Capitolo XI - La Corte delle Ombre

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Ophelia e il suo accompagnatore erano finalmente arrivati a palazzo. Erano entrati senza tanti problemi dall'ingresso principale. Delle guardie armate erano davanti all'immenso portone: avevano grossi artigli al posto delle mani umane, faccia allungata e dalle sembianze di coccodrillo. Portavano addosso delle scintillanti armature nere e tra le zampe tenevano saldamente delle lance d'acciaio. I loro occhi gialli e uguali a quelli dei rettili scrutavano attentamente la figura di Ophelia, e questo la mise a disagio.

Kaiser era a fianco a lei e nella sua camminata c'era un qualcosa di elegante, ma allo stesso tempo animalesco. Era strano per la principessa accorgersi di questi piccolissimi dettagli, soprattutto quando si trattava di uno sconosciuto.

Alla vista del principe, le due creature si spostarono immediatamente e fecero passare entrambi, lanciando un'ultima occhiata alla nuova "ospite".

La porta si aprì e rivelò un corridoio lungo e dai toni dell'argento e del nero.

Le colonne cilindriche erano state decorate con decorazioni argentate. Poco più là, nelle navate laterali, erano presenti delle grandi vetrate in stile gotico e quel poco di luce lunare che entrava in quell'enorme rifugio fatto di ghiaccio, faceva in modo che emettessero colori vivaci, in particolar modo il rosso, il giallo e il magenta.

Il pavimento era composto da marmo e da dei disegni impressi all'interno dei piccoli rettangolini che completavano il quadretto. Erano per lo più cerchi dai toni bianchi e grigi.

Ophelia non aveva mai visto delle decorazioni del genere, ne aveva sentito parlare nei libri che leggeva, ma non si sarebbe mai aspettata che fosse così bello da vedere.

<<Quelli che state vedendo ai vostri piedi vengono chiamati mosaici, è una tecnica molto antica che il mio popolo ha conservato con cura. Forse vi potrebbe risultare un po' pacchiano o di pessimo gusto, del resto non piace a tutti.>> disse Kaiser.

La ragazza lo guardò, era qualche passo più avanti a lei e si soffermò a guardare la sua schiena, fasciata ancora da quella camicia bagnata che faceva intravedere la pelle diafana.

Improvvisamente si fermò, volse la testa verso di lei e le sorrise maliziosamente.

Ophelia divenne rossa in viso.<<No, mi piacciono, non ne avevo mai visto uno prima.>>

<<Mi fa piacere.>>

Le rivolse un'ultima occhiata prima di proseguire e si incamminarono verso la sala del trono.

Dovettero attraversare diversi corridoi, per giunta tutti uguali all'ingresso, prima di arrivare alla loro destinazione finale.

Si ritrovarono davanti ad un portone di legno e inciso sulla superficie ligna c'era la figura bidimensionale di un capricorno. La coda attorcigliata formava diverse spirali, le zampe anteriori sollevate e la testa rivolta verso l'alto. Nella fessura dell'occhio visibile c'era incastonato uno zaffiro tramonto estremamente brillante.

La porta si aprì lentamente da sola, producendo il tipico suono degli ingranaggi in moto. La stanza, rispetto alle altre, era decisamente spoglia: quattro troni erano l'uno accanto all'altro su un rialzo piuttosto elevato. Davanti ad essi c'erano delle scalinate, tappezzate da un tappetto color nero pece che arrivava fino all'entrata.

Sui due troni centrali sedevano due figure imbellettate da vestiti raffinati. L'uomo era vestito con un semplice completo nero con dei ricami di foglie preziose, la donna un abito ricoperto di pagliuzze color grigio chiaro. Gli occhi dei due erano uguali a quelli del figlio, iridi rosse e sclera nera.

Lui aveva i capelli neri e gli arrivavano fino alle spalle, la barba era curata rivelando così una cicatrice sul mento ben visibile ad occhio nudo. Aveva un fisico atletico e la sua postura dava l'idea che era lui a comandare quel posto così lugubre.

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