Capitolo 9 - Bridget

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Bridget si appoggiò al lavabo. L'acqua calda ancora grondava dai capelli e scivolava sulla schiena, andandosi a raccogliere sul bordo dell'asciugamano legato all'altezza del seno. I muscoli imploravano pietà per la corsa fatta per tornare a Scaldenn: senza le creature umbre era stato facile e il frel aveva aiutato a sopportare i momenti in cui la scelta migliore sarebbe stata riposare. Se non altro, l'infima non si era lamentata.

Non c'era tempo da perdere. Non c'era la possibilità di buttarsi a dormire, a godersi la vittoria come aveva sperato.

Non c'era nessuna vittoria, a dir la verità.

Doveva spiegare al Consiglio perché era tornata senza fiamme sacre e decidere cosa fare di lei: ora che erano a Scaldenn diventava un peso.

Il simbolo sul polso continuava a pulsare, bruciava e le ricordava tutto quello che non aveva fatto. Pensare allo scontro con Clelia era davvero l'ultima cosa che desiderava. Ingoiare l'orgoglio e dirle che, a conti fatti, aveva avuto ragione che aveva sbagliato a non accettare il patto non avrebbe portato a niente di utile. La legge permetteva di delegare a qualcuno lo scontro, ma le persone di cui si poteva fidare erano troppe poche. Clelia era brava in quello, doveva ammetterlo.

Girò il braccio per nasconderlo alla vista.

La legge non diceva niente sul fatto che potesse sfruttare qualcuno della quinta gens. Scosse la testa, ridendo tra sé: non doveva pensare nemmeno a una cosa del genere, quell'infima non doveva prenderla in considerazione Nonostante il loro patto, sarebbe stata una mossa orribile, lo doveva ammettere. Aveva avuto paura – paura di Clelia, poi, la stessa persona che si meritava più di uno schiaffo ogni volta che apriva bocca – e si era tirata indietro sull'unica cosa che si era sempre detta di fare: eliminare la concorrenza.

Stupida.

Non aveva altri aggettivi per descriversi. Non era quello il modo in cui avrebbe voluto tornare a Scaldenn.

Senza contare che ora doveva anche tenere a bada l'infima: da presenza utile era diventata scomoda. Finché si trattava degli ardenti agri non potevano dire niente, era l'unico punto in cui la quinta gens era accettata, ma ora che era lì, a dormire nelle sue lenzuola e a mangiare il loro cibo, poteva già immaginare cosa avrebbero detto tutti. Buttare lei nel mezzo dello scontro e farla ammazzare da Clelia le avrebbe risolto una questione. Se la fortuna, per una volta, girava dalla sua parte poteva anche finire che i suoi problemi si eliminavano a vicenda.

Alzò lo sguardo: lo specchio appannato le rendeva il riflesso sfocato. Non aveva nemmeno voglia di asciugarlo, non poteva guardare in faccia chi, dopotutto, aveva fallito.

Si voltò di scatto, afferrò la vestaglia appoggiata alla rinfusa e strinse il laccio in vita.

Quando uscì dal bagno, l'aria della stanza sembrava tiepida.

L'infima era dove l'aveva lasciata: seduta sul pavimento, con gli occhi fissi sull'automa. Quello continuava a muoversi pochi centimetri in avanti per poi tornare indietro della stessa distanza.

«Cosa stai facendo?»

«È curioso» le rispose lei inclinando la testa da una parte all'altra. «Non ho mai visto nulla del genere a Ragac Point. Perché non si sposta?»

Bridget si passò una mano sulla faccia. «Perché ci sei tu nel mezzo, ovviamente.»

«Oh.» Allungò una mano e l'automa si spostò indietro. «Perché non ti fai toccare?»

«È fatto in modo da evitare gli ostacoli. Vede il tuo braccio come tale e non ci vuole andare a sbattere.» Non sapeva nemmeno perché le veniva da cedere all'istinto di assecondarla. Lo fece comunque. Aggirò lei e l'automa e abbassò la leva di accensione. Uno sbuffo di vapore uscì fuori dalla valvola sopra la testa e l'infima batté le mani.

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