune parole o versi, a seconda di quello che la sua mente catturava, nel caotico universo della creatività. Di un prodotto era assai soddisfatta, seppur dovesse ancora confezionare il resto dell'abito lirico: diletta oliva di Pallade diva.

Le garbava il suono, e la facilità di rotolamento che possedeva, presso lingua e denti. Le garbava l'intimo significato della metafora, le assonanze perfette e imperfette di cui echeggiava. Poiché la induceva a distendere le labbra in un sorriso pago, cavare una creatura così armonica fuori dagli arzigogoli labirintici della mente pareva ogni volta una benedizione. Avrebbe potuto discorrere di quelle undici sillabe per ore: l'immagine mediterranea di un ulivo vigoroso, vetusto ma mai davvero corrotto dal tempo, come quello sacro alla glaucopide Atena, e della sua drupa più carnosa, florida e succulenta, in mezzo a una miriade di compagne di poco meno pregevoli, era forse la migliore analogia con il mondo vegetale che non desacralizzasse la splendida figura animale di Camila.

- Meraviglioso – sussurrò tra sé e sé, quasi commossa dalla genialità dimostrata.

Richiuse il quadernino con cura e si avviò al bancone, ora pregna di una necessità urgente: connettersi alla propria Erato.

- Camila - bisbigliò, approdando con la punta delle dita sulla sua spalla destra.

Camila sobbalzò: il fiato le si mozzò in gola e la peluria della cervice si rizzò bruscamente. Invero, quasi compì un salto sul posto. Voltandosi, mentre i brividi persistevano a correre lungo ogni linea di Langer, si fece di fiamma: Lauren.

- Santiddio, ti sembra mica il modo? - rimproverò, allontanandosi un poco perché potesse meglio gestire la pletora di emozioni e perturbazioni fisiche che la vessava.

La replica che seguì fu quantomai determinata, asciutta, quasi aggressiva: - Non mi interessa avere il tuo numero di telefono. Quante consumazioni corrispondono a un bacio? -.

- Questo mi sembra esuli dalle regole... -.

Lauren non pensò di demordere nemmeno per un istante. Circumnavigò agevolmente il bancone e si addentrò oltre il pilastro, nella zona d'ombra che proteggeva Camila dai clienti ficcanaso. La cinse per la vita, e coricò la testa sulla sua spalla per immergersi nel suo irresistibile sentore: mango, arancia e cannella. Tale e quale a come lo ricordavo.

- Pensavo volessi infrangerle, prima o poi... - provocò, armeggiando distrattamente con il nodo lento del suo grembiule, e poi camminando sullo scavo della spina dorsale. In tutta onestà, avrebbe voluto liberarla da ogni indumento; a partire da quell'assisa ben stirata.

White Dress or AllelopathyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora