Epilogo: Love is a losing game

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Though I battle blind

Love is a fate resigned

Memories mar my mind

Love is a fate resigned

Over futile odds

And laughed at by the gods

And now the final frame

Love is a losing game

[Amy Winehouse]

***

In un indefinito momento del futuro


Poiché pensiamo che l'amore, in quanto potente manifestazione di energia cinetica e termica, mai si esaurisca se non per mutare di luogo o di protagonisti, diremmo che esiste amore anche quando la brace è del tutto estinta; ma questo è quanto non vogliamo trasmettere, almeno in un scorcio dell'epilogo. Attraverso una lente il più possibile realistica, e con le conoscenze che abbiamo acquisito nel corso di una privilegiata esistenza da osservatori, talvolta da giocatori, vorremmo dimostrare che, come calore emanato da una resistenza attraversata da corrente, l'amore si disperde nell'aere e dietro di sé lascia nient'altro che un fazzoletto di terra bruciata.

Il governo militare di Don Jauregui durò per il successivo decennio. Per la maggior parte del periodo nessuno dei volti noti al Lettore si affacciò mai alle coste dell'isola; e coloro che avevano costituito sfortunati testimoni della funesta ascesa non esitarono nell'organizzare la fuga definitiva.

La nuova vacanza di potere, com'è prassi delle guerre civili più interminabili, ricoprì le strade di uno spesso strato di sangue.

Michael Jauregui si dileguò in una nuvola di spari in compagnia del fidatissimo dottor Santos, e fece perdere traccia di sé. Dopo la sua vigliacca ritirata, e mente i ribelli avanzavano nella reggia seminando distruzione, rinchiusasi in camera da letto, Clara portò la bocca del ferro alla tempia destra e all'occorrenza del fuoco ricadde pesantemente sul talamo.

Come i Proci al cospetto di Penelope di Itaca, quando le milizie la rinvennero, non si posero scrupoli nel violarla, anche con le armi.

Nella dimensione fisica della realtà sensibile, v'è spesso un dolore maggiore da esperire; e se è vero che il dolore in sé è innanzitutto una stimolazione meccanica ripetuta sino all'esasperazione, allora, dopo la serie infinita di devastazione che aveva attraversato in prima persona, per dirla in termini biologici, Clara era divenuta del tutto desensitizzata; e da defunta, in un certo senso, non aveva più nulla da temere o da patire.

L'avventura tra Miguel e Gisela era sbocciata definitivamente durante quel periodo poco roseo. Egli era purtroppo rimasto legato all'attività di famiglia, mentre la novia aveva proseguito la professione di danza presso una compagnia statunitense, in Florida. Indi, non appena aveva dovuto accettare il fallimento economico, in forza delle terribili perturbazioni sociali e politiche, era fuggito a bordo di una nave cargo, clandestinamente rinchiuso nella stiva. Avrebbe ricordato per sempre la sensazione martellante del cuore in gola, mentre sgusciava come una larva sulla terraferma, assetato e consumato dai crampi di fame, madido di sudore e sudicio in ogni anfratto. Aveva subito provato a correre, ma lungo i primi metri aveva piuttosto ruzzolato maldestramente. L'ansia di sfregare tra le mani l'indirizzo di casa, in attesa di vedere il viso raggiante di gioia mista a preoccupazione di Gisela, non era stata comparabile, per intensità, a nessuna emozione pregressa.

La fortuna medesima, com'è pacifico, non aveva soccorso Mariposa e Fernando.

Ella, in verità, era presto emersa come modella per un'agenzia newyorchese: il caso aveva voluto che i suoi occhi fossero notati, in negozio, da tale Richard "Dick" Jones, che accompagnava la propria troupe di reporter attraverso l'isola, ed era appunto il proprietario della suddetta agenzia. Così, considerato che futuro più fertile non si sarebbe mai proposto, aveva convinto la madre a seguirla.

Fernando invece rimase; e gli fu fatale.

***

Porgendo l'occhio all'ultimo quadro che abbelliva la desolazione del soggiorno, una riproduzione piuttosto fedele dell'Ophelia di John Everett Millais, Lauren non riuscì a sciogliere l'amarezza antica che l'instabilità del presente le suscitava. Singhiozzò qualche istante tra le emozioni che la travolsero, quindi si decise a sollevare l'opera dal chiodo e a riporla insieme alle altre in uno scatolone che recitava FRAGILE in cubitale grassetto.

- È l'ultima, signora? -.

- Mi lasci controllare ancora una volta -.

Salì a due a due le scale che stavano dirimpetto alla porta d'ingresso. Quindi spinse quella che si trovava in cima e mosse l'ennesimo passo cigolante sui listelli del parquet. Esitò, mentre dava un'occhiata sommaria alla penombra dell'ambiente, quindi accese le luci. V'era un elemento che con esattezza accomunava e avvicinava il passato noto e l'incerto futuro in un presente infinitesimale: la polvere.

All'or che si corica il tardo giorno, / ove lacrimando all'ombra d'un salice / cede la rosa al dolor del commiato / solenne, ella giace come fervente / in sue preci, tra i sudditi del prato...

Erano versi di una lirica incompleta e probabilmente destinata a rimanere tale. Aveva cominciato ad abbozzarli non appena aveva appeso il suddetto quadro alla parete dello studio, sotto il nome di Ofelia o La regina dei prati. In verità, l'avrebbe altresì potuta definire, tra sé e sé, lo stringato di un amore infelice.

Sebbene riconoscesse il potenziale che vi aveva versato, non riusciva a proseguire, e perciò si dannava, perché interpretava quel blocco come un'incapacità inguaribile.

Abbi il cuore di non dimenticare / quel che fummo nel recente passato, / e se oggi per il freddo vesti 'l petto / d'elabro finti fior color dell'oro, / a lungo porterai china la fronte...

Oltre quella mansarda, com'è pacifico, la frenetica vita della Grande Mela continuava a galoppare a perdifiato. L'arte, al contrario, permaneva immobile sul supporto su cui era stata generata; inconsumata, inconsumabile; perenne memoria dell'indissolubile legame che sussiste tra un granello di successo e un mosaico di fallimento.

Colpita da una fugace illuminazione, Lauren avanzò verso l'angolo ove giaceva il baule che più e più volte si era ripromessa di ricontrollare, ma al quale, confidente che fosse invero vuoto, non si era ancora premurata di avvicinarsi. Forzò la chiusura a scatto e spinse il pesante coperchio verso l'alto, adagiandolo contro la parete retrostante. I suoi polpastrelli erano già stati invasi da un velo appiccicoso.

Quando si sporse fu sorpresa di rinvenire solamente uno dei quaderni su cui usava verseggiare. Lo raccolse con cautela, e con il dorso della mano scacciò la polvere in maniera grossolana. Lo scartabellò piuttosto rapidamente. La Fortuna volle che capitasse sulle pagine che per lungo tempo avevano conservato un grappolo di Myosotis sylvatica, ormai dello spessore appunto di un foglio di carta.

Allora non poté contenere l'emozione, e rilasciò un sospiro mozzo.


«Questa verità credo: che fatale

sia l'amore. Più sangue che sentivo

in corpo riscosse come tributo;

la fiamma estinse dal guardo accecato

nell'infamia di delitto maldetto.

Ferite queste parole alla sera

portano, insieme al mio cenere muto,

e m'è grave, nel sonno, naufragare».


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THE END

White Dress or AllelopathyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora