{Capitolo 1}

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«Coulson chiama Mary. Mary, dove sei?»

«Aspetta!»

«Devi sbrigarti, la missione è finita»

«Per te, ma per me no». Io e agli altri agenti delloS.H.I.E.L.D. eravamo su una nave dell'Hydra che trasportava Iso-8, una pietra molto potente che poteva fare grandi cose come curare la gente o dare strane abilità. Era davvero importante e dovevamo proteggerla a tutti i costi. Chissà che cosa volevano farci quelli dell'Hydra.
Ero nascosta dietro la porta della cabina del comandante e mio padre non smetteva di chiamarmi attraverso il WokiToki, lo spensi o mi avrebbero scoperto. Mi allontanai dalla porta di qualche passo per poi aprirla con un calcio. Gli uomini che erano dentro presero velocemente le loro pistole, volevano spararmi ovviamente. Cercai di schivare ogni tipo di pallottola ma una mi colpì sul fianco. Caddi a terra ma mi rialzai subito e presi una delle loro pistole che avevano lasciato cadere per sbaglio, imbranati. Sparai ai due davanti a me dritto al cuore, "mira perfetta" pensai. Ne rimaneva ancora uno, fortunatamente era disarmato. Un po' mi faceva pena, sapeva già che non lo avrei lasciato libero. Gli presi il polso della mano sinistra per poi girargli il braccio e finirgli sul suo collo. Feci la stessa mossa di Natasha Romanoff quando era nella palestra del mio padre adottivo, ovvero Tony Stark.
«Papà, sto arrivando» uscii dalla cabina per poi raggiungere "Il Bus", in realtà era una specie di aereo ma tutti lo chiamavamo così.
«Perché ci hai messo tanto?»

«Volevi che quelli ritornassero? Sicuramente la risposta è no, scommetto»

«Ma lo sai che ore sono? È mezzanotte e domani devi andare a scuola»

«Non ci andrò allora»

«Invece ci andrai, signorina» lo guardai con aria da disperazione per poi andarmene e sedermi sul divano. Presi il mio cellulare e cominciai a messaggiare con le mie amiche durante il viaggio verso casa.

...

«Buongiorno dormigliona»

«Papà... Mi sono addormentata sul divano... che ore sono?» presi il cellulare da terra. Doveva essere caduto mentre dormivo, per fortuna non si era rotto. Guardai l'ora e mi accorsi che ero in ritardo. Corsi verso la cabina "privata", anche se mio padre ci entrava ogni ventiquattro ore, senza salutare mio padre. Presi dei vestiti a caso, mi lavai velocemente i denti e corsi verso scuola. Non ero una che si truccava molto quindi manco ci pensai alla mia faccia da zombie.
Corsi come se fossi Flash verso scuola, meno male che il Bus si era fermato proprio vicino ad essa o non sarei arrivata in tempo. Stranamente c'erano ancora tutti i miei compagni fuori dalla scuola, cosa stava succedendo?

«Mary!» in realtà mi chiamavo Madison ma "Mary" era il mio sopranome e lo usavano tutti, tra un po' anche i professori.

«Evangeline, perché siete tutti qua fuori?»

«Non te lo ricordi? Ieri sera te l'ho detto che saremo entrati un'ora dopo, era quasi l'una del mattino»

«Oh, forse mi sono addormentata, scusa. Ero molto stanca dalla... Palestra!» Palestra? Perché? Un'idea migliore no? La mia migliore amica mi guardò storto finché non arrivò Joanna, era più "in ritardo" di me fortunatamente. La salutai con un abbraccio per poi entrare insieme a lei e Evangeline visto che la campanella era suonata. Feci le scale cercando di fare attenzione per non cadere visto che i bidelli stavano già pulendo, entrai in classe e mi sedetti al mio solito posto. Secondo banco nella fila di sinistra, precisamente davanti a Evangeline e Alexandra. Quest'ultima non la sopportavo proprio, non mi aveva fatto niente di male ma mid ava fastidio il fatto che stesse sempre appiccicata a Josh. Beh, in un certo senso la potevo capire... Lui era un bel ragazzo e essere la sua vicina di banco era un onore per me, però lei era la sua migliore amica e io non potevo competere.
Josh entrò in aula e si sedette al suo posto, mi salutò con un "Buongiorno" e io ricambiai con un sorriso a trentadue denti. Entrarono tutti a gruppetti e poi entrò lei, da sola, per poi sedersi vicino ad Evangeline. Cercai di salutarla con un sorriso verosimile ma sembrava impossibile. Per fortuna arrivò la professoressa di matematica che posò la sua roba sulla cattedra mentre noi ci alzammo per salutarla.

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