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Ho provato a cercarlo scrivendogli da altri profili, chiamandolo col cellulare di mia sorella, da quello di mia madre ma niente, non ne ha più voluto sapere di me. Mi rispondeva, mi diceva che gli facevo schifo, che stare con me era stato il più grande errore della sua vita e riagganciava senza darmi modo di dire nulla. Eppure io non mi sono arresa, continuavo a cercarlo anche avendo zero risultati. Poi è arrivata la fine della stagione calcistica ed è andato via da Napoli. Il Napoli quest'anno ha vinto il campionato di Serie A ed è arrivato ai quarti di Champions, è stata un'annata storica. Hanno festeggiato per le vie della città completamente impazzite per la squadra. Poi dopo qualche giorno è arrivata la notizia che Khvicha ha rinnovato il suo contratto col Napoli e in città sono di nuovo impazziti di gioia. Dopo tutta questa gioia e tutte le feste fatte, Khvicha è volato in Georgia per giocare con la Nazionale per poi andarsene in vacanza con la sua famiglia. Alla fine io sono andata con mia sorella in vacanza, in Sicilia ad agosto, ed è stato bellissimo. Bellissimo, sì, ma mi mancava sempre lui. Ogni tanto continuavo a scrivergli messaggi o a chiamarlo ma lui oltre a qualche insulto non mi rispondeva. Non so più che fare onestamente, l'ultima spiaggia è andare al centro dove si allena e parlargli da vicino. Non volevo farlo perché so quanto ci tiene al suo lavoro e quanto è discreto ma non ho alternative.
È fine agosto quando mi decido a mettermi in auto e ad andare a Castelvolturno dove lavora. Aspetto che si faccia l'ora d'uscita e mi preparo mentalmente su cosa dirgli. Pochi minuti dopo mezzogiorno esce dal centro sportivo insieme ad Elif e mi sembra che i suoi capelli siano più lucenti, i suoi occhi più chiari e brillanti, il suo sorriso più luccicante. È bello più di quanto ricordassi e mi era mancato da morire.
«Che ci fai tu qua? Vattene» mi dice non appena mi vede.
«Khvicha, mi lasci parlare due minuti? Ti prego.»
«Ancora? Sono più di quattro mesi che parli e non la smetti ancora? Le tue cazzate non le voglio sentire» si gira di spalle ma io lo fermo.
«Solo un attimo, per favore» lui mi guarda negli occhi, sospira e annuisce. «Ciao Elif» saluto il suo amico che è in evidente imbarazzo, ho qualcosa da dire anche a lui.
«Cosa devi dirmi? Sbrigati che devo andare a pranzo» mi riporta alla nostra conversazione e io faccio di sì con la testa.
«Io non sono quella che tu hai dipinto, e mi dispiace aver chiuso con te in quel modo» esordisco, «non ti ho mai preso in giro o usato, soprattutto non ho mai voluto incastrarti. Ti prego, credimi» quasi lo supplico ma lui mi guarda sempre più teso e nervoso.
«Io non sono stupido e so come vanno queste cose. Mi sono fidato di te, ho sbagliato» dice stringendo le mascelle.
«Mi dici in che modo avrei approfittato di te e della tua ricchezza? Ti ho mai chiesto regali? Ti ho mai chiesto borse, scarpe, vestiti? Viaggi?»
«Volevi andartene in vacanze a spese mie e stai ancora parlando?»
«Ma se ti avevo solo chiesto quando avevi le ferie! Non abbiamo mai parlato di soldi, non ti avrei fatto spendere trenta mila euro di vacanza. Poi cosa? Pagavi tu il ristorante quando uscivamo, ok. Questo è usarti? Questo è essere un'approfittatrice?» chiedo ancora per poi guardare Elif che sta assistendo a tutta la nostra conversazione. «Tu che ne dici, paladino della giustizia?» gli domando e lui alza le mani in senso di innocenza. «Ora te ne tiri fuori, eh? Tu e la tua scopamica mi avete rovinato la vita, avete rovinato una relazione in base a cosa? In base a delle confidenze fatte tra amiche. In base a delle speranze, a dei sogni. Siete due stupidi con le manie di protagonismo» finisco il mio discorso e il macedone risponde.
«Io volevo solo aiutare un amico, le decisioni le ha prese lui, io non c'entro.»
«Siete due chiacchieroni e non vi meritate amici come noi ma si sa che nella vita è fortunato chi non lo merita. Comunque, Khvicha, torniamo a noi» lo guardo e lui risponde con un movimento quasi impercettibile del mento. Siamo nel parcheggio del centro sportivo e fa un caldo asfissiante. Non c'è un filo di vento e l'aria è irrespirabile.
«In che modo mi sarei approfittata di te? Ero la tua ragazza e mi avrebbe fatto piacere se tu mi avessi invitato a venire con te ovunque nel mondo. Cosa c'è di strano in questo? Se ti metti con un'altra e te ne vai in Spagna o in Francia non credi che lei sia contenta di seguirti? È normale, non è da approfittatrici» dico tutto d'un fiato sperando di aver spiegato bene le mie motivazioni. «E poi ripeto, io a te non ho mai chiesto nulla. Nulla» finisco e d è il suo turno di rispondere.
«Tu non stavi studiando più, volevi smettere di lavorare, volevi campare sulle mie spalle da sanguisuga quale sei. Certo che ti avrei portato con me, io sono sincero e ti volevo davvero bene. Ti avrei portato ovunque con me ma non lo farò sapendo che volevi campare senza fare nulla e facendoti mantenere da me. Avrei potuto permettermelo ma è il principio che è sbagliato. Per non parlare del fatto che volevi farti mettere incinta... che schifo» fa una faccia disgustata e scuote la testa.
«Mi spieghi come mi faccio mettere incinta se sei tu che sai quando stai arrivando e che ti tiri indietro? Io che c'entro? Cosa comando?»
«L'ultima volta a casa mia non ho comandato io, mi sembra.»
«Khvicha» mi fermo e scuoto la testa facendo una risatina «sei alto il doppio di me, pesi il doppio di me, puoi prendermi e spostarmi a tuo piacimento ogni volta che vuoi. Io non comando proprio in nulla, non dire cazzate.»
«Quindi ti ho lasciato e ti ho tradito per delle cazzate?»
«Esatto. Meglio non parlare di quello che hai fatto con Elena perché sei stato meschino e cattivo. Non è da te.»
«Sì perché volevo farti soffrire e lei era solo un'arma» dice onesto.
«E sarei io quella ad aver sbagliato? Mi fa piacere» incrocio le braccia e lo vedo innervosirsi.
«Tu mi hai usato fin dal primo momento e volevi tenermi legato a te per sempre! Delle tue chiacchiere non me ne faccio nulla, nulla!» alza la voce e mi punta un dito contro.
«Non l'ho mai fatto, di cosa avrei approfittato, eh? L'unico regalo che mi hai fatto è questo braccialetto d'acciaio col sette, unico regalo e costerà al massimo venti euro! E il figlio col tuo cognome non lo stavo cercando, ho solo detto che se fosse arrivato non sarebbe stata la fine del mondo perché io ti amo Khvicha, io ti amo!» alzo a mia volte la voce e lui fa un sorriso snervato facendo di no con la testa.
«Sei una falsa bugiarda» mi accusa ancora.
«Ehi Elif, ci sei tu come testimone, guarda...» mi tolgo dal polso il suo bracciale che fino ad oggi non avevo mai tolto e glielo mostro. «Gli restituisco l'unico regalo che mi ha fatto perché io posso aver sbagliato a dire quelle cose ma non sono e non sono mai stata un'approfittatrice. Mai. Tienitelo» glielo porto ma lui lo rifiuta.
«Che me ne faccio? Non lo voglio, riprenditelo.»
«No. Se è finita è finita per davvero. Tu vuoi finirla qui?» ci provo per l'ultima volta perché a prescindere da tutto, dopo tutto quello che secondo lui gli ho fatto e dopo tutto quello che lui mi ha fatto e mi ha detto, io lo amo ancora. E me ne sono accorta in questi mesi lontana da lui, mi è sembrato di vivere una vita parziale, incompleta.
«Io non ti voglio più nella mia vita e non ti vorrò mai più» è chiaro e diretto e non posso far altro che incassare ed accettare.
«Mi faccio da parte allora. Buona vita» cammino all'indietro facendo qualche passo lento tenendo stretto tra le mani quel braccialetto.
«Anche a te.»
Mi volto e vado verso la mia auto.

Ora è davvero finita, devo necessariamente andare avanti.

Fidati di me | Khvicha KvaratskheliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora