Capitolo V

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𝓟𝓪𝓹𝓪𝓿𝓮𝓻𝓲 𝓡𝓸𝓼𝓼𝓲

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𝓟𝓪𝓹𝓪𝓿𝓮𝓻𝓲 𝓡𝓸𝓼𝓼𝓲

Anno 2023

«... e, da adesso in poi, m'appartieni anche tu!»

La fitta al petto che colpí Jimin, nell'esatto istante in cui quell'essere posò il suo sguardo purpureo nel suo, gli mozzò il fiato, portando il ragazzo a dover chiudere impercettibilmente le labbra, per poter boccheggiare.
Non riusciva, non poteva dare una spiegazione a quell'improvvisa massa di dolore che aveva preso a diramarsi per il suo intero torace, comprimendolo.
Salí fino al collo e lì, continuò a fare pressione, come se l'unico obbiettivo di quella forza invisibile, fosse porre fine alla breve vita del biondo, strangolandolo. Questi tratteneva le lacrime, mentre la complessione di quell'individuo, dall'aurea prepotentemente scura, iniziò a girargli attorno, senza alcun tipo di esitazione, squadrando ogni punto del ragazzo.
Jimin stringeva tra le dita il panno di stoffa datogli da Taehyung, qualche secondo prima che il sovrano facesse la sua entrata scenica, avvertendo alcune piccole goccioline di sudore, colargli lungo le tempie.
Deglutí, di nuovo.
Proprio non sapeva quante volte avesse compiuto quell'azione — anche se non si sarebbe mai messo a contare per qualcosa di così futile — quella sera.
Sua Grazia aveva un'espressione che rasentava il gelo più fitto.
Non un'emozione né una smorfia. Semplicemente, sembrava che quel viso non fosse in grado di piegarsi in nessun tipo di cipiglio che potesse essere troppo lontano dal comunicare l'austerità.
Le gambe del ragazzino continuarono a tremare, mentre gli occhi gli diventavano lucidi ed il suo respiro diveniva sempre più irregolare.
Il più alto gli passò accanto, guardandolo di sottecchi, osservando come il piccolo ragazzo evitasse d'incrociare il suo sguardo, nonostante gli risultasse assai complesso, a causa della forte attrazione che, inevitabilmente, un essere con il suo potere gli scaturiva.
Sogghignò per un secondo, inosservato, prima di fermarsi sul posto.

«Dunque, immagino, vada bene». Si permise di parlare Seokjin, non mancando di tradurre ed interpretare ogni gesto del suo re.

Quest'ultimo alzò il capo nella sua direzione, in un gesto automatico.
Emise un sospiro inudibile, ma che Jimin ebbe la sensazione di percepire, dato lo stato di tensione in cui versava.
Quell'uomo spaventoso gli dava le spalle, intento a fissare il suo consigliere.

«La sua statura...» Rispose di nuovo quella voce scura e, persino i capillari del biondo, vennero scossi come corde di violino. «... è più basso». Terminò Sua Grazia, con nonchalance, adottando un tono neutro.

Il minore ebbe di nuovo paura.
Cosa stava a significare quella frase?
L'avrebbero ucciso perché di corporatura minuta?
Il terrore si mischiò a quella potente sensazione, che ancora pressava sul suo sterno.
Da piccolo, sua madre gli aveva sempre detto di mangiare molte lenticchie e che, quelle, sicuramente gli avrebbero donato dei centimetri in più, ma lui era un bambino capriccioso ed, in quel momento, mai avrebbe pensato che un giorno quei centimetri li avrebbe desiderati.
Oh, forse Jimin stava già impazzendo, ma non poteva evitare al proprio cervello di vagare verso posti assurdi, che lo rendevano ancora più ridicolo di quanto già non fosse. Fermo, al centro di quella mastodontica sala, tremando come un diapason, mentre un gruppo di non morti decideva la sua sorte.

𝐀𝐌𝐀𝐑𝐀𝐍𝐓𝐇 "무한" 𝓙𝓲𝓴𝓸𝓸𝓴Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora