{Capitolo 6}

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Panico, solo quello riuscivo a provare. In quel momento avevo più dubbi di prima, ma da dove veniva quel colpo? Ero davvero stata io?

«Allora? Mi devi dire qualcosa?»

«Josh...Io... Non so cosa sia successo... stai bene almeno?» mi avvicinai a lui per vedere se stava bene, lui rispose di sì allontanandosi. Forse aveva paura di me, come biasimarlo? Anche io avrei avuto paura in quel momento. Gli chiesi scusa un miliardo di volte e gli chiesi anche di non dire niente a nessuno perché avrei "sistemato" tutto.

«Non dirò niente ma tu mi devi spiegare cosa sta succedendo. Da quando hai i superpoteri?» non riuscivo a rispondergli, continuavo a guardarmi le mani senza capire cosa avesse potuto scatenare una cosa del genere.

«Non lo so... Ne so quanto te» avevo lo sguardo perso, ero confusa e spaventata. La cosa peggiore sarebbe stata andare nel panico, infatti decisi di rilassarmi e che della questione me ne sarei occupata quel pomeriggio con mio padre Phil. Ritornai dentro prima di Josh, non riuscivo a guardarlo negli occhi e infatti stargli vicino quel giorno era faticoso. Tornata a casa chiamai mio padre e gli chiesi se potevamo parlare in quel momento, lui mi rispose di sì e mandò qualcuno a venirmi a prendere. Mi fiondai subito nel suo ufficio, non potevo aspettare un minuto di più... dovevo avere delle risposte.

«Ciao tesoro, come mai volevi parlarmi?»

«Ho quasi ucciso un mio compagno oggi»

«Cosa?» gli spiegai tutto velocemente, forse troppo velocemente. Infatti glielo rispiegai altre due volte con calma però, ero parecchio agitata, infatti mentre parlavo camminavo avanti e indietro, ma sicuramente lo aveva notato appena entrata. Mi fermò e mi disse di sedermi e di prendere fiato, aveva paura che svenissi da un momento all'altro. Mi sedetti e iniziai a guardarmi le mani, mio padre mi confessò che su di me avevano usato il progetto T.A.H.I.T.I. e avevano aggiunto l'Iso-8. In quel momento non sapevo se rimanere calma oppure impazzire, non volevo passare quello che a passato lui. Lui era diventato pazzo, vedeva dei codici e cose del genere e io non volevo questo.

«Non so che cosa dire... Solo che ora ho la pirocinesi! Come farò a controllare i poteri? Per poco non mandavo Josh in ospedale»

«Credo sia arrivato il momento che tu conosca una persona, è davvero forte ed è in questo mondo da molto tempo. È sicuramente la più adatta per addestrarti». Mi alzai e seguii mio padre fino al sotterraneo, un luogo in cui non andavo spesso. Continuai a seguirlo per un corridoio mai visto prima, che fosse stato aggiunto in quel periodo? Alla fine del corridoio mi ritrovai in una stanza piena di ragazzi vestiti con delle tute nere e grigie, quindi tutti uguali, che si allenavano con i loro poteri. Rimasi a bocca aperta, era un luogo completamente nuovo e a me sconosciuto. Chiesi a mio padre da quanto tempo me lo teneva nascosto, mi rispose da sempre. Ero sbalordita, mio padre non riusciva a nascondermi niente... nonostante fosse il miglior agente dello S.H.I.E.L.D., infatti era anche il direttore.

«Coulson, che ci fai qui?»

«Chiamami Phil, ti prego. Comunque sono venuta a presentarti mia figlia Madison, vorrei che l'addestrassi. Ha ricevuto da poco i superpoteri per colpa di quell'incidente che ti ho parlato e tu sei la più adatta per addestrarla» non riuscivo a parlare, avevo davanti a me Diana Prince, Wonder Woman! Ne avevo semplicemente sentito parlare e averla davanti a me era un onore. Lei si presentò porgendomi la mano, gliela strinsi. In quel momento tutte le preoccupazioni, ansie e dubbi svanirono, riuscivo solo a pensare al futuro e a quello che avrei combinato in quel luogo. Mio padre salutò me e Diana e ritornò alle sua facende, io rimasi di fianco a Wonder Woman mentre gli altri ragazzi si sistemavano in fila davanti a noi.

«Salve ragazzi, oggi vi voglio presentare una nuova compagna... sì, diciamo così! Si chiama Madison Coulson e sicuramente la conoscerete perché oltre ad essere figlia del direttore, è anche la figlia adottiva di Tony Stark»

«Piacere, io sono Alexis Mitchell Kent» una ragazza dai capelli castani si avvicinò a me porgendomi, anche lei, la mano e sorridendomi.

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