30.

897 32 11
                                    

Khvicha.

Il mio cellulare squilla e rispondo subito anche se mi chiama un numero che non ho salvato in rubrica.
«Pronto?» rispondo in spagnolo perché il numero è spagnolo e quando dall'altro lato rispondono riconosco subito chi è.
«Sono Ginevra, sono giù da te ma il portiere non vuole farmi entrare. Glielo dici tu per favore che mi conosci?»
«Sì ora scendo» stacco la telefonata e prendo l'ascensore scendendo fino all'atrio dove c'è Josè, il portiere storico del palazzo.
«Signor Kvaratskhelia io questa persona non la conosco e non è nella lista di nomi che lei mi ha detto di lasciar passare» mi dice e io annuisco assecondandolo. Ha ragione.
«Hai ragione Josè, allora aggiungi alla lista Ginevra, lei può venire da me ogni volta che vuole, ok?» glielo spiego e lui subito si appunta il nome sulla sua agenda. Lo salutiamo ed entriamo insieme in ascensore. La nona sinfonia di Beethoven che risuona nella scatola di acciaio che ci sta trasportando fino all'ultimo piano è l'unica cosa che si sente visto che io e lei non diciamo nulla. Le porte si aprono e io appoggio la chiave magnetica sul sensore che fa aprire la porta di casa mia. Entro e mi giro per invitare anche lei. Resta un passo fuori mentre ci guardiamo negli occhi, poi fa un balzo in avanti e alzandosi sulle punte mi abbraccia allacciandomi le braccia al collo e affondando con la testa sul mio petto.
Dio mio, quanto la amo.
La stringo forte e inalo tutto il profumo che i suoi capelli sprigionano. E qui tra le mie braccia e non mi sembra vero.
«Piccola mia, quanto mi sei mancata...» le dico e lei si stacca da me facendo di sì con la testa.
«Tu capisci da cosa sono spaventata, vero?»
«Certo che l'ho capito e mi odio tantissimo per averti spaventata fino a questo punto ma ti giuro che non credo che tu sia un'approfittatrice, l'ho capito subito dopo che ci siamo definitivamente lasciati» le spiego mentre la porto in salone e la faccio sedere sul grande divano bianco in velluto.
«Io sono traumatizzata Khvicha... ho paura che se organizzo un viaggio, una cena particolare, un regalo o qualsiasi cosa tu possa pensare che io lo faccio con i tuoi soldi. Sai quanto guadagno all'anno, io?» resto spiazzato, che c'entra adesso questa domanda?
«No non lo so Ginevra, ma davvero, non mi interessa.»
«Deve interessarti invece. Guadagno duecento mila euro l'anno, ho da poco avuto una promozione a lavoro e ora dirigo una scuola tutta mia. Non guadagnerò quanto te ma posso permettermi viaggi, borse di lusso, scarpe, cene stellate... tutto» racconta orgogliosa con gli occhi che le brillano. Ha ragione, fa benissimo ad andarne orgogliosa ma deve capire che a me dei soldi non importa nulla.
«Sono orgoglioso di te e so che ti sei impegnata tanto per arrivare a questi livelli, ma ti ripeto che a me dei soldi non interessa nulla anzi, guarda...» prendo dalla mia tasca il portafoglio e tiro fuori le mia carta di credito. Gliela passo e lei la guarda per poi tornare a guardare me. «Per me puoi tenerla tu e farci quello che vuoi, mi fido al cento per cento. Il PIN è 070707» dico e lei spalanca la bocca per poi scuotere la testa.
«Ma sei pazzo per caso? Perché l'hai fatto? Ti ho appena detto che non ho bisogno di soldi!» incrocia le braccia sotto al seno e mi fa ridere.
«Ginevra qui non si parla di avere bisogno di soldi o no, qui si tratta di fiducia. Io mi fido di te. Punto. E sai quando ho capito che tu non avevi mai sbagliato con me?»
«Quando?» chiede sbattendo le ciglia e fissandomi.
Sono sbagliato se sto pensando a quanto sarebbe bella nuda nel mio letto sotto di me? Sto impazzendo.
«Tu non hai seguito nulla della mia vita dopo di te?»
«No, non sapevo nemmeno che fossi al Real e pensa che io sono qui da due anni...» svela e mi sembra impossibile. Lei è qui da prima di me e non sapeva che io fossi qui? Incredibile.
«Ma come è possibile che non sapessi niente?»
«Quando ci siamo lasciati mi sono cancellata dai social e ho semplicemente finto che tu non esistessi. Ho smesso di cercarti online, ho smesso di interessarmi alla tua vita per cercare di andare avanti. Tutto qui.»
«Quindi non sai che ero tornato con Nitsa?» appena faccio quel nome raddrizza la schiena e fa di no con la testa.
«No... quando?»
«Il Natale dopo che io e te ci siamo lasciati, sono tornato in Georgia per le vacanze e l'ho incontrata. Una cosa tira l'altra e siamo tornati insieme. E quando sono passato al Real lei è venuta con me. E sai che faceva?»
«Che faceva?»
«Ha trovato lei casa, ovviamente tra le più costose e prestigiose della città. Ha iniziato a programmare il nostro matrimonio, a voler organizzare viaggi alle Bahamas, alle Maldive, alle Seychelles. Poi voleva comprare una casa a Tbilisi, una a Batumi, una qui a Madrid. Tutto a spese mie ovviamente. E non mi dava fastidio, anzi, la vedevo una cosa normale. Così ho capito che avevi ragione, sia tu che lei vi stavate comportando da fidanzate, tutto qui. Forse lei ne stava approfittando un po' ma, ripeto, poteva andare bene così. Io sono ricco e me ne rendo conto, è ovvio che se si organizza un viaggio o si desidera comprare una casa la spesa ricade su di me. Ora non ci vedo nulla di male» le spiego e lei ascolta attenta per poi deglutire la sua saliva e parlare.
«Programmare il matrimonio?» è rimasta a quella frase, è così dolce quando è gelosa che la riempirei di baci in questo stesso momento.
«Lei voleva, io no. Non la amavo, non potevo sposarla. Hai sentito il resto del discorso oppure ho parlato a vuoto?» sorrido e lei annuisce.
«Certo ho ascoltato tutto ed è così, non voleva approfittarne, gestiva semplicemente i soldi della coppia, ovvio. Io però lavoro e se volessi comprare casa potrei farlo o almeno potrei partecipare in parte» dice ribadendo il suo concetto.
«Ok, ci sta. Quindi cosa vogliamo fare? Puoi fidarti di me o no?»
«Ci posso provare» mi guarda negli occhi e so che sta facendo uno sforzo enorme.
«Posso fare qualcosa per aiutarti?»
«Sì, non mi trattare da mantenuta. Se c'è da comprare qualcosa posso farlo io. Se si organizza un viaggio possiamo fare a metà e così via. Va bene per te?»
«No per me non va bene perché io non faccio distinzione tra soldi miei e soldi tuoi. Per me sono nostri, della coppia. Ma se questo ti fa stare meglio lo accetto, va bene.»
«Okay, già questo mi fa stare meglio.»
«Te lo ripeto, tu dai troppa importanza ai soldi che in questo momento sono la cosa meno importante. Per me la cosa più importante e che siamo qui, dopo due anni, senza urlarci contro o piangere. Ricominciamo tutto daccapo, ti va?»
Sorride e allunga una mano verso di me.
«Piacere Ginevra, sì come il liquore, Rapano. Sono direttrice di una scuola materna internazionale e sono di Napoli ma vivo a Madrid da due anni ormai.»
«Piacere mio Ginevra come il liquore. Io sono Khvicha Kvaratskhelia e gioco a calcio nel Real Madrid. Sono georgiano ma ormai vivo in giro per l'Europa da sette anni.»
«Wow che vita entusiasmante, Khvicha Kvaratskhelia» mi fa la linguaccia e io la abbraccio.
«Assurdo comunque che sei qui da due anni e che non mi hai mai cercato.»
«Te lo giuro non sapevo che fossi qui, quando ti ho visto al Bernabeu avrei preferito morire piuttosto che parlarti. Ho sofferto davvero tanto Khvicha...»
«Anche io sono stato malissimo, lo sai? E non voglio paragonare il tuo dolore al mio, perché so che a causarlo sono stato io però davvero ci sono stato malissimo, soprattutto ultimamente. Per fortuna che c'è Vini ad aiutarmi, lui è l'unico che sa tutto e che mi sta vicino. Te lo devo presentare, è un bravissimo ragazzo» le racconto il mio punto di vista e lei sembra credermi.
«Ci credo che ci sei stato male anche tu, però mi è capitato di vederti giocare ultimamente e sembravi così concentrato sul lavoro, ho visto dei tuoi gol bellissimi, delle partite giocate davvero bene... sembrava che stessi bene» risponde.
«Quando gioco sto bene, il problema è quando me ne torno a casa, è lì che non sto più bene. Ma ora spero di aver risolto, almeno in parte» le accarezzo il viso e improvvisamente il silenzio cala su di noi. È così bella che mi perdo a guardarla, mi perdo in ogni suo dettaglio. Le sue labbra rosa e i suoi occhi grandi erano le cose che mi erano mancate di più e ora vorrei solo poterla baciare fino a farmi scoppiare le labbra. Però prima di farlo, devo chiarire una cosa.
«Ora posso farti una domanda che non c'entra niente?»
«Certo» alza un sopracciglio e mi guarda curiosa.
«Chi era quello seduto di fronte a te a tavola ieri sera? Ti guardava in un modo che non mi è piaciuto. Ci esci insieme?» le chiedo, trattenendomi tra l'altro. Ieri sera con Vini l'avrò insultato un migliaio di volte.
Lei mi guarda qualche attimo e poi scoppia a ridere.
«Eccolo il Khvicha geloso di cui mi parlava tua mamma qualche anno fa.»
«Nono, questo non è niente, credimi. Ora mi dici chi è? Eri così preparata per lui?» sono serissimo e lei se ne accorge. Ho pensato a quel rossetto rosso e lucido sulla sua bocca per tutta la notte. Se l'ha messo per quel tizio do di matto.
«Khvicha...» si alza e mi raggiunge mettendosi di fronte a me. «L'ho conosciuto ieri sera, era solo simpatico e gentile e ci stavo chiacchierando. Sono single fino a prova contraria.»
«Eri single. Ora non lo sei più. Siamo d'accordo?» le chiedo ancora e lei di nuovo ride di gusto.
È così bella quando ride e vederla così rilassata mi fa stare proprio bene.
«Sai qual è la verità?» si siede lentamente su di me mettendosi faccia a faccia con me e allargando le gambe ai lati del mio corpo. Io appoggio le mani sulle sue cosce e sento di non essere in grado di mantenere la promessa che le ho fatto nei messaggi.
«Qual è?»
«Sono più di due anni che sono single per gli altri ma non per lui» si picchietta l'indice sul cuore e sono sempre più felice di essermi innamorato della ragazza giusta. Lei e nessun'altra. Solo lei.
Mi bacia e mi fa stendere sul divano. Io non faccio niente, fa tutto lei e nel giro di qualche minuto siamo entrambi nudi. Le mie mani la toccano desiderose di arrivare infondo a questa storia ma non voglio fare nulla che lei non voglia quindi aspetterò le sue mosse che non tardano ad arrivare. Inizia ad usare la bocca sulla mia erezione, poi si struscia un po' e fa entrare solo la punta dentro di lei. Sospira e lo tira fuori. La guardo ad occhi sgranati e lei si morde le labbra. Vuole farmi soffrire?
«Prendi il condom?»
Ah ecco.
«Sì» rispondo affermativamente anche se è l'ultima cosa che avrei voluto dire. Questo è un altro discorso che dobbiamo affrontare, un altro problema da risolvere.
Lo infilo e finalmente le entro dentro e anche questa volta è bello come tutte le volte che faccio l'amore con lei.

Fidati di me | Khvicha KvaratskheliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora